Da Infolampo: Voucher – La forza dei pensieri lunghi
Voucher e appalti, il decreto del governo è legge
Il Senato abolisce i buoni lavoro e ripristina la responsabilità solidale del committente con 140 sì, 49 no
e 31 astenuti. Una grande vittoria per il mondo del lavoro e la Cgil. Camusso: giornata importante, la
campagna prosegue con la Carta dei diritti
Il Senato ha approvato il decreto legge recante disposizioni urgenti per l’abrogazione delle disposizioni in
materia di lavoro accessorio nonché per la modifica delle disposizioni
sulla responsabilità solidale in materia di appalti. L’aula di Palazzo
Madama ha dato via libera al provvedimento, che dopo il sì della
Camera diventa legge, con 140 sì, 49 no, 31 astenuti. Prima del voto la
discussione generale sul disegno di legge di conversione del decreto si
è conclusa con tutti gli emendamenti respinti. Con l’approvazione
definitiva della legge, salvo sorprese, è formalmente archiviato il
referendum del 28 maggio, che convocava gli italiani ad esprimersi
esattamente su voucher e responsabilità solidale negli appalti. Sarà la
Corte di Cassazione a esprimersi.
La Cgil porta a casa una grande vittoria, frutto di una campagna senza
precedenti nella storia del sindacato. Ora la campagna prosegue con la
Carta dei diritti universali sul lavoro, presentata in Parlamento dalla
confederazione per una legge di iniziativa popolare.
“Da oggi abbiamo un Paese un po’ migliore di come l’avevamo
prima”. Sono queste le prime parole di Susanna Camusso, segretario
generale della Cgil, dopo l’approvazione definitiva da parte del Senato della legge, così come richiesto
dai referendum promossi dalla Cgil, referendum che, a questo punto, non dovrebbero svolgersi come ha
osservato la stessa Camusso, ricordando comunque che “l’ultima parola spetterà alla corte di Cassazione”.
Il leader Cgil ha parlato di un “risultato importante” e di una “giornata di festa”, perché “abbiamo
raggiunto un nostro obiettivo, abbiamo mobilitato il paese con idee, proposte e partecipazione, e alla fine
abbiamo avuto ragione”.
Ma questo non fermerà l’azione del primo sindacato italiano, ha avvertito Camusso: “Abbiamo subito
diversi appuntamenti importanti, dal 25 aprile al Primo Maggio, che celebreremo a Portella della Ginestra
per ricordare la strage di 70 anni fa. E poi ancora il 6 maggio, quando scenderemo in piazza a Roma, per
rilanciare la nostra sfida per i diritti, che non si concluderà finché la Carta universale non sarà legge,
finché, cioè, non avremo riscritto il diritto del lavoro in questo Paese”.
Storie di voucher: ecco cosa non c’è più
Foto: presidio al Pantheon
Lo speciale sul referendum
Ora la Carta dei diritti universali
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La forza dei pensieri lunghi
Un grande successo eliminare pagamenti a voucher e appalti facili, punto d’arrivo ma anche di partenza
per riaffermare la libertà e la dignità delle persone che lavorano. Un’alternativa di cambiamento in
senso positivo non solo esiste ma può anche vincere
di Altero Frigerio
Se c’è meno lavoro le donne lavorano ancora meno degli uomini (già oggi 20 punti di differenza a danno
dell’occupazione femminile) e nascono meno bambini.
Se c’è meno lavoro i giovani sono costretti a cercarsene uno all’estero, per lo più non all’altezza della loro
formazione e delle loro aspettative.
Se c’è meno lavoro e quello che c’è è precario, malpagato, con basse tutele e scarsi diritti, il reddito
complessivo del Paese ne soffre, aumentano la sfiducia, flette il potere d’acquisto, si compra e si vende di
meno.
Fermiamoci qui. La sintesi è facile: senza nuovo lavoro la crisi continuerà a far danni, aumenteranno le
diseguaglianze, cresceranno ancora rabbia e rancore, dunque il tessuto democratico rischia di essere
messo in discussione da facili scorciatoie populiste.
