Attualità a cura di Maurizio DoniniHome

“Non abbiamo più bisogno di star” Jacques Seguela

000jacquesseguelaQuanto è fragile la democrazia italiana? Pensate forse che sia forte ed inattaccabile e ben radicata nella

nostra società? Niente di più sbagliato e lontano dalla verità. Ogni volta che ci lamentiamo di quello che fa

un immigrato, magari clandestino, pur affannandoci a proclamarci “assolutamente non razzisti”, diamo verbo

alla fragilità del nostro sistema democratico. Quanti leader carismatici e peraltro privi di non richiesto e

deleterio star system ricordate? Craxi, forse il primo delle star del nostro malato sistema, fu l’emblema di

quello che fu definito il periodo della “Milano da bere”, il trionfo dell’edonismo più spinto, con convention

partitiche trasformate in sfarzosi show a fare da cornice al protagonismo ed a creare un culto della

personalità destinato ad assicurare un’aura di potere immaginifico in cui gli elettori potevano identificarsi.

D’altronde il dichiarato grande amico del leader socialista non è proprio Silvio Berlusconi che ha trasformato

l’essere nell’apparire? L’arrivo dall’alto in elicottero come marchio di fabbrica, il suo essere sempre

accompagnato da donne più appariscenti che affascinanti, la corte di nani e ballerine al suo seguito, la

creazione di uno star system personale che si è perfettamente adattato ad un paese malato dove, come ha ben

ricordato Jacques Séguéla, ha il maggior uso di star nel mondo secondo solo al Giappone. Nel suo libro

“Presidente da vendere” Séguéla raffronta nelle more degli stessi problemi avuti, il crollo elettorale

dell’allora Presidente Sarkozy e la contemporanea tenuta di Berlusconi che ha messo in mostra tutto il suo

potenziale di abbronzatura, ceronatura, amoralità, soldi e sfarzo in cui il suo elettorato si può identificare. Il

vero “self made man” che interpreta il sogno americano per cui chiunque, partendo dal niente, può diventare

ricco e potente,

Il fenomeno dell’ascesa al potere di una personalità dirompente ed invadente non è solo patrimonio nostro,

ricordiamo che abbiamo visto un attore come Ronald Reagan diventare Presidente degli Stati Uniti ed un

altro come Schwarzenegger Governatore della opulenta California, che poi entrambi abbiano lasciato i loro

amministrati in un mare di debiti questo poco importa…. La scomparsa Margaret Thatcher fu un

personaggio, al di là dei meriti o demeriti che le si vogliano attribuire, riporta alla memoria un periodo

storico segnato dalla presenza di incontrastate stelle della politica mondiale e  non. per niente Iron Lady,

come era stata soprannominata, ha dato il la ad una corrente di pensiero che proprio da lei prese il nome, il

Thatcherismo, uno strano connubio tra conservatorismo e liberismo che ha profondamente segnato la storia

inglese degli anni ’90.

Da dove nasce questo bisogno di un personaggio forte cui affidarsi se non da un perenne clima di emergenza

creata a bella posta da un sistema politico che vive di auto-referenziarismo e si chiude a riccio nei privilegi

della propria casta? L’emergenza giustifica il fatto che un Presidente della Repubblica abbia potuto

concedere la grazia ad un agente segreto straniero che ha compiuto atti criminali sul territorio italiano

violandone la sovranità (ci riferiamo al caso Abu Omar) e condannato in via definitiva da un tribunale della

Repubblica, questo è forse un caso umano? Ma l’emergenza di tenere rapporti di amicizia con

l’amministrazione statunitense bastava forse a giustificare questo abominio giuridico?

Zagrebelski scrisse come la democrazia stessa corrisponda all’insicurezza, pregna di scetticismo, dove dentro

si trova tutto ed il contrario di tutto, l’insicurezza porta alla paura e questo al bisogno di quello che è stato

definito come “l’uomo forte”, colui cui affidarsi quando si smarriti e si sono persi i punti di riferimento

istituzionali, la sfiducia nella democrazia porta a non credere più ai punti cardinali del sistema democratico e

credere che ci si un nocchiero che si presenta come immagine salvifica per portarci fuori dalla tempesta.

Idolatria politica, esaltazione del suo pensiero, venerazione cieca da parte dei suoi sostenitori, infallibilità

delle sue decisioni, tutti caratteri che contraddistinguono la personalità di questi leaders che, eletti

democraticamente, trasformano il loro potere in un’autocrazia quasi assoluta pur se basata sul voto popolare

arrivando all’identificazione perfetta tra l’oggetto ed il soggetto, tra i seguaci e la loro guida, e che in caso di

caduta provoca spesso la frantumazione del partito stesso come capitato in Spagna con il franchismo ed in

vari stati dell’Europa orientale.

Una società evoluta e progredita come vorremmo, potremmo e dovremmo essere attuerebbe politiche di

governance del paese dove gli eletti siano vera diretta espressione degli elettori e debbano rendere conto dei

loro atti, una comunità salda e con fondamenta solide, anche in stati di caos, tende ad un naturale ordine

attraverso una auto-organizzazione naturale, anche se dovesse prima attraversare una periodo oscuro.

MAURIZIO DONINI