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Da infolampo: Legge di bilancio – Risorse a pioggia

U43030410509211O0ELegge di Bilancio, quello che va bene e quello che non ci

piace

L’intervento di Ivan Pedretti sull’Huffington Post

Con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di sabato scorso si va delineando la legge di

Bilancio 2017. Non abbiamo ancora i testi e quindi è difficile dare un giudizio complessivo e nel merito,

che per noi conta sempre. Qualcosa però la si può cominciare a dire. E si può dire che in questa

manovra c’è qualcosa che va bene e qualcos’altro che invece non ci piace.

Convince l’intervento sulle pensioni, perché per la prima volta dopo tanto tempo non vengono tolte risorse

ma si destinano 7 miliardi in tre anni. Serviranno a finanziare

interventi importanti, che riguarderanno sia i pensionati che i

pensionandi e che sono il frutto di quattro mesi di confronto tra il

governo e i sindacati. Sono pienamente consapevole che sulle

pensioni non tutto è risolto ma c’è finalmente un’inversione di

tendenza e un impegno del governo a proseguire il lavoro per

affrontare tutti problemi rimasti aperti. Non era scontato, ci

abbiamo lavorato non senza fatica e dovendo superare reciproci

pregiudizi e per questo lo giudico un fatto positivo.

E’ un bene inoltre che sulla sanità non ci siano tagli e che siano

confermati i 113 miliardi, anche se un miliardo è già in qualche

modo destinato. Ora sarebbe bene che Stato e Regioni

utilizzassero queste risorse per potenziare il servizio di assistenza

a chi è più debole e non a ripianare i debiti di questa o di quella

struttura sanitaria. Così come è un bene che si continui ad

aggiungere risorse (50 milioni a detta del premier) sul fondo per la non autosufficienza.

Quello che invece non convince sono le poche risorse per il rinnovo del contratto dei pubblici, l’ennesimo

condono attraverso l’abolizione di Equitalia e il massiccio intervento in favore delle imprese, che ancora

una volta la fanno da padrone. Trovo ingiustificata la forte generosità espressa dal governo nei loro

confronti, con una serie di misure (e di miliardi di euro) a loro destinati. Penso che sia giunta l’ora di

chiedere agli imprenditori italiani di fare per davvero la loro parte, smettendola di “viziarli” con bonus e

incentivi senza mai legarli agli investimenti, allo sviluppo del paese e alla creazione di posti di lavoro. Su

questo credo che il governo dovesse e potesse fare di più.

Ora però quello che conta per noi è il merito e per questo aspettiamo di guardare bene i testi della Legge

di Bilancio. Li leggeremo riga per riga, per verificare se tutti gli impegni sono confermati e se non ci

saranno sorprese. Così come seguiremo con attenzione il lavoro del Parlamento, a cui chiediamo fin da

subito di svolgere a pieno le sue funzioni e di migliorare ulteriormente questa manovra rafforzando quegli

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Legge sul caporalato,

ormai ci siamo

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Risorse a pioggia, nella manovra manca un piano per il

Paese

Intervista del segretario generale della Cgil al ‘Corriere della Sera’

Una legge «in linea con il passato, mentre serviva un deciso cambio di passo», che continua a distribuire

«soldi a pioggia alle imprese», ma che «manca di un progetto Paese», e che non risolve i problemi

dell’occupazione giovanile. Che stimola «il comportamento dei singoli», avara negli investimenti

pubblici. «Stiamo solo parlando delle slide di Matteo Renzi, il testo della legge di bilancio ancora non

c’è e in queste cose anche una virgola può cambiare tutto» premette il segretario della Cgil, Susanna

Camusso, ma il suo non è esattamente un giudizio sospeso. «Se ci sono poche risorse bisogna usarle al

meglio, e non disperderle. Questa legge, invece, è la somma di tanti piccoli interventi. E manca proprio

un piano strategico. Facciamo, facciamo, dice Renzi, ma siamo sempre lì».

