Solo un’Europa sovrana può proteggere i suoi cittadini e i suoi Stati membri nella nuova fase di instabilità e competizione globale.
I governi degli Stati membri hanno una grandissima responsabilità: spetta a loro nel Consiglio europeo di marzo sostenere il processo di revisione dei Trattati aperto formalmente dal Parlamento europeo lo scorso 22 novembre per dare all’Unione europea gli strumenti idoenei a superare le debolezze croniche che ormai pregiudicano la sua stabilità e benessere nella nuova fase di competizione e conflittualità globale.
È innegabile, infatti, che l’Europa stia vivendo da ormai oltre un decennio un susseguirsi di crisi continue: dal rischio di implosione dell’unione monetaria, all’emergenza migratoria, dallo scoppio della pandemia alla deriva illiberale di alcuni Stati membri. Ognuna di queste crisi ha messo l’Unione alla prova. Quando è rimasta unita, le risposte sono state efficaci: esempio di ciò è stato l’acquisto congiunto di vaccini e la creazione del recovery fund per il finanziamento dei piani nazionali di ripresa e la resilienza. Quando invece i governi hanno preferito andare in ordine sparso, come per la gestione dei flussi dei richiedenti asilo o con il salvataggio del sistema bancario in seguito al crollo di Lehman Brothers, i problemi sono rimasti irrisolti e le difficoltà di alcuni Paesi hanno finito per ritorcersi su tutti gli altri.
Il problema di fondo è che l’Unione è debole tutte le volte in cui manca di strumenti efficaci per poter reagire, sia perché ne è del tutto sprovvista, sia perché per attivarli è necessario passare dall’unanimità dei governi. Al contrario, l’Europa conta ed è forte quando le vengono attribuite le competenze e le risorse per agire autonomamente nell’interesse dei suoi cittadini e dei suoi Stati membri.