100 e più femminicidi!
Sono cento? Di più? Di meno? I dati ufficiali sul femminicidio in Italia sono fermi al 2013, a
seconda di chi e di come vengono calcolati restituiscono un risultato di 122 o 147, ma non è molto
importante in fondo. Anche solo il numero 1 dovrebbe essere troppo.
Siamo di fronte ad una mattanza che è la vergogna di una società che non riesce a proteggere le sue
donne da una violenza che striscia e si insinua nelle case giorno dopo giorno, che trasforma i
rapporti personali in una tonnara dove il più debole è fatalmente destinato a soccombere ed il cui
tragico epilogo fisico, che sia ferale o meno poco importa. E’ solo il risultato di una delle società
più marcatamente maschiliste del mondo occidentale, che elegge a proprio mantra uno sciovinismo
machista che ci ha portato a sublimare fra risolini divertiti il bunga bunga con uno sbrigativo e
beffardo “beato lui”. Dove il non considerare la donna come persona di pari, e spesso anche
superiori capacità all’uomo, porta al timore di perdere la propria atavica superiorità certificata anche
da religioni che sono nate ad arte per affermare il motivo di esistere della donna solo come
piacevole corollario alla supremazia maschile. Tutto questo porta all’idea, radicata in tutte le
generazioni che in una coppia l’uomo è il “proprietario” della donna per cui un’affermazione di
indipendenza della stessa, che sia un abbandono o altra iniziativa non dal “padrone” autorizzata,
diventa una ribellione inaccettabile che deve essere punita.
Non c’è tradimento, inganno, traumatica fine di un rapporto che possa in qualsivoglia maniera
giustificare una violenza fisica verso una donna. Ma la violenza verso le donne non si estrinseca
solo con i maltrattamenti fisici, nasce dalla quotidianità, dalla poca considerazione verso le donne,
per cui se l’idea nasce da “lui” è ottima, ma se nasce da “lei” è una sciocchezza, si tende a
ridicolizzarle con banali e scontati luoghi comuni indegni di una società che si vuole definire civile.
Da una minigonna od un sorriso scambiati per disponibilità o da un rifiuto che ferisce il proprio
smisurato ego e non viene accettato come normale.
Questo paese deve farsi un bell’esame di coscienza, se in tutte le classi dirigenti la percentuale di
donne è a livello di specie protetta come possiamo dire che abbiamo realizzato compiutamente la
parità dei diritti? Si sentono tante parole e frasi e dichiarazioni scontate sull’argomento, invece di
pensare a quote rosa che finiscono di essere più una foglia di fico nel parlamentarismo maschile che
ci governa, dobbiamo dare chiari e netti segnali di presa di coscienza. Quante donne sono state
prese in considerazione come Presidenti della Repubblica? C’è stata forse una “vera” candidatura
forte alternativa nell’ultima tornata Presidenziale? Risposta facile e scontata, nessuna!! Non
potrebbe forse questo essere l’occasione per gridare ed affermare con forza il valore del dettato
dell’art.3 della Costituzione nella parte relativa alla parità sociale senza distinzione dei sessi? In
maniera che finalmente la parità dei sessi non sia solo un inutile slogan, ma si traduca in un segnale
concreto ed incontrovertibile?
MAURIZIO DONINI