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Infolampo: Apesociale – 5X1000

ape-sociale-imgCgil: pubblicare decreti Ape sociale e precoci e riavviare

dialogo

Ghiselli: “La fase uno del confronto non si riesce a chiudere in modo positivo, mentre nei

fatti non decolla neanche la fase due, in cui si dovrà parlare di giovani, flessibilità in

uscita, lavoro di cura, previdenza complementare e rivalutazione pensioni

“La situazione è insostenibile. A un mese dalla scadenza dei termini per la presentazione

delle domande per accedere all’Ape sociale e

alle misure per i lavoratori precoci, ancora

non sono stati pubblicati in Gazzetta

Ufficiale i relativi decreti”. Così il segretario

confederale della Cgil Roberto Ghiselli.

“In questo modo, si rischia di compromettere

l’accesso al diritto a decine di migliaia di

lavoratori, tutti con alle spalle lunghi anni di

lavoro, disoccupati, invalidi o che assistono

persone non autosufficienti. Per non parlare –

continua il dirigente sindacale – dei disagi

che la ristrettezza dei tempi comporterà per i lavoratori, le loro imprese e le strutture dei

servizi, per la predisposizione della documentazione”.

Il segretario confederale denuncia che “la fase uno del confronto sulle pensioni non si

riesce a chiudere in modo positivo, mentre nei fatti non decolla neanche la fase due, in cui

si dovrà parlare di giovani, flessibilità in uscita, lavoro di cura, previdenza complementare

e di rivalutazione delle pensioni, trovando anche soluzioni definitive per altre annose

situazioni ancora non risolte. Quindi, invitiamo il governo a favorire la rapida

pubblicazione dei decreti e delle successive circolari Inps e a riavviare il confronto sulle

altre questioni aperte”.

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dialogo

Disoccupazione da record nelle Marche

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5 per mille, 10 anni di donazioni tra furbetti e dubbie

utilità

Airc ed Emergency i principali beneficiari. Ma non mancano yacht club, beauty center e circoli di ippica.

Che frammentano la giungla del terzo settore. Oltre a frodi e firme pilotate. Il bilancio.

di Guido Mariani

Una “donazione” che non costa nulla, ma che alimenta ricerca, volontariato e terzo settore. Una tassa

“buona” non priva di qualche criticità. Il 5 per mille è ormai in Italia un’importante voce nel bilancio

delle realtà del mondo no profit, un meccanismo contributivo che ha da poco compiuto il giro di boa dei

10 anni e di cui ormai è possibile stilare un bilancio di medio periodo.

UN “8 PER MILLE” PER IL NO PROFIT. La storia del 5 per mille inizia con la finanziaria 2006, quando

venne introdotto in via sperimentale per iniziativa dell’allora ministro delle Finanze Giulio Tremonti. Si

trattava di un nuovo sistema di contribuzione che il ministro stesso definiva «un “8 per mille” a favore del

terzo settore». Lo scopo era delegare al cittadino la possibilità di decidere a chi erogare i fondi che lo

Stato avrebbe comunque intitolato a quell’ambito attraverso la destinazione di una quota pari al 5 per

mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche.

LIBERA SCELTA DEL CONTRIBUENTE. Tecnicamente era l’applicazione pratica del principio di

sussidiarietà orizzontale fiscale. Spiegava Tremonti nella relazione al disegno di legge: «Il contribuente

viene messo nelle condizioni di effettuare una libera scelta in ordine ai soggetti che intende finanziare,

perché ha conoscenza, diretta o indiretta, della loro capacità di svolgere efficacemente servizi sociali

meritori».

Ai cittadini veniva chiesto come indirizzare i fondi, ma l’ammontare complessivo della cifra era

comunque deciso preliminarmente dallo Stato. Indipendentemente dalle decisioni dei contribuenti infatti,

il valore del fondo non è la somma effettiva dei “5 per mille” delle circa 40 milioni di dichiarazioni Irpef

degli italiani, bensì una quota stabilita. La legge 190 del 2014 voluta dal governo Renzi ha ampliato e

fissato questa cifra a 500 milioni di euro. In parole semplici gli italiani decidevano (e decidono) come

dividere una torta la cui dimensione è decisa dallo Stato.

OGGI CI SONO 50 MILA ORGANIZZAZIONI. Il problema di questa torta sono coloro che competono

per averne una fetta. Oggi in Italia sono più di 50 mila le organizzazioni che possono essere destinatarie

dei fondi, un mondo caotico in cui compaiono enti e realtà blasonate, ma anche una galassia polverizzata

di piccole e piccolissime realtà sparpagliate sul territorio e che disegnano un quadro di enorme

frammentazione del cosiddetto “terzo settore”. Una giungla, un universo di sigle e associazioni sui cui è

lecito esprimere qualche dubbio circa la loro pubblica utilità.

DAL VOLONTARIATO ALLA RICERCA. Ad aprile 2017 l’Agenzia delle entrate ha pubblicato gli

elenchi ufficiali con i dati relativi al numero delle preferenze espresse dai contribuenti nel 2015 per la

destinazione del 5 per mille e gli importi attribuiti agli enti che hanno chiesto di accedere al beneficio. Gli

elenchi sono divisi in base alle categorie di beneficiari: enti del volontariato (39.168), ricerca sanitaria

(106), ricerca scientifica (421), associazioni sportive dilettantistiche (7.060). A questi soggetti si devono

aggiungere anche i Comuni, 8.088. In totale 54.843 referenti, un numero costantemente in crescita.

“Si è arrivati a un’interpretazione troppo estensiva dei “servizi sociali meritori”: tra i beneficiari

compaiono yacht club, centri yoga, associazioni “vegan” e società per la cremazione dei defunti”

Negli ultimi anni si registra l’impennata costante delle società sportive più che raddoppiate rispetto al

2008. Sicuramente si è arrivati a un’interpretazione troppo estensiva dei “servizi sociali meritori” a cui

faceva riferimento Tremonti. Solo così si può interpretare la presenza nei beneficiari di sette yacht club

sparsi in giro per l’Italia (uno tra l’altro in una città notoriamente affacciata al mare come Bergamo), 10

centri yoga, 28 circoli e associazioni scacchistiche, sette circoli di ippica, tennistici, filatelici e

numismatici, associazioni “vegan” e organizzazioni sportive dai nomi decisamente simili a quelli di centri

estetici o palestre come “move your body”, “body beauty center” o “body fitness”.

TORTA SMINUZZATA DA PICCOLE REALTÀ. Se non altro in questi casi si parla di persone in vita

visto che nel novero compaiono anche 12 società per la cremazione dei defunti. Molte di queste piccole

realtà percepiscono solo briciole, se percepiscono qualcosa. Dagli elenchi dell’Agenzia delle entrate si

apprende che circa 1.800 potenziali beneficiari non ricevono neppure un euro, 995 sono stati indicati da

un solo contribuente. Circa 20 mila associazioni non raggiungono i mille euro, ma sminuzzano comunque

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tra-furbetti-e-dubbie-utilita/211199/