Ma prima il 4 dicembre poi il 19 aprile ci hanno plasticamente dimostrato che una alternativa di
cambiamento in senso positivo non solo esiste ma può anche vincere.
Avere imposto al governo e al Parlamento di eliminare pagamenti a voucher e appalti facili, ovvero due
tra le tante, troppe forme di non rispetto della libertà e della dignità delle persone che lavorano, è stata una
vittoria importante e affatto scontata. E di grande valore e significato in quanto non improvvisata e
tantomeno figlia dell’azzardo. L’anno passato a raccogliere le firme sui tre referendum (non
abbandoniamo mai il significato comune che lega buoni lavoro, responsabilità solidale e licenziamenti
illegittimi) si colloca a metà tra due pilastri dell’iniziativa sindacale che la Cgil ha messo in campo: il
Piano del lavoro e la Carta dei diritti universali.
Un percorso complesso, non facile da far maturare a pieno, che si è scontrato con incrostazioni e
resistenze di vario tipo, ma con una sua forza intrinseca che ha portato anche i risultati positivi di queste
ore.
Il Piano del lavoro, volenti o nolenti, era e resta una proposta all’altezza delle necessità di questo Paese,
delle sue criticità e delle sue potenzialità Se non ci si vuole arrendere al declino, in uno scenario
economico che ha visto sommarsi alle ricette montiane del rigore e dell’austerità le politiche dei bonus
elettorali e delle decontribuzioni a pioggia del periodo renziano, allora va imboccata la strada degli
investimenti, pubblici innanzitutto, della ricostruzione del profilo produttivo del paese valorizzando la sua
manifattura, degli interventi che, partendo dalle emergenze, facciano delle parole sicurezza, territorio e
ambiente i cardini della rinascita di un paese oggi prostrato e a corto d’ossigeno.
Le 42mila assemblee sulla Carta, ancor prima dei tre milioni di firme per i referendum, hanno detto che
c’era bisogno, attesa, necessità di nuovi strumenti anche giuridici per uscire dal guado, dalla palude di un
lavoro che giorno dopo giorno è andato perdendo il suo valore sociale per trasformarsi in merce sempre
più a buon mercato, ovvero al ribasso sia in termini salariali che di tutele, collettive e individuali. Con la
Carta è apparso chiaro che un “altro diritto del lavoro è possibile”, un giuslavorismo moderno, adeguato
ai tempi correnti, inclusivo non a parole ma proprio nelle norme che lo regolano, che supera schemi e
allarga orizzonti.
Il binario Piano del lavoro-Carta dei diritti universali con in mezzo la battaglia vinta su voucher e appalti,
dice alla Cgil che le battaglie giuste sono quelle che si danno, che i principi che l’hanno animate
riguardano il futuro, che quella intrapresa resta la via maestra. La centralità riconquistata per il lavoro (e
per il Quadrato rosso) è un dato effettivo ed oggettivo di questa stagione e già questa è una bella vittoria.
Ha cambiato il segno di una lunga stagione che complice la crisi economica, ha messo anche il sindacato
in difficoltà, sulla difensiva, di fronte alla disgregazione, alla polverizzazione della nuova organizzazione
produttiva che nel passaggio dalla linea di montaggio al “lavoro a pedali” dei fattorini della pizza a
domicilio, ha perso rappresentanza e riferimenti.
C’è dunque una nuova bella responsabilità di cui farsi carico, per una volta forti di una vittoria e non di
una sconfitta. Questa ritrovata centralità del lavoro impegna la Cgil a proseguire con la stessa lucidità e
determinazione nella sfida intrapresa. Con i suoi contenuti, i suoi obiettivi, questa sfida va resa ancor più
evidente, deve dotarsi di nuovi strumenti e nuove alleanze (in alto e in basso, si sarebbe detto un tempo),
consolidando il rapporto con i cittadini e la loro quotidianità come le Camere del lavoro hanno dimostrato
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