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Da Infolampo: Aiutiamoli – Cura

aiutiamoiterremotatiAiutiamoli subito

Nuove scosse e tanta neve: le popolazioni del Centro Italia sono allo stremo. Occorre assicurare

interventi tempestivi per risolvere le immediate emergenze e dare concreto avvio alla ripresa delle

attività economiche e civili. La solidarietà della Cgil

di Alice Frei

“In questa situazione di emergenza bisogna potenziare la rete di assistenza. Ora è il tempo di farlo per

dare risposte adeguate”. Ad affermarlo è stata già ieri il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso,

ricordando che “Il nostro Paese sta soffrendo terribilmente, stretto nella morsa tra neve, maltempo,

terremoti e povertà”.

Una situazione drammatica, quella delle popolazioni

dell’area a cavallo tra Lazio, Umbria, Abruzzo e Marche

provata dalle scosse infinite e dalle avverse condizioni

meteorologiche. Alla quale serve con urgenza provvedere

con interventi tempestivi e coordinati per evitare che si

abbatta su quei cittadini la scure dell’abbandono.

E’ stata ancora Susanna Camusso a sottolineare la necessità

di “dare subito risposte serie, potenziando l’organico del

personale di soccorso e sicurezza, anche temporaneamente,

per garantire alle popolazioni interessate un’assistenza

adeguata. Si sommano, infatti, in queste ore emergenze ad

emergenze e occorre farsi carico di mettere in sicurezza le

popolazioni e i territori interessati”. Insomma, non lesinare

uomini e mezzi, per interventi straordinari, che – sottolinea

ancora il segretario della Cgil – sono “possibili anche in ragione delle affermazioni della Commissione

europea sulla possibilità di scomputare queste spese dai vincoli di bilancio”.

La solidarietà della Cgil è stata totale ed immediata sollecitando con varie prese di posizione come vada

fatto immediatamente tutto il possibile per garantire risposte adeguate alle popolazioni che in queste ore si

trovano in condizioni di notevole difficoltà e sofferenza. Per questo la Cgil ha richiamato l’esigenza di un

programma straordinario per potenziamento delle presenze dei corpi preposti e la necessità di destinare

maggiori risorse alle comunità colpite. La Confederazione di Corso d’Italia ha voluto esprimere la propri

a vicinanza “alle popolazioni coinvolte in un’emergenza che sembra non finire. Sarà cura della nostra

organizzazione portare aiuto immediato ai cittadini e ai lavoratori dei centri ulteriormente colpiti dal

sisma e sostenere le necessarie esigenze di quelle comunità presso le autorità di Governo, la Protezione

Civile e il Commissario Straordinario”. La situazione, lo ricorda la Cgil nazionale in una sua nota, si è

fatta vieppiù pesante per gli abitanti delle zone interessate: “All’emergenza abitativa e occupazionale

dovuta ai due sismi del 24 agosto e del 30 ottobre, non ancora mitigata si sono aggiunti il disagio di una

stagione invernale molto rigida e, da oggi, le conseguenze di quello che sembra essere un terzo episodio

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Referendum: la Cgil in

campagna «elettorale»

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Viaggio nel lavoro di cura

Il libro, appena uscito per Ediesse, racconta chi sono, cosa fanno e come vivono le badanti che lavorano

nelle famiglie italiane

di Sara Picchi

L’Italia è tra i paesi con il più alto numero di lavoratrici domestiche e di cura in Europa. Nonostante nel

2015 il mercato privato dei servizi di cura e domestici conti 886 mila lavoratrici regolarmente iscritte

all’Inps, questo settore riceve visibilità solo in corrispondenza delle sanatorie rivolte ai migranti e viene

generalmente percepito come un lavoro dequalificato e dequalificante. Invece questa categoria di

lavoratrici andrebbe osservata con più attenzione, per capire cosa significhi oggi un lavoro dignitoso in

questo settore e perché è così importante far emergere le trasformazioni che hanno coinvolto il lavoro di

cura e domestico nel tempo.

