Infolampo: occupazione – stalking
Cresce l’occupazione, ma è debole e povera
Secondo un report realizzato dalla Fondazione Di Vittorio, il recupero rispetto ai livelli raggiunti nel
2008 si deve al balzo in avanti dei contratti a tempo determinato. Aumenta il part time, soprattutto
involontario, calano le ore lavorate
Nei commenti alle rilevazioni Istat degli ultimi mesi l’attenzione maggiore si è incentrata sul ritorno del
numero totale degli occupati al livello del 2008. Sicuramente un recupero significativo, ma di che
occupazione si tratta? Secondo il report sull’occupazione del mese di ottobre realizzato dalla Fondazione
Di Vittorio, il recupero si deve al balzo in avanti del lavoro
dipendente a termine (il tempo determinato raggiunge il
numero più alto dal 2004 a oggi, arrivando a 2,8 milioni, con
un aumento di quasi un milione rispetto all’anno iniziale).
Non solo. A fronte di una sostanziale parità del tempo
indeterminato, si registra un forte calo del lavoro autonomo
(che scende ad agosto a quota 5,3 milioni, circa 900 mila in
meno rispetto al 2004), mentre cresce il part time, soprattutto
involontario, che raggiunge nel suo complesso i 4 milioni e
329 mila occupati (un milione in più rispetto al 2008). Ma il
dato forse più interessante che emerge dal report è un altro: a
questi numeri complessivi non corrisponde un eguale
innalzamento delle ore lavorate (nel secondo trimestre 2017
sono il 5,8% in meno di quelle del 2008, 10,9 contro 11,6
miliardi) e delle unità di lavoro standard, vale a dire gli equivalenti a tempo pieno (il 4,5% in meno, 1,15
milioni di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno in meno nel 2017 rispetto al 2008).
Insomma, al di là della retorica sulla crescita numerica degli occupati, la verità è che in Italia siamo ben
lontani dalla piena o anche “massima” occupazione, sia per numero di ore lavorate, sia per unità di
lavoro, sia anche – rispetto alla media europea – per tasso di occupazione. “I numeri – commenta Fulvio
Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio – dimostrano come sia profondamente cambiato e
peggiorato il mix di occupazione. L’aumento del numero dei precari sommato al part time involontario
produce una cifra record di oltre 4,5 milioni di persone che svolgono un’attività che non hanno scelto e
che non vorrebbero”.
“Alla crescita degli occupati – osserva Tania Scacchetti, della segreteria confederale Cgil – non
corrisponde una crescita analoga dei posti di lavoro standard e delle ore lavorate. Segno che il lavoro che
si è generato in questi mesi è più debole, più precario, più povero e quindi non riesce a migliorare
significativamente gli indicatori che, nonostante la ripresa del Pil e della crescita, ci tengono lontani dai
principali Paesi europei, come Francia, Germania e Regno Unito: tasso di occupazione e indice di
disoccupazione”.
Per questo, a giudizio della sindacalista, serve forte discontinuità nelle scelte di politica economica: “La
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In Salento è emergenza sanità.
L’appello dei sindacati
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Stalking, radiografia di una piaga sociale che colpisce tre
milioni di donne
Dal 2009 una legge punisce chi mette in atto comportamenti persecutori nei confronti di una persona. Un
provvedimento che, secondo i dati dell’Istat, ha aiutato moltissime donne. Ma con la riforma Orlando
sarà possibile estinguere il reato con un semplice risarcimento in denaro, anche senza il consenso della
vittima
di Luigi Gaetani
Appena 1500 euro per essere assolti dall’accusa di stalking. Dal tribunale di Torino arriva uno dei primi
esempi di applicazione del nuovo istituto sulla giustizia riparativa, introdotto dalla riforma Orlando, che
permette di essere prosciolti da un’imputazione per “atti persecutori” pagando una semplice multa, anche
senza il consenso della vittima. Il reato di stalking è stato introdotto in Italia con una legge del 2009 e
consiste nel molestare ripetutamente una persona, provocando nella vittima un continuo stato di ansia o di
paura, costringendola a cambiare le proprie abitudini di vita. Un incubo nel quale, almeno una volta nella
vita, sono entrate più tre milioni di donne italiane. Una minaccia che può arrivare dal proprio ex partner,
ma spesso anche da conoscenti occasionali o da perfetti sconosciuti.
