Lo “Sballo” tra libertà personale, proibizionisti e antiproibizionisti…….
“….più o meno ci abbiamo giocato tutti. Ma la cocaina è una droga che ti aliena. Tutte le volte che l’ho
provata, l’ho odiata. L’adoravo per quei primi istanti, e poi la odiavo per tutto il resto. Non ti aiutava in
nulla: chiacchiere, amicizie, assolutamente nulla.”
Alex Lifeson dei Rush in una intervista a Classic Rock.
L’ennesima tragedia dello “sballo” che ha portato alla morte di un 16enne al Cocoricò, la discoteca che su
questa fama di eccessi ha costruito la propria fortuna, è solo l’ultimo atto di un modus vivendi che è
stupido perfino definire borderline. Non perderò un solo secondo in mezzo alla sterile ed inutile diatriba tra
i proibizionisti a tutto tondo stile Giovanardi, emuli di una nuova Santa Inquisizione morale, ed i libera tutti,
etichettati untori, radical-chic-sinistrorsi. La libertà personale di farsi (o farsi del male?) è una sfera troppo
sensibile per essere affrontata in maniera semplicistica.
Ma il primo punto su cui bisognerebbe chiarirsi è, se mai legalizzata, si debba assistere allo “spaccio di
Stato” o meno. In paese che più di ogni altro è intriso di bizantinesca ipocrisia, dove già godiamo dello Stato
biscazziere che autorizza ed incassa dal gioco d’azzardo, salvo poi spendere un centinaio di milioni di euro
all’anno per curare la ludopatia; dove già abbiamo lo Stato venditore di morte, lauti incassi dalla vendita del
tabacco ripulendosi la coscienza con avvisi fra il comico e l’imbarazzante; potremmo scandalizzarci di uno
stato pusher?
Ma come sempre si continua a confondere l’effetto con la causa, quanto riportato in testa non è altro che
una delle tante testimonianze sul genere, a parte Brandon Boyd (Incubus) non ricordo altro artista che
magnifichi le doti degli effetti della felicità artificiale, droga o alcool che sia. Stephen King aveva perso il
dono della scrittura, Mike Stern (miglior chitarrista del mondo nel 2009) e Glen Matlock (bassista ed autore
dei Sex Pistols), mentre eravamo comodamente seduti a bere con bicchieri rigorosamente pieni di sola
acqua, mi raccontarono come le loro migliori cose le avessero fatte dopo essersi “ripuliti”. Basta scorrere
un qualsiasi giornale specializzato per vedere che la favola dell’ispirazione artificiale è nel 99% pura
fantasia.
Il che ci porta ad una domanda, quale motivo può spingere dei ragazzi a cercare una effimera e,
forzatamente, passeggera ebbrezza destinata a svanire nel giro di poco tempo riportando il tutto alla
dimensione reale? L’impossibilità di divertirsi senza ricorrere a questa sorta di viagra lisergico? La volontà di
farsi vedere più grandi di quello che si è (motivo alla base di tanti fumatori)? Il desiderio di apparire più
“fichi” agli occhi di amici e ragazze? Famiglie perfette, vite spesso benestanti, eppure una sorta di
compulsiva autodistruzione tra fiumi di alcool ed ecstasy passando per le loro varie declinazioni. Quello che
è sicuro è che, alla resa dei conti le gite scolastiche per mostrare le comunità di recupero, così come tavole
rotonde e conferenze prolisse e spesso affrontate con noia e malcelata sopportazione, sono
apparentemente inutili placebo. Occorre ripensare completamente la strategia sociale, ambientale, e come
influenzare nello specifico le nuove generazioni , affrontando questa piaga in maniera decisamente diversa
per ottenere, finalmente, risultati degni di questo nome.
MAURIZIO DONINI