Cala la fiducia nel Pd e nel Premier
Il declino del premier è iniziato! Finita la luna di miele con gli italiani il premier tenta la rimonta tentando di tornare alle “origini” con piglio decisionista. Purtroppo il tempo rimanente è poco e la conta delle cose fatte è misera. Aveva iniziato con grandi proclami, il primo contro la burocrazia parassitaria e la spesa pubblica improduttiva, poi con la volontà di tagliare gli enti inutili, ancora la riforma fiscale e quella della pubblica amministrazione e via di questo passo in un elenco infinito di priorità, che priorità non lo sono mai diventate. Ha tenuto bloccato il Parlamento per mesi sulla riforma elettorale, certo necessaria, ma mai quanto i provvedimenti economici, la soluzione dell’emergenza disoccupazione, criminalità o taglio alla spesa pubblica. Intanto il debito pubblico ha continuato a salire fino a toccare la vetta dei 2.194 miliardi e la fiducia accordata al premier alle elezioni europee è svanita. Di più nelle ultime settimane il Pd di cui il premier è anche segretario è giunto a quota 32% nel consenso dei cittadini, con un calo vistoso e progressivo. Frutto ovviamente di molti fattori, le ultime scelte in campagna elettorale, il fallimento del provvedimento che doveva cancellare le provincie che ha invece prodotto nuove spese e nuove assunzioni, così come la legge elettorale percepita come una scorciatoia per “comandare” più che governare. Infatti dopo le europee il premier galvanizzato dal risultato ha puntato tutto sull’Italicum, se avesse confermato il trend delle europee l’Italicum gli avrebbe consentito di andare al ballottaggio alle elezioni politiche sbaragliando glia avversari. Purtroppo lo scenario è cambiato, così come gli equilibri politici, la crescita del M5s frantuma i sogni renziani e li tramuta in incubi. Ora in pochi giorni il premier vorrebbe capovolgere il mondo e dare di se un immagine decisionista. Così in un battibaleno rivoluzioni i vertici della Cdp, chissà poi per quale progetto, vorrebbe mandare a casa il sindaco Marino e portare a termine la riforma delle scuola dopo mesi di impuntature e contrasti con professori e studenti. La svolta del premier non è credibile. Il suo tratto caratteriale e la sua “volontà riformatrice” l’ha già espressa nei modi peggiori e gli italiani hanno buona memoria. Possibile faccia lacune cose buone da qui ai prossimi mesi, ma purtroppo ha fallito le prove più importanti e decisive. Non ha saputo gestire al meglio il semestre di presidenza europea, ha fatto approvare a forza una riforma del lavoro con caratteristiche antitetiche rispetto a quella proponibile da una sinistra moderna e modernizzatrice, ha favorito in lungo e largo gli Istituti di credito, dando di se l’impressione e non solo quella di essere un ottimo prodotto del vivaio democristiano e di non poter far valere alcuna efficace differenza rispetto al passato e a quanti ha voluto e vuole rottamare. Il futuro è segnato, anche la stagione veloce del renzismo, seppure dominerà la scena per qualche mese è destinata ad lento inesorabile declino.