PUBBLICO IMPIEGO, Mozione del Consiglio Regionale
Dopo lo sciopero dei lavoratori pubblici delle Marche del 20 maggio scorso promosso da CGIL CISL Uil, il
Consiglio regionale nei giorni seguenti ha approvato la mozione a sostegno del rinnovo del contratto
nazionale di lavoro condividendo parti importanti delle rivendicazioni sindacali alla base della
mobilitazione.
Va apprezzato questo atto del Consiglio Regionale che va letto alla luce dell’analisi comparata del pubblico
impiego in Italia, Francia e Regno Unito presentata in questi giorni in occasione del Forum 2016 della
Pubblica Amministrazione.
L’analisi evidenzia come negli ultimi quattro anni il blocco dei contratti e delle assunzioni abbia
condizionato pesantemente il pubblico impiego in Italia e quindi anche nelle Marche, portando ad una
riduzione delle retribuzioni dei dipendenti pubblici e ad un invecchiamento progressivo dei lavoratori
pubblici.
Inoltre, l’analisi dei dati porta a sfatare ogni luogo comune.
I dipendenti pubblici italiani non sono troppi. Sono in numero minore sul totale degli occupati se
raffrontati agli altri Paesi. Sono meno anche in termini assoluti: 3,34 milioni (5,5% della popolazione) in
Italia, contro i 5,64 milioni in Francia, in crescita di circa 150.000 unità (8,5% popolazione) e i 5,31 milioni in
UK (8,2% popolazione.).
E sono anche molto “vecchi”. In Francia, il 26,4% dei lavoratori pubblici ha meno di 35 anni, in UK sono il
25%, ma in Italia solo l’8%. E la percentuale di impiegati sotto i 25 anni, ossia assunti direttamente
dall’Università, è praticamente nulla (0,9% e quasi tutti nelle carriere militari). L’età media in Italia arriva
quindi a 50 anni e il blocco del turnover impedisce l’ingresso di nuove professionalità più consone ai nuovi
compiti delle amministrazioni.
E se è vero che in Italia costano molto meno che nei due Paesi di confronto questo risparmio si è ottenuto
tramite un blocco dei contratti bocciato dalla Corte Costituzionale e una riduzione del personale senza una
vera strategia.
Questa situazione non è più sostenibile e siamo alla frutta. Se non immettiamo forze nuove, se non
rinnoviamo i contratti, qualsiasi riforma, in qualsiasi campo della vita pubblica dalla giustizia alla sanità, dal
lavoro alla scuola, dalla cultura alla ricerca rischia di essere compromessa.
Che fare quindi? E’ soprattutto necessario guardarsi dalla “illusione del legislatore” che pensa basti fare
una legge per attuare un cambiamento. Al massimo una legge, se è buona, può aprire una porta, può
abilitare una possibilità, può garantire opportunità che però vanno poi sfruttate con un quotidiano lavoro di
accompagnamento al cambiamento che deve essere fatto nelle amministrazioni e non a Palazzo Chigi.