Da Infolampo: Lavoratori 3D – Una legge di bilancio……..
Lavoratori 3D: difficult dangerous dirty
Storiaccia esemplare, quella della H&M, per capire l’industria globale: massimizzare i profitti, ridurre i
costi fissi, esternalizzare fette del ciclo produttivo e commerciale a realtà più piccole. Per finire con
flessibilità di orari, paghe e contratti
di Giorgio Frasca Polara
Qui oggi si racconta l’allucinante (ma non troppo insolita) condizione delle operaie che lavorano per un
colosso svedese dell’abbigliamento, la H&M, presente ovunque anche in Italia. E’ una vicenda esemplare
del combinato disposto di tre maledizioni del nuovo sistema
capitalistico: la famigerata flessibilità del lavoro, la crescente
esternalizzazione del lavoro, la infinita terziarizzazione. Perché
la si racconta oggi? Perché il caso è stato posto la scorda
settimana nell’aula della Camera attraverso l’interpellanza di un
gruppo di deputati cui ha risposto (anzi: non ha risposto) il
sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba.
Ma in quel che ho appena scritto c’è un primo equivoco: le
operaie lavorano sì, davvero, per H&M, però… non
direttamente: in mezzo ci sono diversi passaggi. Intanto, il
gruppo svedese ha un enorme magazzino a Casalpusterlengo
(Lodi) per gestire in proprio i rifornimenti alla sua rete di negozi
sparsi nell’Europa meridionale. Sì, ma H&M sfrutta anche
Internet per piazzare on line i suoi infiniti prodotti (e quelli delle
sue altre marche): dagli abiti alle camicie, dalle calze alle
maglie, ai costumi da bagno a qualunque altro vestimento per uomini, donne e bambini. Ebbene, le
vendite on line sono affidate a una ditta esterna, la XpoLogistics, una potenza della logistica mondiale
(sede centrale in Usa, sede europea a Lione) con 88mila dipendenti in 34 paesi e un fatturato di 5,4
miliardi di euro.
Ora, le lavoratrici addette all’on line non sono dipendenti della H&M (anche se impacchettano la roba con
questo e gli altri marchi posseduti), ma non sono neppure dipendenti di XpoLogistics, anche se il loro
lavoro fa funzionare il suo magazzino. Loro sono assunte da Easy Coop – cooperativa di servizi
“specializzata in processi di terziarizzazione dei magazzini” – alla quale la multinazionale della logistica
ha dato in appalto la gestione della manodopera. (E nel suo settore la Easy Coop è azienda di dimensioni
ragguardevoli: 700 soci-dipendenti in tutta Italia, lavoro in quindici siti, fatturato di 18 milioni) .
Gli effetti di questa sarabanda? Tutti e solo sulle spalle delle operaie che si sono sfogate con i deputati
interpellanti. “Ci sono i picchi degli acquisti di Natale o dei saldi, oppure le offerte speciali”, “Di
conseguenza anche gli orari sono imprevedibili”, “In questo momento ci danno persino due turni di riposo
in una settimana, poi d’improvviso sono dodici ore filate, saltano i riposi, torni a casa solo per dormire”,
“Poi però crolli, ti danno una pausa, gli spogliatoi sembrano un campo profughi, tutti buttati a cercare di
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Si fingono addetti comunali
per derubare gli anziani
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Una legge di bilancio lontana dai problemi veri
Dal lato della coerenza bisogna migliorare molto. I contratti meritavano più attenzione, si prorogano gli
incentivi a pioggia, si riducono le imposte sui profitti delle imprese: resta insomma aperto il problema
della politica economica dell’attuale governo
di Roberto Romano e Riccardo Sanna
È lontana o vicina ai problemi del Paese la legge di bilancio? Dal lato della coerenza dobbiamo migliorare
ancora molto. Il vizio di introdurre norme ad personam rimane una costante. Il presidente della
commissione Bilancio, infatti, ha chiesto lo stralcio di 28 articoli e commi perché troppo locali-settoriali.
Il Parlamento rimane un luogo fondamentale per la democrazia. Sebbene il governo cifra la manovra in
26,7 miliardi, giocando tra manovra lorda e netta, la relazione tecnica chiarisce che il controvalore della
manovra è di 35,7 miliardi per il 2017.
