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Infolampo: Ius soli – pensioni

ius-soli-grillo1Slitta lo Ius soli, il governo fa marcia indietro
Al Senato salta il voto sul ddl. Cgil: “Un atto di debolezza culturale e politica. La mobilitazione
continua”. Nel frattempo a Montecitorio il sit-in della campagna “L’Italia sono anch’io”. Danesh: la
legge conviene alla società e all’economia italiana
È saltato al Senato il voto sullo Ius soli, per la Cgil è un atto di debolezza culturale e politica. Il ddl sulla
cittadinanza scompare dal calendario dei lavori di Palazzo Madama per tutto il mese di settembre. Il
capogruppo dei senatori Pd, Luigi Zanda, ha confermato
l’obiettivo di approvare il provvedimento ma, ha detto,
“serve una maggioranza che ora al Senato non c’è”.
“Ancora una volta il governo fa marcia indietro su un tema
che è innanzitutto un principio di civiltà. Il rinvio
dell’approvazione dello Ius Soli è un atto grave che
dimostra debolezza culturale e politica sulle questioni
legate all’integrazione di persone che risiedono stabilmente
nel nostro Paese e di cui si sentono pienamente cittadini”. É
il commento di Giuseppe Massafra, segretario confederale
della Cgil. “Proseguiremo quindi la nostra mobilitazione –
aggiunge il dirigente sindacale – costruendo alleanze nella
società. Sono un milione gli italiani in attesa che venga loro
riconosciuta la cittadinanza. Abbiamo dunque un milione di buoni motivi per chiedere l’immediata
approvazione della legge. Basta rinvii. Non vogliamo più aspettare”.
Oggi, 12 settembre, si è tenuto a Roma, in piazza Montecitorio alle ore 14, un presidio organizzato dalla
campagna “L’Italia sono anch’io”, di cui la Cgil fa parte. È proseguita così la mobilitazione per chiedere
con forza al Senato di approvare entro settembre la legge sulla cittadinanza, prima dell’annuncio dello
slittamento. Nonostante le dichiarazioni di esponenti del governo e della maggioranza che dicono di voler
approvare la legge che riforma la cittadinanza in questa legislatura, infatti, non si sa ancora quando si
terrà la discussione. I promotori della campagna ricordano in una nota che lo stesso presidente del
Consiglio Gentiloni aveva definito la riforma “una conquista di civiltà”. E ora si aspettano che sia
“dunque conseguente con le sue affermazioni, ricorrendo anche alla fiducia se necessario per velocizzare i
tempi di approvazione”.
“Abbiamo fatto molte manifestazioni e sit-in in questi anni: siamo stati in piazza ogni martedì per tre
mesi”. Così Kurosh Danesh, dell’Ufficio immigrazione della Cgil nazionale, ha parlato a RadioArticolo1
dal presidio (ascolta il podcast integrale). “La consapevolezza della politica su questo tema c’è – ha
spiegato il sindacalista -, il problema è che spesso alcune forze politiche si dicono favorevoli allo Ius soli,
poi non danno seguito alle loro dichiarazioni”. Un provvedimento che, se approvato, “conviene alla
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Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/slitta-lo-ius-soli-il-governo-fa-marcia-indietro
Tavolo sulle pensioni, ora
servono delle risposte chiare

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Trasporto pubblico locale, le debolezze del sistema
italiano
Parco mezzi malandato, partecipate in rosso, disservizi. Ma soprattutto l’attaccamento all’auto nonostante
il traffico ci faccia perdere fino al 3% del Pil. Senza contare inquinamento e incidenti. Fotografia di un
Paese in ritardo.
di Carlo Terzano
Se la ripresa economica stenta a farsi vedere, forse è perché è rimasta imbottigliata nel traffico. Non è una
battuta, ma il risultato della ricerca sul «Futuro della mobilità urbana» presentata a Cernobbio. Mentre nel
resto d’Europa si punta sempre più sul trasporto pubblico locale per liberare le grandi arterie di
comunicazione, in Italia continua a prevalere la logica individualistica. Va detto però che non sempre la
colpa è di un servizio che non funziona (anche se in Italia gli esempi non mancano), ma anche della
nostra mentalità. E le ricadute sono enormi: dalla qualità della vita fino all’inquinamento e ai costi sociali.