Almeno sulla previdenza qualche segnale positivo c’è? «A differenza del passato non si sono tolte risorse

e si danno alcune risposte ai lavoratori precoci, a chi fa mestieri usuranti, e ai pensionati. Ma non ci piace

la scelta di trasformare l’Ape social, che doveva servire per affrontare le difficoltà del lavoro discontinuo,

in uno strumento selettivo». Problema di risorse o scelta politica? «Entrambe le cose. Forse al ministero

dell’Economia c’è ancora l’idea di un sistema previdenziale tarato sulla parte del mercato del lavoro più

strutturato. Ma questo sistema si misura ben poco con la realtà del Sud, e in particolare delle donne,

costrette alla discontinuità anche dai pregiudizi».

Bastano i fondi per il rinnovo dei contratti pubblici? «Qui non ci siamo proprio. Se dentro agli 1,9

miliardi delle slide ci sono i 300 milioni dell’anno scorso, i 900 di cui parla il ministro Alfano per gli 80

euro alle forze dell’ordine, la ricostruzione delle carriere e le assunzioni annunciate, di quanto stiamo

parlando? Non certo quello che serve per riaprire concretamente i rinnovi bloccati da otto anni. Ben

vengano le nuove assunzioni, ma ci sono molte domande da farsi. La stabilizzazione dei precari resta un

problema: 7 mila tra medici e infermieri, sono molto pochi rispetto alle necessità. E la scuola e

l’Università? Le regole sul turn-over restano? In ogni caso non c’è quel cambio di passo che serviva. Si

sono create moltissime aspettative che rischiano di essere deluse. E ciò non aiuta a migliorare il clima di

fiducia».

Ci sono molti interventi a favore delle imprese. «E il terzo anno che Renzi dice alle imprese: adesso tocca

a voi. Si continua a pensare che dandogli risorse a pioggia si stimoli lo sviluppo. Ma non hanno alcun

vincolo».

Chiedete sgravi finalizzati? «Senza vincoli anche una misura giusta come il superammortamento rischia

di essere inutile. Gli imprenditori l’hanno usato per rifarsi la macchina, non per investire. Gli investimenti

privati negli ultimi due anni sono scesi. Non vorrei che adesso si rifacessero il tablet. Anche la riduzione

dell’Ires non necessariamente produce investimenti. Abbiamo la disoccupazione giovanile al 38%, non

risolviamo il problema, e quello del Sud, dando soldi a pioggia».

La decontribuzione per i nuovi assunti sarà concentrata proprio al Sud. «Anche qui non ci sono vincoli.

Abbiamo speso i8 miliardi per occupare poco più di 500 mila persone, e di questi pochissimi giovani».

Ci sarebbero anche 12 miliardi di investimenti pubblici in un triennio. «È un inizio. Ne servirebbero di

più. Si tratta più che di investimenti diretti, di bonus. La verità è che manca un progetto per il Paese. Si

provano a stimolare i comportamenti dei singoli, ma non c’è un’idea. Su Casa Italia, ad esempio, non si

può affrontare il dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza sismica senza un piano di investimenti

pubblici.Questa logica rende poco credibile l’effetto leva degli incentivi».

Che dite della rottamazione delle cartelle Equitalia? «E un messaggio controproducente. Le procedure di

riscossione sono troppo onerose? Bastava intervenire lì. Perché far sparire Equitalia? Abbiamo 3,7 milioni

di lavoratori in nero, quasi 200 miliardi di sommerso, servirebbe rigore, e invece il governo che dice?

Dateci un po’ di soldi e saremo meno cattivi con voi».

Che giudizio dà sul finanziamento della sanità? «Formalmente si rispetta l’accordo della Conferenza

Stato-Regioni. Ma bisognerà vedere dove effettivamente saranno impiegate le risorse. Se nei 113 miliardi

ci sono anche i soldi per i contratti e le nuove assunzioni, è evidente che non bastano. Abbiamo 11

milioni di italiani che non si curano più perché non hanno i soldi, il Paese invecchia. I fondi andrebbero

adeguati ai bisogni». È una legge elettorale? «È soprattutto una legge continuista con la fase precedente,

solo un po’ meno austera, e con l’idea che lo sviluppo non dipenda dal governo. E anche una legge

elettorale».

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