Il referendum del 17 Aprile, ma per cosa?
Per la prima volta in Italia, il prossimo 17 aprile si vota su un referendum voluto dalle Regioni. Regioni è necessario chiarire fin da subito governate dal Pd e in quanto tali si contrappongono al premier Matteo Renzi. Il quesito, l’unico rimasto è piuttosto tecnico. Gli elettori dovranno pronunciarsi con un si o con un no sui permessi di estrazione entro le dodici miglia dalla costa. In pratica viene chiesto di decidere se: tali permessi debbano durare fino all’esaurimento del giacimento, come sta avvenendo attualmente, oppure fino al termine della concessione. Praticamente se il referendum dovesse raggiungere il quorum necessario e la contemporanea vittoria del SI, le piattaforme installate in mare a meno di 12 miglia dalla costa una volta scaduta la concessione andrebbero smantellate, senza poter concludere lo sfruttamento del gas o del petrolio dei pozzi trivellati. Nessun cambiamento invece per le installazioni a terra o per le piattaforme in mare oltre le dodici miglia. Da un lato le regioni hanno già segnato un punto a loro favore. I quesiti referendari erano originariamente sei. Il Governo con la legge di stabilità ha sterilizzato cinque dei sei quesiti facendo una pesante marcia indietro, restituendo di fatto alle Regioni il potere originario in materia di decisioni sullo sfruttamento delle risorse del sottosuolo. Intorno all’appuntamento referendario si agitano molte altre questioni, dalla salvaguardia ambientale sostenuta dalle associazioni ambientaliste, le quali temono l’impatto negativo delle piattaforme e delle trivellazioni sulla fauna marina, sui sedimenti. Tesi contestata da quanti sostengono l’attivo e costante monitoraggio delle acque e dei prodotti del pescato, nei quali non sono mai stati trovati residui di idrocarburi o altri agenti tossici. Viene inoltre fatto notare come numerose località della riviera marchigiana e romagnola, difronte alla quale sorgono numerose piattaforme, sono state insignite della bandiera blu, a simboleggiare un mare incontaminato ed acque cristalline. Ci sono anche risvolti di ordine sociale, legati ai livelli occupazionali garantiti dall’attività estrattiva in particolare di gas attraverso le 92 piattaforme marine, quantificati in circa 10.000 addetti diretti e fino a 30.000 considerando l’indotto. Sono bassi i rischi di incidenti o di dispersione in mare di idrocarburi e va tenuto conto degli incassi delle royalties e tasse incassate dagli enti locali e dal governo centrale (IMU) e accise. Un referendum quasi inutile, evitabile, generato da un problema tutto interno al Pd su una diatriba infinita che è poi quella della leadership, con i Governatori delle Regioni ambiziosi di ridimensionare lo strapotere del premier edare una sforbiciata alle sue unghie. Tutto il resto è noia, non c’entra il fabbisogno energetico, se è vero come è vero che siamo il primo paese continentale per installazione ed utilizzo delle energie rinnovabili, 17,3%, così come sono marginali i rischi di inquinamento ambientale o della fauna marina, puntualmente monitorata e controllata dalle ASUR locali. Unico dato certo il costo, per le tasche oramai vuote degli italiani, circa 400 milioni!
ARES