Da Infolampo: Durante (CGIL) Ttip interrompere il negoziato
Ttip: Durante (Cgil), interrompere il negoziato
Tornare a idea di crescita solidale e sostenibile e superare squilibri e disuguaglianze
Roma, 5 luglio – “Se il Ttip saltasse, come paventa il ministro Calenda, non ci
stracceremmo certo le vesti. Considerando il modo in cui se ne sta discutendo, senza
partecipazione dei cittadini e in un contesto di deficit democratico, e i contenuti che si
conoscono, specie su agricoltura e sicurezza alimentare oltre che sulle pretese delle
multinazionali, è bene che il negoziato sia
interrotto”. Così Fausto Durante, responsabile
Politiche europee e internazionali della Cgil
nazionale, a margine del convegno ‘Il Trattato
commerciale Ue-Usa (Ttip): preoccupazioni e
proposte di parti sociali e imprese’ tenutosi oggi
alla Camera dei deputati.
“Le logiche prevalenti sul commercio
internazionale devono essere cambiate – sostiene
Durante – per tornare a un’idea di crescita
solidale e sostenibile di tutte le aree del mondo, in
un quadro di diritti e di nuove opportunità per
quelle meno sviluppate e di superamento di
squilibri e disuguaglianze”.
“Il Ttip – prosegue – non ha questa ambizione e tende, anzi, a riprodurre l’impianto di
ispirazione neoliberista che ha già prodotto tante conseguenze negative per l’economia su
scala globale”.
“Servono, invece, trattati commerciali che portino vantaggi per i cittadini, per i
consumatori e per i lavoratori – sottolinea il dirigente sindacale – ispirati da una cultura e
da una volontà politica opposte a quelle che influenzano il negoziato in corso”.
“Perciò, e su questo abbiamo opinioni convergenti con il sindacato degli Usa, – conclude
Durante – il Ttip va fermato”.
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Beni confiscati: le proposte Cgil rilanciate a Catania
Il disegno di legge approvato a Montecitorio si è poi fermato a Palazzo Madama. La Camera del lavoro
siciliana presenta un documento in tredici punti per riassumere le priorità. “Legalità possibile, ma
bisogna fare presto: i sequestri aumentano”
A Catania e provincia i beni confiscati a dicembre 2015 erano 935. Al primo posto tra i comuni etnei c’è
Motta S. Anastasia con 244 beni confiscati e tra questi ci sono 6 aziende. Subito dopo c’è la città di
Catania, con 130 beni confiscati, di cui 45 sono le aziende. I dati sono elaborati da quelli messi a
disposizione dall’Agenzia nazionale dei beni confiscati, dalle relazioni Dia e Dda. E da soli dicono più di
mille convegni. Ma non ci sono solo i numeri da tenere in considerazione: i sequestri e le confische di
quest’anno dimostrano che le forze dell’ordine e la magistratura sono in grado di individuare i capitali
frutto di azioni illecite. Le indagini hanno svelato la proiezione della mafia nel mondo degli affari e della
politica e la sua incessante attività diretta al controllo dei flussi di denaro pubblico e privato. Il settore
maggiormente appetibile è quello delle costruzioni e del movimento terra.
Eppure, una legalità vera a Catania è ancora possibile. Non a caso l’iniziativa promossa dalla Camera del
lavoro ieri sera (5 luglio) e tenutasi al Lido dei Ciclopi, bene confiscato anch’esso, si intitola proprio: “La
legalità necessaria. Sviluppo, economia, occupazione a Catania”. Il segretario generale della Camera del
lavoro Giacomo Rota ha sottolineato la “necessità di restituire i beni all’economia sana impedendo che la
mafia si infiltri come un cancro. La Cgil – ha detto – non vuole fare antimafia parolaia”. Pina Palella,
responsabile per la legalità della Camera del lavoro, ha presentato una relazione ricca di dati e analisi
illustrando i casi più eclatanti, da quello della società Lara – che oggi si trova di nuovo in imbarazzante
difficoltà perché la gestione è stata affidata al figlio dell’ ex proprietario con le conseguenti difficoltà di
confronto con lo Stato –, al difficile caso Tecnis. Maria Luisa Barrera dell’associazione Antimafia e
Legalità è intervenuta sul tema racket e usura e sulla necessità di fare rete anche con il sindacato.
L’amministratore giudiziario Andrea Dara ha lanciato una provocazione, evidenziando la necessità di
interrogarsi sulle dinamiche del post-sequestro e sottolineando che “non c’è una risposta sociale efficace
alle criticità che seguono al trauma virtuoso del sequestro”.
Sono intervenuti anche la segretaria confederale della Cgil Sicilia, Mimma Argurio (“abbiamo bisogno
dell’aiuto di forze dell’ordine e magistratura per impostare un percorso che dia dignità ai lavoratori.
Dovremmo anche poterci confrontare con gli amministratori giudiziari con sinergia, impresa sino ad oggi
difficile”), e il segretario generale della Cgil siciliana, Michele Pagliaro (“spesso ci mancano le relazioni
necessarie, nessuno ci viene a dire se ci sono lavoratori collusi che non andrebbero difesi. E dall’altro lato
non possiamo permetterci di far passare l’idea che un’azienda lavora meglio sotto la mafia che non sotto lo
Stato”). Ha concluso i lavori la segretaria della Cgil nazionale, Gianna Fracassi: “Come sindacato – ha
sottolineato – non facciamo solo i convegni su questi temi, ma facciamo il punto sulle cose che facciamo
sempre. Sappiamo bene che è più complicato recuperare la fiducia dei lavoratori in quell’ambito. Una
fatica che la nostra organizzazione sostiene”. Sono intervenuti, fra gli altri, anche la vicesindaco di
Acicastello e l’imprenditore Salvatore Fiore, per 20 anni vittima di usura ed estorsione, poi “liberatosi”
grazie alla denuncia.
Le proposte e le richieste del sindacato sono riassunte in 13 punti essenziali. Ecco il primo: “Non si può
più aspettare l’approvazione del Ddl sul riordino dei beni sequestrati e confiscati e la revisione del codice
antimafia – ha spiegato Pina Palella –. Il testo approvato a novembre 2015 alla Camera giace al Senato
(nel corso della serata è intervenuto anche il parlamentare Davide Mattiello, relatore della legge), ma
occorre fare presto perché il numero dei beni sequestrati e confiscati è in continuo aumento ed è
necessario poter utilizzare le risorse per sostenere le aziende che hanno possibilità di stare sul mercato e i
lavoratori nelle situazioni di difficoltà per mancanza di liquidità con un fondo di rotazione. Chiediamo
che al Senato il disegno di legge che contiene norme in materia di beni confiscati alle mafie, tutela dei
lavoratori, nomine e incompatibilità degli amministratori giudiziari venga approvato al più presto”.
C’è poi la richiesta di utilizzo delle poche risorse stanziate dal governo nella legge di stabilità per
costituire un fondo di garanzia per le aziende in attesa dell’emanazione della legge. E ancora, l’utilizzo dei
fondi Pon per sicurezza e legalità finanziati da Fse e Fesr, fare rete tra imprese sequestrate e confiscate,
stipulare protocolli con enti e tribunali per l’affidamento prioritario di lavori, l’affidamento delle
commesse a imprese egualmente sequestrate, la previsione di forme di premialità fiscale, appositi
protocolli con Abi e mondo del credito, la creazione di un “marchio di Stato”, liste di mobilità speciali
nelle quali far confluire i lavoratori di aziende confiscate poste in liquidazione, coadiuvare le aziende fin
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