Incentivi al lavoro, efficacia limitata
Parlare di fallimento è sbagliato, ma certo gli incentivi alle assunzioni di giovani non hanno dato i risultati sperati, non hanno inciso sulla situazione occupazionale. E il loro scarso utilizzo la dice lunga sulla gravità della crisi che ancora stiamo attraversando ma soprattutto indica che neppure le scorciatoie funzionano in questa situazione e che, con ogni probabilità, occorre una svolta più radicale sul fronte del mercato del lavoro.
Riavvolgiamo il nastro degli ultimi mesi. A giungo 2013 il governo Letta vara il decreto 76 per far fronte alla già grave situazione occupazionale, poi convertito in legge il 7 agosto e tuttora operante. Fra le misure spiccano all’articolo 1 gli «incentivi per nuove assunzioni di lavoratori tra 18 e 29 anni» a una serie di condizioni (vedi box) e sostenuti da un investimento di 800 milioni di euro. Ebbene, a poco meno di un anno di distanza le domande delle imprese languono. Sono state 27mila quelle presentate finora, di cui in realtà solo 21.361 poi confermate e 21.141 quelle accettate, spiegano al ministero del Lavoro. Circa 18.000 sono assunzioni dirette a tempo indeterminato, mentre le trasformazioni da tempo determinato sono 2.500. Magro risultato se si considera che a fine 2013 le domande erano già 18.000. Negli ultimi 5 mesi, dunque, sono state avanzate circa 3mila richieste in tutto, 600 al mese. Anche le domande per le assunzioni agevolate di donne e over-50 (decise dal governo Monti ma attuate da quello Letta) non sono decollate e restano intorno alle 20mila. E d’altro canto che queste misure non abbiano inciso a fondo sulla situazione occupazionale dei giovani lo dicono le cifre generali. Il tasso di occupazione dei 18-29enni è sceso di 3 punti in un anno, di 1,5 quello dei 15-24enni. In valore assoluto, i giovani occupati tra 15 e 24 anni da giugno 2013 ad aprile 2014 sono passati da 997mila a 898mila, 100mila in meno.
«Ma questo non vuol dire che gli incentivi non abbiano funzionato – commenta l’ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini che varò i provvedimenti –. Ci sono state occasioni aggiuntive di lavoro stabile per oltre 20mila giovani, non è poco. Noi avevamo stimato 100mila assunzioni entro il 2015, a questo ritmo dovremmo arrivare o superare le 50mila. Poi ci sono le assunzioni agevolate di donne e over-50». Insomma, l’ex ministro vede il bicchiere mezzo pieno, ma ciò che emerge è che le agevolazioni funzionano solo laddove c’è un minimo di ripresa, tanto che dei fondi disponibili la Lombardia ha già usato il 91%, il Trentino Alto Adige il 67%, mentre al Sud dove la disoccupazione è più alta e l’attività economica più scarsa, le assunzioni non arrivano: la Puglia ha utilizzato il 17% degli incentivi a disposizione, la Sicilia appena l’11%. «Gli incentivi funzionano dove la domanda c’è e sono stati importanti in una fase in cui la flessibilità in entrata era minore. Certo ora con i contratti a termine possibili per tre anni viene meno la convenienza ad assumere a tempo indeterminato, seppure con incentivi…», conclude l’ex ministro.
La morale è che i bonus da soli non bastano se non c’è un minimo di attività economica vivace. E che per quanto agevolate siano, gli imprenditori sembrano sempre più propensi a fuggire dalle assunzioni a tempo indeterminato. C’è materia su cui riflettere in vista del Jobs Act.