Da Infolampo: Ape sociale – Terza età a tavola
“L’Ape sociale esclude donne e lavoratori del Sud”
Ivan Pedretti, segretario Spi-Cgil, i contributi per l’Ape social sono stati aumentati da 20 a 36 e 30 anni
per alcune categorie. II governo si è rimangiato la parola?
Un’uscita estemporanea e sbagliata. È un’operazione che stringe le maglie delle risorse e riduce per
molti la possibilità di accedere ai requisiti definiti sull’anticipo pensionistico. Questo significa tagliare
fuori le donne e tanti lavoratori del Sud che non hanno una carriera lavorativa lunga. E una scelta che
non corrisponde alla discussione che abbiamo fatto. Farebbero bene a correggere il tiro altrimenti
dimostrerebbero di non essere affidabili fino in fondo.
Intervista di Roberto Ciccarelli
Pensate che questa soglie siano state inventate per ridurre la
platea dei beneficiari. Significa che il governo non ha i soldi?
Appunto. C’è stato probabilmente uno scontro nel governo
con il ministero dell’Economia e le risorse sono state ristrette.
Per recuperarle potrebbero fare qualche intervento in meno
sulle detrazioni alle imprese e favorire i lavoratori.
L’anticipo pensionistico-Ape sarà a carico dello Stato per chi
ha meno di 1.350 euro lordi al mese. Per tutti gli altri è giusto
andare in prepensione facendo un mutuo con una banca?
Non mi pare una grande soluzione ed è scarsamente
appetibile perché si anticipa la pensione facendo un debito
con Inps e banche. Abbiamo provato a correggere questo
sistema. Il governo ha provato a cambiarlo. Non credo che
saranno in molti i lavoratori ad accedervi, tranne quelli che saranno obbligati.
C’è l’accordo sulla 14esima. In cosa consiste?
In un aumento e nell’estensione della platea dei beneficiari a 1 milione e 250 mila pensionati in più. Tra i
330 e i 500 euro dei pensionati fino a mille euro, tra i 100 e i 150 euro di aumento per chi già percepisce
la quattordicesima. Rispetto all’ipotesi iniziale del governo che voleva aumentare le minime, abbiamo
chiesto che l’aumento fosse rapportato ai contributi. La 14esima ha questo pregio perché si riferisce a
soggetti che hanno versato per 15, 20, 25 anni. Abbiamo dato una possibilità agli ex operai di 10-12 anni
fa che prendono attorno a 900 euro al mese. E un primo passo che risponde alle esigenze delle pensioni
basse legate ai contributi.
Le altre misure che vi soddisfano?
C’è il passaggio dalla ricongiunzione onerosa a quella gratuita che può favorire tante persone che non
hanno potuto andare in pensione perché era costosissima. Può essere in futuro utile per le nuove
generazioni che hanno carriere discontinue. Lo chiedevamo dal 2010.
Il 17,7% degli anziani over 75 mangia meno a causa della crisi. In che modo queste misure li aiuteranno?
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«Meditate, che questo è stato»
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Terza età a tavola. Frutta, verdura e pane, ma la crisi pesa
sulla dieta
L’Auser, lo Spi Cgil e la Fondazione Di Vittorio, hanno deciso di mettere il naso nel piatto degli anziani
ed esaminare cosa e come mangiano, quali sono le loro abitudini, attraverso un’ampia ricerca. La crisi
ha pesato di più fra le persone meno istruite, tra chi ha le pensioni più basse e tra chi risiede al Sud e
nelle Isole.
La crisi, la solitudine, il borsellino spesso vuoto perché magari bisogna sostenere una spesa imprevista.
Sono diversi i fattori che incidono sulle abitudini alimentari di tutti noi e in modo particolare degli
anziani. Fattori ai quali dobbiamo aggiungere elementi di tipo culturale, di estrazione sociale, di salute ed
autonomia di vita che messi tutti insieme fanno sentire le loro conseguenze anche a tavola.
L’Auser, lo Spi Cgil e la Fondazione Di Vittorio, hanno deciso di mettere il naso nel piatto degli anziani
ed esaminare cosa e come mangiano, quali sono le loro abitudini, attraverso un’ampia ricerca, con oltre
11.000 questionari distribuiti in tutte le regioni presso i centri sociali, le sedi sindacali, i servizi fiscali e di
consulenza. Nel complesso sono stati analizzati 7241 questionari.
