La fonte dell’eterna giovinezza
“L’eterna giovinezza è un falso problema. Tutti invecchiano, non c’è nulla di male negli anni che passano”.
Questo afferma Carolyn Carlson, già étoile dell’Opèra di Parigi e questa orgogliosa affermazione arriva in
pieno trend da “non voglio invecchiare”
La citazione riportata trova conferma dal fatto che in piena crisi economica, dove per la prima volta calano
perfino le spese alimentari, sono solo due le categorie che vedono la spesa più o meno immutata, quella
diretta alle spese per i figli e quella relativa ai prodotti di cosmetica. Se in campo maschile possiamo
facilmente presumere che la spesa sia indirizzata verso il gel da capelli, vedendo la quantità di irsute sculture
ambulanti che percorrono i marciapiedi metropolitani, nel femminile impazza lo shopping di creme anti-age
acquistate dalle over 40 in perenne ricerca dell’ultimo miracoloso ritrovato a base di alghe esotiche dai nomi
improbabili se non di composti chimici dagli effetti mirabolanti. Questo comporta il lanciarsi poi su Amazon
e affini nell’affannosa ricerca di qualche crema assolutamente unica e facendola arrivare dalle località più
remote del mondo con costosissimi corrieri espressi per non perdere neanche un giorno di guerra alle rughe
senza confini proclamata al grido di “le quarantenni sono meglio delle ventenni” salvo poi smentire
l’oggettiva contraddizione in essere facendo di tutto per apparire proprio come le da loro vituperate e
invidiate ventenni.
Questo mito dell’eterna giovinezza che ha sede legale nelle varie SPA ed Istituti di Bellezza, dilagato
dall’America, da cui insistiamo ad importare il peggio, ha infettato una larga fetta delle ultra-quarantenni
che lasciati da parte tutti gli impegni socio-culturali della loro prima metà di vita si sono lanciate a capofitto
nell’edonismo dei compleanni mancati, dando pieno conforto all’aforisma “più si va avanti con l’età più si
accorcia la gonna” con le ovvie declinazioni in lingerie da lapdance griffata Victoria’s Secrets o scollature
vertiginose se non spalline lasciate maliziosamente cadere il tutto a coprire push-up antigravità, e ad ogni
nuova ruga corrisponde un centimetro di pelle artificialmente abbronzata in più mostrata.
Totalmente prese dalla competizione verso il primato estetico e fashion, confermano la teoria freudiana
dell’impossibilità di amicizia fra donne, e dietro a sorrisi splendenti sono in perenne competizione tra di loro
per chi ha il vestito più trendy, il marito più bello e in carriera, per chi ha i figli migliori o la casa più
ordinata se non il lavoro più bello. Lasciati da parte gli impegni socio-culturali della loro prima metà di vita,
passano dalle mostre di Monet all’apericena che segue l’obbligatoria sessione di sudatissima palestra
giornaliera e, possibilmente, a seguire discoteche e locali affollati da ragazzi palestrati, tutti uguali,
parimenti dotati di gel e maglie aderenti che potrebbero essere loro figli e che, interpretando il ruolo di
missionari alla rovescia, sono interessati più al loro corpo che non alla loro anima.
Il tutto sulla scia del nuovo mito, sempre pateticamente importato dall’America, della donna cougar, dalla
capostipite Demi Moore quanto ha attecchito la passione di sentirsi più giovani seducendo improbabili emuli
dei California Dream Men di cui sopra? Sdoganando l’8 marzo da ricordo di una tragedia a tripudio dei sensi
con torme di adoratrici prostrate ai piedi dei Dream Men di turno. Se mettete la chiave di ricerca Donna
Cougar in Google avrete restituito la bellezza di 2.130.000 risultati, nei vari siti troviamo il decalogo di
seduzione del giovincello da parte della signora interessata, quella che una volta si appellava in gergo Nave
Scuola e che adesso abbiamo elegantemente tradotto in Cougar Woman, un decalogo la cui banalità darebbe
un alone di autorevolezza perfino ai libri di Fabio Volo…. Ed il fatto che proprio questi libelli si contendano
il trono di più letti dalle adoratrici di Dior assieme alla saga delle 50 sfumature la dice lunga sulla nascita,
non molto piacevole, del termine, non particolarmente gratificante, di “milf”. L’acronimo recita “Mother I’d
Like to Fuck (“Madre che mi vorrei scopare”, e designa generalmente donne adulte fra i 35 e i 50 anni
considerate sessualmente appetibili da uomini più giovani. In questo brodo nazional-culturale non può
stupire che la vincitrice del (2009, 2010 e 2014) il premio di “MILF dell’anno” per ben 3 volte (2009,
2010,2014) sia stata una pornostar, Julia Ann.
MAURIZIO DONINI