Una strana inaugurazione dell’anno giudiziario
Una ben strana inaugurazione dell’anno giudiziario quella avvenuta l’altro ieri. A parte la necessità del rito annuale e la sua pregnanza, quest’anno si sono fatte notare alcune sottolineature non di poco conto. Da Milano a Roma e da Roma a Palermo i procuratori Generali hanno messo l’accento su tre questioni e parrebbe si siano voluti togliere alcuni sassolini dalle scarpe. In primo luogo c’è stata una forte consonanza nelle varie relazioni sui pericoli legati alle infiltrazioni mafiose e ndranghetiste al nord come al centro, con una attività pervasiva ed invasiva verso le attività economiche costrette a cedere sotto la spinta criminale. Verrebbe da chiedersi a questo punti cosa è stato fatto in questi anni e come è stato contrastato il fenomeno in particolare al nord e nelle regioni del centro sempre più nel mirino delle associazioni criminali. Un secondo accento molto marcato è stato messo sull’attività dei magistrati e sulla gestione delle ferie per le quali esiste un progetto di riordino e riduzione da parte del governo. Qui francamente l’affermazione del Procuratore sulla volontà del premier addirittura di “voler far crepare di lavoro i magistrati” ci è sembrata un po’ troppo pesante con accentuazioni di carattere personale forse fuori luogo dato il contesto. La terza questione riguarda le polemiche a distanza tra le Procure, in particolare Milano, Palermo, un argomento sicuramente interessante, ma non certo un tema da relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Forse qualche nervosismo di troppo in giro, un premier che non smette di rispondere colpo su colpo e una magistratura che si sente sotto attacco. Non è così, occorre fare delle distinzioni e i magistrati non devono scendere a questi livelli, la risposta è far bene e con congruità il proprio lavoro, si risponde come tutti con le opere più che con le dichiarazioni bellicose.
ARES