I risultati di questa ampia indagine sono stati presentati a Firenze venerdì 14 ottobre, nell’ambito
dell’ottava edizione della città che apprende.
Il profilo degli intervistati: sposati e con basso reddito
Età media 69-70 anni, Il 37.1% è in possesso della licenza media o avviamento professionale, il 28.2%
ha la sola licenza elementare, il 27,2% è diplomato, i laureati sono il 6% mentre non hanno alcun titolo di
studio il 4,5% degli intervistati.
Tra gli intervistati prevalgono le persone coniugate (63,9%), seguono vedovi e vedove per il 22,2%, celibi
o nubili per il 7,2% e separato o divorziati per il 6,7%. La maggioranza – quasi il 49% – vive in coppia
con il proprio coniuge, le persone che vivono da sole sono il 26,8%.
Hanno un reddito da pensione tra i 500 e gli 800 euro il 25,6% degli intervistati. Nella fascia tra gli 800 e
i 1200 euro si colloca il 29,25 degli intervistati. Una pensione media fra i 1200 e i 1500 euro interessa il
21,7% , marginali i numeri di quelli che hanno una pensione che supera i 2000 euro.
Frutta fresca, pane e verdure: gli alimenti e i cibi della dieta quotidiana degli anziani
Fra gli alimenti di gran lunga preferiti dalle persone anziane e utilizzati con frequenza giornaliera,
figurano frutta fresca e pane (per circa l’85% degli intervistati), seguiti da ortaggi e verdura, cereali e
derivati, latte e yogurt (per circa due terzi delle risposte). I prodotti a base di cereali figurano nelle diete
quotidiane di oltre la metà delle persone intervistate (52,4%), i formaggi nel 19,5%, le carni trasformate
sono presenti in misura maggiore di quelle fresche (9,8% contro il 9%).
Difficile rinunciare ad un bicchiere di vino rosso durante i pasti, infatti le bevande alcoliche sono assunte
quotidianamente dal 41% degli anziani intervistati. Pesce e uova sono consumati raramente tutti i giorni,
la percentuale si abbassa al 4-6% degli intervistati, mentre porzioni quotidiane di legumi sono segnalate
dal 7,5% degli anziani. Questi ultimi gruppi di alimenti sono largamente presenti nella dieta settimanale
con percentuali comprese tra l’85% e il 90%.
L’Italia, lo sappiamo, è un paese di campanili con forti differenze regionali di abitudini e culture
alimentari da Nord a Sud, da Est a Ovest. I formaggi, per esempio, sono presenti nella dieta quotidiana
del 24,5% degli anziani del Nord-ovest, mentre al Sud e Isole la percentuale scende all’10,5%. Anche la
struttura sociale dei diversi territori condiziona molto ciò che si mette in tavola. Il consumo per più di una
volta a settimana di carni fresche è intorno al 65% tra Nord- ovest, Nord-est e Centro, scende al 59,6% a
Sud e al 49,3% nelle Isole. Per il pesce i rapporti sono differenti e il Sud prevale sulle altre zone d’Italia
con il 46,6% degli intervistati, con un consumo più di una volta a settimana.
Gli effetti della crisi nei consumi alimentari
Il fattore economico influisce senza dubbio sulla composizione della dieta. Verdura e ortaggi sono
consumati una volta al giorno da circa il 47-48% degli intervistati in tutte le classi di reddito, ma il
consumo frequente e cioè più volte al giorno si attesta sul 17,3% di coloro che hanno pensioni tra 500 e
800 euro al mese, e sul 28,6% di chi ha pensioni superiori a 1500 euro mensili. Se si è in due si mangia
meglio, lo dice chiaramente la ricerca dell’Auser e dello Spi. Le persone che vivono da sole, infatti,
hanno una dieta meno varia e “più povera” con maggiore utilizzo di legumi e uova.
La crisi economica ha inciso profondamente sul paniere della spesa degli anziani, con il calo di alcuni
alimenti e la crescita di altri. Il 17,7% delle persone intervistate hanno patito una diminuzione in quantità
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