Renzi fra promesse e tasse
Il compito del premier dopo anni di non gestione o di malagestio della cosa pubblica non era facile, ma proprio per questo lo stesso premier avrebbe dovuto acconciarsi a maggior cautela nel promettere riforme roboanti in tempi strettissimi.
In particolare il premier ha insistito ed insiste molto sul lato del taglio dei costi e del contenimento della spesa pubblica che intanto continua a salire sfiorando i centotrentamilamiliardi, sulla semplificazione amministrativa, lotta alla burocrazia, centrale e periferica, che intanto rimane dov’è e blocca ad esempio il rapido avvio delle procedure per il lancio di “Garanzia Giovani”.
Altro tema caldo, anzi caldissimo intorno al quale oramai si affollano una pletora di commensali è la riforma elettorale e del Senato, dove le incertezze regnano sovrane, vieppiù dopo la “parziale” cancellazione delle provincie mitigata dall’aumento del numero di consiglieri comunali e assessori nei comuni.
Per venerdì prossimo ha annunciato un provvedimento di semplificazione e riforma del fisco, mentre sono state fatte le nomine all’Agenzia delle Entrate e a prima vista non ci sembrano portare novità positive pe ril contribuente. Renzi vorrebbe far arrivare a casa dei contribuenti il 730 precompilato e abbassare la pressione fiscale. Intanto ci propina come lascito del governo letta l’aumento della percentuale delle accise, comprese quelle per i carburanti da riscaldamento, per poter far fronte alle necessità di Expo 2015 e piano casa.
A seguire dovremo affrontare l’aumento del 12% del bollo auto, mentre la prevista razionalizzazione o taglio del PRA, Motorizzazione, ACI è finita a data da destinarsi e a decreto tutto da scrivere, dall’anno prossimo “dovrebbe debuttare l’IRI, l’imposta regionale sulle immatricolazioni.
Forse, e non solo, siamo alle troppe promesse, ai proclami, senza che a ciò segue una soluzione degna di questo nome, in particolare sotto la responsabilità di un premier, di un partito che alle ultime consultazioni ha avuto un consenso altissimo, indice di una fiducia e di un mandato per fare le cose, non solo per annunciarle. Sarebbe stato più opportuno e logico, sfoltire prima la giungla. Cancellare le vecchie accise datate 1930, quelle dei terremoti del Belice, Friuli e Messina, ovvero pe rle guerre Bosniache e del Golfo.
Ci appare un premier sommariamente bloccato, circondato dai soliti professionisti della politica intenti a conservare il loro “potere” e lo status quo, pur intenzionato a fare, ma prigioniero di un meccanismo quando non proprio palude che ben conosceva e della quale aveva contezza dei rischi. Allora perché lanciarsi in roboanti annunci di cambiamenti quando alla fine la montagna nella migiore delle ipotesi partorisce il topolino? La vera sfida il premier la conosce, è semplificare e affrancarsi dai lacci e lacciuoli della burocrazia e della malapolitica, fare una vera rivoluzione culturale sull’onda dell’oltre 40% di elettorato acquisito, ma la delega non sarà eterna, soprattutto se il partito di Renzi continuerà a far finta che nulla sia accaduto e tutto possa continuare come sempre immutabile.
ARES