Secondo uno studio dell’Istat, pubblicato nel 2016, il 21,5 percento delle donne fra i 16 e i 70 anni, pari a
2 milioni e 151 mila, avrebbe subito comportamenti persecutori da parte di un ex partner nell’arco della
propria vita. Quasi il 10 percento quelle che sono state vittima di stalking “grave”, mentre sarebbero circa
2 milioni e 300mila le donne che nell’arco della propria vita hanno subito comportamenti persecutori da
persone diverse dagli ex partner. I dati del ministero dell’Interno confermano che dall’entrata in vigore
della nuova norma nel 2009, le denunce sono aumentate anno dopo anno, fino a stabilizzarsi a partire dal
2014.
Francesca Garisto, avvocata penalista e vicepresidente della Casa delle donne maltrattate , spiega: «Con
la legge del 2009 abbiamo raggiunto un obiettivo cruciale, perché è nata una figura di reato specifica, il
cosiddetto stalking appunto. Fino all’entrata in vigore della norma gli atti persecutori erano considerati
ognuno come una singola e autonoma azione, spesso nemmeno punibile come reato minore. Atti che
invece, se inseriti in un contesto globale, hanno rilevanza penale».
Nel 2016 l’Istituto nazionale di statistica ha pubblicato uno studio che fa il punto della situazione per
quanto riguarda le donne vittime di comportamenti persecutori. Ad averli subiti, almeno una volta nella
vita, sono più di tre milioni di italiane, da ex partner ma anche da semplici conoscenti o da perfetti
sconosciuti. Dal report emerge chiaramente come la legge del 2009 abbia rappresentato un grande aiuto
per molte di loro
Esempio tipico è l’ingiuria, un reato che di per sé è stato depenalizzato, ma che invece è uno dei
comportamenti classici che configurano lo stalking. Secondo l’avvocata, pur esistendo una quantità di casi
“sommersi” che non vengono denunciati, la legge ha contribuito moltissimo alla sensibilizzazione sul
tema e ha rappresentato un concreto aiuto per le donne, anche grazie al meccanismo dell’ammonimento:
«A volte lo sconsiglio – spiega Garisto – perché lo ritengo inadatto alla situazione. Spesso però lascio che
sia la donna a decidere. Penso che l’ammonimento sia un buono strumento quando dall’altra parte c’è una
persona che in qualche modo possa recepirlo. Può essere un buon deterrente e soprattutto è rapido: il
questore, una volta compreso che le evidenze ci sono, in 15 giorni convoca il presunto stalker nella
stazione di polizia di zona – e se il soggetto non si presenta la Polizia lo va a cercare – e gli notifica un
atto in cui lo diffida dal mantenere la propria condotta nei confronti della parte lesa. Di solito vengono
anche date indicazioni di non avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla vittima o alla sua abitazione. E se poi
le indicazioni del questore non vengono rispettate, si procede d’ufficio». I dati dell’Istat parlano chiaro: il
66% delle donne afferma che già con l’ammonimento, quindi senza aprire un procedimento penale, i
comportamenti persecutori cessano.
Ma i frutti della norma del 2009 rischiano di essere vanificati. Con la legge di riforma del sistema penale,
la cosiddetta riforma Orlando, approvata in via definitiva il 14 giugno e in vigore dal 3 agosto, nel codice
penale è stato introdotto il nuovo articolo 162ter, che prevede la possibilità dell’estinzione di alcuni reati a
seguito di “condotte riparatorie”, cioè del pagamento di un risarcimento in denaro. Interessati dal
provvedimento sono i reati a querela remissibile, tra cui anche le forme di stalking “non gravi”. Oggi,
quindi, una volta presentata un’offerta di risarcimento da parte del presunto molestatore, sarà il giudice a
valutare se la somma è congrua e potrà quindi decidere di estinguere il reato, anche senza il consenso
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