A quattro anni di distanza dall’ultima sanatoria, la ricerca Viaggio nel lavoro di cura. Chi sono, cosa

fanno e come vivono le badanti che lavorano in Italia edito da Ediesse, finalmente riporta l’attenzione su

questi temi. Focalizzandosi principalmente sugli anni della crisi economica, l’indagine promossa da Acli

Colf e realizzata dall’Istituto di ricerche educative e formative (Iref), raccoglie una serie di saggi in cui si

descrivono i risultati delle interviste condotte a 867 lavoratrici residenti in 177 comuni italiani impiegate

nell’assistenza diretta di anziani non autosufficienti. L’indagine pone al centro dell’analisi la figura della

“badante”, investigandone le condizioni di lavoro e retribuzioni, di salute, le mansioni, il progetto

migratorio, la soddisfazione rispetto al trattamento ricevuto dalla famiglia datrice di lavoro e alla

professione, il sistema contributivo.

Anche se l’indagine si focalizza sul contesto italiano caratterizzato da una consolidata legislazione in

materia di diritto del lavoro, lo sguardo d’insieme rimane teso a tracciare una connessione tra il tema delle

diseguaglianze e la distribuzione di cura e assistenza a livello transnazionale. Le vulnerabilità che

contraddistinguono questo tipo di occupazioni dipendono dal fatto che i sistemi globali di cura si basano

su scambi asimmetrici: dalle donne agli uomini, dalla popolazione migrante a quella ospitante, dalle classi

meno a quelle più abbienti, dai paesi poveri a quelli più ricchi. Infatti la rappresentazione tipica della

badante ormai ben consolidata nell’immaginario comune, si riconferma anche in questa ricerca: una

donna matura, proveniente dall’est Europa con un titolo di studio mediamente alto che abita nella casa

della persona che assiste. Tuttavia a dispetto dei dati medi, la ricerca affronta un viaggio svelando una

realtà sfaccettata di un settore occupazionale che risponde alle esigenze di una domanda destinata a

crescere e che raccoglie bisogni complessi e diversificati.

Le assistenti familiari occupano da sempre i margini del mercato del lavoro, in una zona grigia dove sono

le donne migranti ad essere principalmente esposte al lavoro sommerso e penalizzate in termini di salario

e condizioni di lavoro. La ricerca articola nel dettaglio ulteriori vulnerabilità che contraddistinguono il

lavoro delle assistenti familiari e che ne fanno un lavoro usurante, che ha forti ripercussioni a livello

psicofisico sulle lavoratrici – in particolare quelle coabitanti – e a rischio di molestie o violenza sul lavoro.

La qualità e quantità di informazioni raccolte in quest’indagine è la prima positiva novità da segnalare

considerando che in Italia la base informativa statistica disponibile, solo superficialmente cattura le

lavoratrici domestiche e di cura. La disponibilità di informazioni come quelle relative alla professionalità,

alla salute o alle mansioni, è infatti un tema non trascurabile se si vuole descrivere più a fondo una

professione difficilmente raggiungibile, dato il luogo di lavoro e rintracciabile, dato il sommerso. La

ricchezza delle informazioni in questa ricerca è il risultato di una lunga e intensa fase di raccolta che si è

articolata in due momenti: il primo preparatorio basato su 9 focus group con le lavoratrici e il secondo di

rilevazione. Un viaggio iniziato nel 2012 in profondità nel lavoro di cura che ci auspichiamo non si

interrompa, ma che trovi continuità metodologica e informativa.

Data l’abbondanza di elaborazioni, spunti di riflessione e aspetti presentati, di seguito verranno trattati

solo alcuni dei risultati e delle suggestioni che emergono dalla ricerca, quali il problema della

svalutazione e il riconoscimento della professione di assistente familiare e gli effetti della crisi

economica.

Svalutazione e non riconoscimento contro professionalità e consapevolezza

La cura è generalmente considerata un’attività e un’attitudine femminile, non tecnica e gratuita. La

svalorizzazione e il non riconoscimento sociale sono degli elementi che caratterizzano le attività

domestiche e di cura anche quando queste sono svolte a pagamento nel mercato privato. Non a caso uno

degli slogan promossi all’indomani della Convezione Ilo n. 189 recitava proprio “care work is work”. Più

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