Da Infolampo: il dubbio etico…. – Calcio
Il dubbio etico di visitare i campi di sterminio
Per il Giorno della memoria arriva in sala “Austerlitz” di Sergei Loznitsa: viaggio in un campo di
concentramento, tra selfie e panini dei turisti. La distribuzione Lab 80: “È il film giusto al momento
giusto per interrogarsi sul senso del ricordo”
di Emanuele Di Nicola
Una giornata nel campo di concentramento nazista di Sachsenhausen nel 2016. Questo è il semplice
assunto alla base di Austerlitz, il documentario di Sergei Loznitsa nelle sale italiane da oggi (25 gennaio),
distribuito da Lab 80 in occasione del Giorno della
memoria di venerdì 27. Il regista ucraino con la sua
troupe si è appostato nel campo in località di
Oranienburg, a 35 chilometri da Berlino, durante un
giorno d’estate. Quello che è riuscito a registrare è
diventato la sostanza del film. Con un risultato
spiazzante: vediamo turisti che si fanno selfie, foto di
famiglia, mangiano e chiacchierano, registrano tutto dai
cellulari, si aggirano in una normale attività di vacanza.
Il film, girato in rigoroso bianco e nero, non cerca di
indirizzare lo sguardo ma sceglie semplicemente di
mostrare: la sua durata (94 minuti) rispecchia il tempo di
una visita nel campo. E attesta le varie azioni che si
svolgono: ci sono le guide, a cui è affidato il compito di
tenere viva la memoria ma che sembrano ripetere
meccanicamente. Quindi gli studenti svogliati in visita, i
fidanzati che camminano insieme. Poi il momento della pausa pranzo, in cui i turisti si appostano davanti
ai forni crematori per consumare un panino. E ancora la dislocante foto di famiglia sotto la scritta Arbeit
Macht Frei. Il brusìo perenne che sentiamo, riuscendo appena a distinguere alcune parole, è quello di una
folla indistinta.
A ben vedere il documentario scorre su un doppio binario: da una parte i luoghi della memoria restano lì,
presenti dinanzi ai nostri occhi. Dall’altra si pone con forza il dubbio: è giusto visitare i campi di
sterminio? La memoria si può commercializzare? Attraverso la registrazione della realtà Loznitsa riflette
su questi nodi, senza dare risposte, li lascia alla nostra considerazione: una possibile lettura – naturalmente
– è già contenuta in ciò che stiamo guardando.
Il titolo è dovuto al romanzo Austerlitz di W.G. Sebald (edizioni Adelphi): nella storia Jacques Austerlitz
è un professore di storia dell’architettura, studioso di quei luoghi (edifici militari, stazioni ferroviarie,
penitenziari, tribunali) che, soprattutto nell’Ottocento, tendevano ad assumere forme involontariamente
visionarie, carichi di significati simbolici. Esattamente come accade per i campi di concentramento oggi.
Il film è stato presentato al Festival di Venezia 2016 fuori concorso. In quell’occasione il regista aveva
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Cgil Marche al fianco degli
studenti Gulliver-Udu di Ancona
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Calcio, i simboli decristianizzati per attrarre i mercati
arabi
Il Real Madrid cancella la croce per aumentare le vendite nei Paesi mediorientali. Una mossa già vista
in passato. I precedenti del Barcellona e del Paris Saint-Germain. E quelle accuse contro l’Inter.
Vendere è l’unica cosa conta, verrebbe da dire storpiando il motto della squadra più vincente d’Italia.
Anche a costo di snaturare i propri simboli pur di andare incontro alle esigenze dei mercati internazionali.
Accade così che il Real Madrid decida di deporre la piccola croce che sormonta lo storico simbolo a
seguito di un accordo siglato per distribuzione del materiale tecnico della squadra in alcuni Paesi del
Medio Oriente.
ACCORDO DA 50 MILIONI DI EURO. L’accordo, di durata quinquennale e che frutterà alle casse del
club spagnolo 50 milioni di euro, è stato siglato con Marka, una società di distribuzione con sede negli
Emirati Arabi Uniti. Società che acquisisce in questo modo i diritti esclusivi per la produzione, la
distribuzione e la vendita dei prodotti a marchio Real negli Emirati Arabi Uniti, in Arabia Saudita, Qatar,
Kuwait, Bahrein e Oman.
DUE PRECEDENTI NEL CORSO DI POCHI ANNI. Una decisione controversa, ma non inedita nel
panorama calcistico internazionale, con i top club particolarmente sensibili nei confronti delle miniere
d’oro offerte dagli investitori asiatici. Già in passato, nel 2012 prima e nel 2014 poi, il Madrid aveva preso
decisioni simili per l’utilizzo del suo brand nei resort e nelle banche degli Emirati Arabi. Poco importa che
la piccola croce si dorata trovasse sopra la corona dal 1920, quando re Alfonso XIII ebbe la brillante idea
di associare la ditta di famiglia a una squadra di calcio.
IL BARCELLONA TOLSE LA CROCE DI SAN JORDI. Ma i blancos non sono soli. Anche il
Barcellona non aveva esistato, nel 2007, a togliere la croce di San Jordi dal suo simbolo durante una
tournée in Medio Oriente, sostituendola con un’anonima linea rossa pur di vendere più magliette nei Paesi
musulmani. Non caso i main sponsor dei due colossi spagnoli sono Emirates e Qatar Airways.
RESTYLING PER IL PSG DEGLI SCEICCHI. E pure il Paris Saint-Germain, squadra di proprietà della
famiglia reale del Qatar, ha cambiato il suo stemma, in cui non compare più il simbolo della culla del
santo, elemento ritenuto offensivo nel mondo arabo perché associato a una dinastia che ha preso parte alle
crociate e simbolo della città di Saint-Germain. In Turchia, l’Inter finiì nell’occhio del ciclone per avere
indossato una maglia speciale, in occasione del centenario del club, in cui una grande croce rossa
campeggiava su sfondo bianco. Un avvocato si spinse a chiedere addirittura la sconfitta a tavolino dei
nerazzurri contro il Fenerbahce di l’utilizzo di una maglia che a suio dire omaggiava i templari,
offendendo tutta la comunità musulmana.
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attrarre-i-mercati-arabi/208036/