Ogni minuto speso in un ingorgo stradale fa ticchettare un tassametro invisibile che grava sul Pil. Nelle
città italiane, nelle ore di punta, ci si muove a passo di processione: 7 chilometri all’ora. Siccome il 79%
degli spostamenti avviene su gomma, questo vuol dire che, oltre agli impiegati e ai professionisti, nelle
code sulle tangenziali e lungo le autostrade restano intrappolate anche le merci in attesa di lavorazione o
di distribuzione.
DANNO ALLA COMPETITIVITÀ. Le congestioni del traffico costano al Paese dal 2 al 3% del Pil (tra i
30 e i 50 miliardi di euro), il doppio della media europea, secondo una ricerca che The European House
Ambrosetti ha realizzato per conto di Finmeccanica. Sempre nel report si legge che le inefficienze
logistiche influiscono notevolmente sul nostro appeal in quanto a competitività, con un costo di 40
miliardi annui. «Solo dimezzando i tempi di spostamento in linea con i principali Paesi europei», ha
dichiarato a Cernobbio l’amministratore delegato di Ferrovie, Renato Mazzoncini, «l’Italia potrebbe
risparmiare tra 5,5 e 7 miliardi all’anno, ovvero tra lo 0,34% e lo 0,44% del Pil». Se a tutto questo
aggiungiamo che i nostri mezzi pubblici impiegano un’ora per coprire una tratta di 5 chilometri (la metà
esatta della media europea), si intuisce perché la ripresa economica tardi ancora ad arrivare.
Un trasporto pubblico locale poco efficiente si traduce in un maggior numero di auto in strada e questo
aumenta non solo i livelli di CO2 nell’aria, ma anche la possibilità di incidenti. Il nostro Paese paga ogni
anno un tributo altissimo di vite spezzate sull’asfalto. Secondo il più recente rapporto della Commissione
Ue sulla sicurezza stradale, tra il 2015 e il 2016 si è registrata una significativa riduzione della mortalità
in strada: -5%. Tuttavia, continuiamo a essere uno degli Stati europei dove il tasso rimane più elevato,
complice sopratutto la scarsa attenzione mentre si è al volante (la maggior parte degli incidenti continua a
essere causata dall’uso del cellulare).
COSTO SOCIALE PARI A UNA LEGGE DI BILANCIO. I Paesi Ue con il tasso più basso di mortalità
per milione di abitanti sono: Svezia (27), Gran Bretagna (28), Olanda (33), Spagna e Danimarca (37),
Germania (39), Irlanda (40) e Austria (49). Noi ci fermiamo a 54 morti ogni milione di abitanti, a pari
merito con la Francia e il Portogallo. Segue il Belgio con 56. Peggio solo i Paesi dell’Est Europa: Bulgaria
(99), Romania (97), Lettonia (80), Polonia (79), Grecia (77), Repubblica Ceca (59). Il costo sociale resta
altissimo: per fare un esempio, i 173.892 incidenti stradali del 2015, oltre a causare la morte di 3.419
persone, secondo Aci-Istat sono costati al sistema Paese 17,5 miliardi di euro. L’equivalente di una delle
ultime leggi di Bilancio.
Stando ai dati Eurostat relativi al 2016, siamo e restiamo tra i più grandi inquinatori del Vecchio
Continente. Precisamente il terzo Paese, davanti a noi il Regno Unito. Dunque, se non invertiamo la
tendenza, saremo presto i secondi, visto che, con la Brexit, probabilmente le emissioni d’Oltremanica non
verranno più calcolate nelle classifiche diffuse dalle istituzioni comunitarie.
IL 27% DELLE EMISSIONI VIENE DALLE AUTO. La maglia nera, nerissima, come i fumi che escono
dalle sue ciminiere e dai tubi di scappamento, spetta alla Germania, responsabile da sola del 22,9% delle
emissioni inquinanti nel 2016. Il problema, però, è che la Germania è anche la locomotiva d’Europa, e
questo è il prezzo da pagare quando si ospita sul proprio territorio un gran numero di industrie. L’Italia
insegue nella classifica degli inquinanti ma non è altrettanto ben piazzata in quella della produttività. Le
nostre emissioni hanno dunque origine soprattutto in strada, negli ingorghi (27%, 3 punti sopra la media
Ue), nelle case e nei negozi, a causa degli impianti di riscaldamento.
L’immagine stereotipata che hanno di noi all’estero ci vuole amanti delle belle donne, del buon cibo e
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