Esiste ancora una politica italiana?
Ma esiste ancora una classe politica italiana? La domanda è meno banale di quello che potrebbe sembrare
ad un primo superficiale esame. La destra non riesce a liberarsi del fantasma Berlusconi che oramai è
diventato la caricatura di sé stesso. L’invenzione delle gazebarie è degna di essere associata al tragico
petaloso dall’Accademia della Crusca, quello che è sicuro è il disastro che stanno combinando nella scelta
dei candidati a Roma. Il lampadato Marchini non è chiaro su quali forze si appoggi per arrivare al
Campidoglio, la Meloni è rimasta indecisa fra fare la mamma o il sindaco fino all’ultimo, poche idee, ma
confuse. La scelta di Bertolaso uscito dai ranghi governativi tra vicende non propriamente specchiate è
qualcosa che neanche Hitchcock avrebbe potuto immaginare, in mezzo ci si infila Salvini che a Roma non
prende abbastanza voti neanche per diventare capo-scala in un condominio di Trastevere, ma chi ci azzecca
direbbe un altro illustre desaparecido della politica.
Il Movimento 5 Stelle si è liberato di Grillo nel simbolo, ma non di Casaleggio nel dna, e la sindrome di
Dorando Pietri affonda in questa strana situazione. Pare che abbiano paura di vincere, arrivano sempre lì, in
vista del traguardo, per poi fare un passo indietro all’ultimo. Superano il PD? Immediatamente esce una
dichiarazione del Gianroberto che fa perdere 2-3 punti e li riporta indietro, sono sugli scudi per avere difeso
la stepchild adoption? Ci pensa Grillo e si torna dietro gli avversari. A Milano si è toccato il fondo, una
democrazia di base dove manca la base, dove su 6 milioni di elettori possono bastare 125 voti a diventare
candidati al Parlamento Europeo o 300 per fai i sindaci a Milano non può che produrre paradossi. Raduni
amici e parenti e diventi il primo candidato, oramai è chiaro che è un sistema che non funziona, se non ci
sono votanti non ci sono eletti credibili.
Poi c’è il PD, c’è il PD? Se Crozza ringraziava Berlusconi di esistere in quanto senza di lui molti comici
sarebbero rimasti a corto di batture, sparito dalla scienza cabarettistica il caimano, la Leopolda Renziana nel
merito non ha lesinato né in quantità né in qualità. Sparita dalla scena la velina virginale Maria Elena Boschi
intenta a girare Affari di Famiglia versione italiana, oggi ci siamo goduti Guerini e Serracchiani dire che la
minoranza non farà tornare il partito alle divisioni del passato? Ora questo dimostra una evidente
dissociazione dalla realtà da parte dei due esponenti piddini, ai tempi di Cossutta e Bertinotti chi non era
d’accordo se ne andava, oggi le due correnti si menano fendenti tali che il partito pare essere una giostra
medioevale, gli unici non essersene accorti sono proprio Guerini e Serracchiani a quanto pare.
Ma Orfini è riuscito a superare perfino il suo creatore, la sua affermazione odierna che il PD in Europa è
visto come il partito più di sinistra gli è valso una nomination alla guida di Zelig. Ricordargli che Renzi è stato
definito un “Berlusconi senza conflitto d’interessi” e che l’art.18 che ha tolto le salvaguardie ai lavoratori
non lo tolse Forza Italia, ma il suo PD, sarebbe come sparare ai passerotti con un fucile da caccia grossa.
Ovviamente dove siano apparse le dichiarazioni che ha riportato Orfini non è stato detto, tantomeno chi le
abbia pronunciate, negli ultimi consessi europei l’Italia di Renzi ha fatto più o meno la figura di un bambino
viziato e piagnucoloso che dopo avere avuto il gioco preferito, in questo caso la flessibilità, non ha saputo
che farci e quindi ne vuole un altro ancora più divertente, per quanto costoso, tanto a pagare sono sempre
mamma e papà no?
MAURIZIO DONINI