Ansia da socializzazione

E’ costante l’immagine generalizzata di un numero sempre maggiore di persone con l’occhio incollato al telefono per inviare messaggi, pochi, per collegarsi ai social la maggior parte. E’ un fenomeno di una diffusione impressionante, la nuova agorà virtuale dove non sempre tutto quello che viene postato ha un senso, una logica e spesso finisce per sortire l’effetto contrario a quello voluto. I social occorre ammetterlo sono anche uno strumento fortemente innovativo ed utile, ma è l’uso che ne viene fatto a volte a stravolgerne il senso. In particolare quando una emozione, un grande fatto di cronaca scatena i commenti più svariati postati con grande libertà e senza grande riflessione. Oppure quando i social sono il rimedio alla nostra grande solitudine. Sembra impossibile ma l’attivismo sfrenato sui social denota anche una certa difficoltà nei rapporti interpersonali diretti, una fatica a sostenere il confronto con gli altri non intermediato. Così risolviamo affacciandoci senza freni sulla grande piazza virtuale dove si intrecciano “amicizie”, quale tipologia di amicizia è mai quella dove non ci si è mai visti e parlati di persona, scambiati una stretta di mano calorosa, un bacio, un abbraccio. Solidarizzano e fraternizzano persone le più diverse tra lor e questo è senza dubbio un fatto positivo, un abbattimento delle barriere di ogni tipo, ma alla base cosa c’è? L’ansia di sentirsi parte di qualcosa, accettati, confortati da un rapporto seppure virtuale, un po’ freddo se è e rimane virtuale. Ci sono e ci possono essere comunità virtuali con ampia condivisione di interessi, ma legami di amicizia da scala o pianerottolo lasciano il senso che trovano, il vuoto dall’una e dall’altra parte. Il vuoto impossibile da riempire in una società dove l’individuo è sempre più schiacciato dalla crisi, dal lavoro, che non c’è, le difficoltà economiche che non aiutano le relazioni sociali, la cultura oramai merce rara, invece vero motore della relazione e autentico scaccia solitudine.

ARES