Donne, lavoro e maternità nelle Marche
Sono duemilanovecentottanta i padri e soprattutto le madri lavoratrici che nel quinquennio
2009-2013 hanno lasciato il lavoro durante la gravidanza o subito dopo la nascita di un figlio nelle
Marche, di cui 643 nel 2013.
“Si tratta di dati particolarmente preoccupanti perché anche in questo momento di profonda
crisi economica e occupazionale, quando un posto di lavoro è tanto prezioso, il fenomeno delle
dimissioni delle lavoratrici madri non sembra volersi attenuare”, commenta Daniela Barbaresi,
segretaria regionale CGIL.
Secondo i dati forniti dalla Direzione Regionale del Lavoro ed elaborati dalla CGIL Marche, nel
2013, 573 lavoratrici si sono dimesse “volontariamente” nel primo anno di vita del bambino, che
la legge Fornero ha esteso fino ai primi 3 anni di età del figlio, andando a convalidare le dimissioni
alla Direzione Provinciale del Lavoro. Ad esse si aggiunge il numero, difficile da quantificare,
delle mamme lavoratrici non tenute alla convalida delle dimissioni alla DPL, per non parlare delle
tante lavoratrici precarie per le quali la maternità significa spesso la perdita di ogni speranza di
rinnovo del contratto. Alle madri si aggiungono poi anche 70 padri lavoratori per un totale di 643
dimissioni nel 2013.
Tra i motivi della scelta di lasciare il posto di lavoro, prevalgono le difficoltà connesse alla
presenza, agli orari e ai costi e ai servizi: la maggior parte delle donne dichiara di essere costretta
a lasciare il lavoro perché non può contare sull’assistenza al neonato da parte di una rete
parentale di supporto (22%); di poco inferiore il numero di lavoratrici per le quali la mancanza
di posti nell’asilo nido, o comunque il mancato accoglimento del neonato al nido, rende
incompatibile l’occupazione lavorativa e l’assistenza al bambino (18%).
Particolarmente significativo anche il numero delle donne che lascia il lavoro a causa degli elevati
costi dei servizi di assistenza al bambino per asili nido, baby sitter, ecc. (8%) o per la mancata
concessione del part time da parte dell’azienda (2%).
Il 18% delle lavoratrici si dimette per passare ad altra azienda. Ma poi c’è anche un 28% di donne
che lascia il lavoro per dedicarsi interamente alla famiglia e in particolare alla cura dei figli.
“Le ragioni alla base di tali dimissioni – prosegue Daniela Barbaresi – segnalano la solitudine
di troppe lavoratrici costrette a fare i conti con una rete di servizi inadeguata ai bisogni e i cui
costi sono spesso troppo elevati per tante famiglie alle prese con le difficoltà economiche rese
esasperate dalla crisi”.
Ma chi sono le lavoratrici che lasciano il lavoro alla nascita di un figlio, soprattutto in questo
momento nel quale un posto di lavoro è tanto prezioso?
La maggior parte delle lavoratrici è abbastanza giovane e ha almeno un figlio o comunque
presenta le dimissioni dopo la nascita del primo bambino (58%); significativo anche il numero delle
donne che hanno due figli (32%) o più (5%). Più limitato il numero di coloro che lasciano il lavoro
durante la gravidanza (5%).
Le imprese dalle quali le lavoratrici provengono sono prevalentemente di piccole e piccolissime
dimensioni, quasi sempre non sindacalizzate e dove è maggiore il senso di isolamento e la
solitudine della lavoratrice: il 70% delle aziende che le donne lasciano quando nasce un figlio ha
meno di 15 dipendenti il 16% ha tra 16 e 50 dipendenti.
“E’ necessario che il diritto al lavoro possa realmente coniugarsi con quello alla maternità; per
questo occorrono misure concrete e durature, frutto di una strategia complessiva che riconosca
la centralità del lavoro delle donne con un sistema di infrastrutture sociali idoneo a rispondere ai
bisogni delle madri, dei padri e dei bambini”.
“Se da un lato la priorità è creare nuovi posti di lavoro, dall’altro occorre mettere in condizioni chi il
lavoro ce l’ha di poterlo mantenere serenamente”
“Per favorire misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, la Regione Marche, le
Organizzazioni sindacali e datoriali hanno recentemente firmato un protocollo di impegni”.