Il governo recupera all’interno del bilancio risorse autonome per 20,8 miliardi solo per il 2017,
equamente ripartite tra maggiori entrate (10,8 miliardi di recupero dell’evasione o serie di condoni?) e
minore spesa pubblica (aggiuntivi ai 25 miliardi degli ultimi tre anni), con un saldo negativo di 15
miliardi da finanziare in deficit. Si tratta di deficit aggiuntivo che rimanda di un altro anno le clausole di
salvaguardia, che il governo presenta come sostegno all’economia. Falso, ancorché l’aumento di Iva e
accise sarebbe un brutto colpo per la domanda. È denaro preso “a prestito” dagli esercizi futuri per
finanziare gli 80 euro e la decontribuzione per i nuovi assunti, ma l’efficacia economica è negativa.
Fossero stati utilizzati per modificare la specializzazione produttiva e creare lavoro, oppure per adeguare
le infrastrutture del Paese, sarebbero stati molto più efficaci.
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Sebbene ci sia differenza tra manovra netta e lorda, da un punto di vista economico la distinzione è
discutibile. Come si allocano o tagliano le risorse finanziarie è rilevantissimo ai fini della crescita. Ci
sono spese e/o entrate che modificano il comportamento dei privati e della Pubblica amministrazione. Ad
esempio, come non considerare 1,9 miliardi per il 2017 e 2,6 miliardi per il 2018 per i dipendenti
pubblici, comprensivi di rinnovo del contratto, il bonus di 80 euro, le assunzioni e il riordino delle
carriere per le Ffaa?
È positivo lo sblocco della contrattazione e del turn-over, bloccati dal 2009, ma le risorse sono
insufficienti; 3,5 milioni di lavoratori pubblici, che più di altri hanno contribuito al risanamento della
casse pubbliche, anche per dare un segnale ai Contratti nazionali privati, meritavano ben altra attenzione.
La contrattazione collettiva, invece, beneficerà solo dell’estensione della detassazione.
Il governo aumenta a 47 miliardi le spese in conto capitale tra il 2017 e il 2018? Discutibile. Infatti, gli
investimenti pubblici tendenziali sono pari a 38,5 miliardi; la differenza, cioè le vere risorse aggiuntive,
sono oggetto di contrattazione con la Commissione europea. Non dobbiamo aspettare un terremoto per
mettere in sicurezza il territorio nazionale. Il Piano per il Lavoro della Cgil promuove questi investimenti,
e le tensioni con l’Ue non può giocarsi su pochi decimali di Pil. Se poi consideriamo la produttività media
del lavoro (Istat), il quadro della manovra è ancor più disarmante; non solo la produttività del lavoro
nazionale aumenta a un ritmo più basso della media europea tra il 1995 e il 2015, rispettivamente 0,3 e
1,6% medio, ma ricorda anche che gli investimenti delle imprese italiane sono il vero nodo di struttura
che dobbiamo affrontare.
Nella crisi gli investimenti sono calati del 30%, condizionando in negativo almeno 6 punti su 9 di Pil tra il
2008 e il 2015. Eppure, quando gli investimenti delle imprese crescono (1995-2009) la produttività del
capitale diminuisce – meno 1,8% tra il 2003 e il 2009 -; quando gli investimenti si riducono la
produttività del capitale aumenta – 0,1% tra il 2009 e il 2013. Sostanzialmente il sistema delle imprese
nazionale non genera innovazione tecnologica e importa conoscenza dall’estero. La legge di bilancio
introduce, come primo passo del piano Industria 4.0 super-ammortamento, iper-ammortamento, credito di
imposta per gli investimenti in ricerca, e altre misure a sostegno degli investimenti e dell’innovazione.
Ma nella legge di bilancio si prorogano anche gli incentivi a pioggia, la finanza per la crescita e, ancora
più grave, si riducono le imposte sui profitti delle imprese (Ires dal 27,5% al 24%), e l’Iri per le imprese
che ricapitalizzano. Non si può aumentare la quantità e la qualità degli investimenti, così come la
specializzazione produttiva, con gli incentivi fiscali non selettivi. Molto più utile sarebbe stato un piano di
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