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Da Infolampo: Voucher – Politica

buoni-lavoro-675x275«Via i voucher? Meglio cambiarli. No al sindacato

agitatore politico»

«Per i nostri pensionati continueremo a usarli, rispettiamo la legge e la linea Cgil. Referendum superfluo

se i voucher potranno essere usati solo per studenti, pensionati e disoccupati»

di Lorenzo Salvia Corriere della sera 13 gennaio 2017

«Certo, continueremo a usarli. Abbiamo rispettato la legge e anche la linea della Cgil. Non vedo perché

dovremmo essere noi a cambiare idea». Ivan Pedretti è il segretario

dello Spi, la sigla che rappresenta i pensionati della Cgil. Tre milioni

di iscritti su un totale di sei: di fatto l’azionista di maggioranza del

sindacato di Susanna Camusso.

Allora non è pentito che la sua organizzazione abbia utilizzato i

voucher, i buoni a ore che la Cgil vuole cancellare con il referendum?

«Neanche per sogno. Li abbiamo usati per consentire ai volontari di

tenere aperte le sedi Cgil, in modo che il sindacato potesse fare il suo

mestiere, ascoltare i lavoratori. Cosa dovevamo fare, pagarli in nero?

La legge la rispettiamo, noi».

Certo, ma la volete anche cambiare. Siete stati criticati sia da Susanna

Camusso sia da Maurizio Landini.

«Mi aspettavo parole diverse. Finché c’è una legge possiamo usarla,

anche se l’obiettivo è cambiarla. Ed è sbagliato non difendere una

scelta del tutto in linea con la Cgil».

Del tutto in linea con la Cgil? Ma la Cgil è per la cancellazione totale

dei voucher.

«Con il referendum. Ma nella Carta dei diritti del lavoro, presentata dalla Cgil un anno fa, vengono

regolate anche le prestazioni occasionali, i lavoretti».

Sta sottilizzando.

«No, la Carta è la risposta della Cgil al Jobs act. Dice che le prestazioni occasionali possono essere svolte

da pensionati, studenti, e disoccupati senza aiuti a patto che il compenso non superi i 2.500 euro l’anno. È

proprio quello che abbiamo fatto noi: anziani con una pensione da 700 euro tenevano aperte le sedi due

ore al giorno, incassando un centinaio di euro al mese in più».

Scusi, Pedretti: sta dicendo che i voucher non vanno aboliti ma solo corretti?

«Il referendum diventa superfluo se c’è una correzione radicale, se i voucher potranno essere usati solo

per studenti, pensionati e disoccupati. Come abbiamo fatto noi. E come, ripeto, dice la Cgil».

Per Camusso i correttivi non bastano e bisogna arrivare alla cancellazione.

«Sono convinto che una modifica del genere convincerebbe tutto il sindacato. Concentriamoci su questo:

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d9cb-11e6-9668-96e09f069892.shtml?refresh_ce-cp

Carta dei diritti, primi

incontri in Parlamento

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La politica ha dichiarato guerra ai lavoratori. E sta

vincendo

Voucher, contratti intermittenti, stage come corvée postmoderne: ecco il paradisiaco mondo scaturito

dall’89. Il meglio che la religione del libero mercato sappia venderci.

di Diego Fusaro

Non è una novità. E dunque non c’è da stupirsi. Occorre invece sforzarsi di capire. O, come diceva

Spinoza, «non ridere, non piangere, non detestare, ma comprendere». Difficile, in questo caso, non

piangere e, soprattutto, non detestare. Dal 1989 a oggi l’offensiva del capitale ai danni del lavoro procede

ininterrottamente, inanellando un successo dietro l’altro: quelle che si chiamano abitualmente “riforme” –

l’hanno capito ormai pure i bambini – sono tali solo per la parte del capitale. Di conseguenza, hanno

come obiettivo puntualmente raggiunto la decomposizione dei diritti, delle conquiste dei lavoratori e delle

tutele del mondo lavorativo.

L’IPOCRISIA DI CHI PARLA DI “RIFORME”. Basterebbe avere, in fondo, l’onestà per chiamare le

cose con il loro nome: senza usare formule patetiche e ingannatorie come “riforme”, “Jobs act”, e via

discorrendo, di ipocrisia in ipocrisia. È questa, in breve, la storia reale dal 1989 a oggi, al di là della lieta

narrazione che canta un mondo di libertà e democrazia. Quale libertà, in effetti, per i lavoratori ridotti

all’umiliazione permanente del voucher? Il voucher offende la dignità umana e segna l’apice

dell’alienazione, giacché riduce il lavoratore a merce disponibile, sottopagata e supersfruttata, alle

dipendenze della volontà padronale. Non serve – come falsamente si dice – a evitare il lavoro in nero:

serve, invece, a evitare contratti regolari, tutelati e dignitosi.

Voucher, lavoro non pagato (modello Expo di Milano), contratti intermittenti, stage come corvée

postmoderne: ecco il paradisiaco mondo delle libertà post-1989, il meglio che la religione del libero

mercato sappia venderci. La stessa eliminazione del reintegro nel posto di lavoro (prevista dall’ex Art. 18)

per chi viene licenziato senza giusta causa – sostituita da un generico risarcimento (art. 3 Jobs Act) – si

pone come la più bieca ridefinizione del lavoro inteso come diritto e dovere in concessione padronale

arbitraria e dipendente dalla volontà del buon signore di turno: concessione che, in quanto tale, può essere

revocata in qualsivoglia momento.

IL CAPITALE VINCE SENZA RESISTENZE. Siamo nel bel mezzo di un feudalesimo capitalistico: con

nuovi signori mondialisti e nuovi servi senza diritti; con nuove e radicali forme di rifeudalizzazione dei

legami sociali. Il capitale vince senza incontrare resistenze. Il lavoro sta perdendo giorno dopo giorno:

complice anche, ovviamente, la generosa operatività di forze che si dicono progressiste e che, di fatto,

favoriscono unicamente il progresso della mondializzazione capitalistica.

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lavoratori-e-sta-vincendo/207818/