Infolampo: Ferpa – occupate
Pensionati in Europa, assemblea della Ferpa
Al via l’Assemblea di metà mandato della Ferpa, il sindacato europeo dei pensionati, riunita fino a
dopodomani a Roma, in onore dei 60 anni dei Trattati che hanno istituto l’Unione Europea. Tre giorni di
riflessione sul futuro degli anziani d’Europa, sempre più deboli e con meno tutele.
L’assemblea si apre a poco più di un mese da un appuntamento cruciale: il vertice sociale per
l’occupazione e la crescita promosso dalla Commissione Europea che si terrà il 17 novembre a Goteborg,
in Svezia. Una tappa importante per la costruzione di quello che è stato definito Pilastro Sociale.
La Ferpa sarà presente con dei propri rappresentanti, insieme
alla Confederazione europea dei sindacati (Ces) per chiedere
a gran voce che i diritti sociali vengano messi finalmente
sullo stesso piano delle libertà economiche all’interno dei
trattati europei.
Carla Cantone, segretaria generale della Ferpa, che ha aperto
la prima giornata dell’Assemblea, ha sottolineato che le
iniziative messe in campo e quelle ancora da mettere in
campo per i diritti degli anziani sono ancora tantissime.
Dall’inizio del suo mandato, in questi due anni Carla Cantone
ha lavorato per combattere le discriminazioni di cui sempre
più spesso gli anziani sono vittime. “Abbiamo lavorato per la
difesa della salute e della protezione sociale, della tutela
dell’invecchiamento attivo. Abbiamo dato il nostro contributo
alla Ces anche sui temi del lavoro e della precarietà, perché
vogliamo dare un futuro solido ai giovani e vogliamo
sostenere il sistema pensionistico” – ha detto nel suo intervento. “Occorre contrattare le condizioni degli
anziani in ogni Paese. Serve una politica non solo assistenziale verso la povertà, ma della povertà, per
sconfiggerla davvero”.
Anche Luca Visentini, segretario generale della Ces, intervenuto all’Assemblea, ha sottolineato la
necessità di ricostruire un modello sociale europeo, sotto attacco ormai da troppi anni. “Bisogna difendere
i diritti dei lavoratori e dei pensionati. Bisogna uscire dagli anni bui”. Visentini ha richiamato l’attenzione
sull’urgenza di interventi su sanità, pensioni e assistenza. Per questo la collaborazione tra Ces e Ferpa è e
sarà massima, perché gli interessi degli anziani e dei pensionati devono essere prioritari per tutta
l’Europa, insieme alla difesa dei diritti dei più deboli, dei giovani senza lavoro, dei lavoratori con salari
sempre più bassi. “E’ giunto il momento di mobilitarci. Bisogna portare adesso a casa dei risultati. Quella
dei diritti sociali è una battaglia di civiltà”.
Dello stesso avviso il segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti che ha ribadito l’assoluta necessità
di mobilitarsi a livello europeo. “Tutti insieme, sindacati del Mediterraneo e sindacati dei paesi del Nord
Europa. Bisogna confrontarsi e agire congiuntamente”. Pedretti ha parlato della difesa dei redditi da
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Cgil, Cisl e Uil in piazza per il
Cittadinanza Day
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Crescono le occupate, ma le madri si dimettono
L’Italia è al suo record storico di occupazione femminile, lo riconfermano gli ultimi dati diffusi dall’Istat,
che attestano un 48,9% di occupate nel nostro paese. Su inGenere abbiamo spiegato perché questo è
accaduto proprio durante la crisi e come si traduce in termini di redditi e bilanci familiari.
Tuttavia, c’è bisogno di ricordarlo, siamo ancora distanti dalla media europea (65,3%) e tra i paesi Ocse
l’Italia è al quarantunesimo posto per partecipazione femminile al mercato del lavoro e al terzo per tasso
di inattività.
Il dato più significativo di questi giorni arriva proprio dall’Ispettorato del lavoro, che registra una
diffusione consistente di dimissioni volontarie da parte delle lavoratrici madri. Nel 2016, riporta l’istituto
nel suo ultimo rapporto, il 78% delle dimissioni volontarie ha riguardato le lavoratrici madri, e solo il
22% i lavoratori padri. Parliamo di 27.443 donne, a fronte delle 25.620 dell’anno precedente, che rispetto
al totale rappresentano una lieve flessione percentuale.
Quella che cresce è la percentuale di lavoratrici che si licenziano perché non ce la fanno a gestire lavoro e
figli. Le difficoltà nel conciliare la cura dei figli con il lavoro nel 2016 è stata infatti alla base di 13.854
dimissioni – il 44% in più rispetto a quelle rilevate nel 2015. Nel 98% dei casi questo ha riguardato le
donne. Tra le motivazioni più frequenti: assenza di parenti di supporto, mancato accoglimento al nido,
costi troppo elevati per delegare l’assistenza dei neonati a nidi privati o baby sitter.
Un fenomeno tanto diffuso quanto sintomatico di un sistema di servizi e politiche insufficienti a garantire
la piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro. “La carenza dei servizi sociali, soprattutto nel
Mezzogiorno, e un insufficente sostegno alla maternità e paternità fanno sì che il 30% delle madri che
hanno un lavoro lo interrompe alla nascita del figlio” commenta nel suo ultimo rapporto l’Alleanza
italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), rete di esperte ed esperti che sta vigilando sul raggiungimento
degli obiettivi dell’Agenda 2030 in Italia.
“Con l’ultima Legge di Bilancio sono stati prorogati per il 2017 e 2018 i voucher per gli asili nido e sono
stati istituiti il ‘Bonus bebè’ (1000 euro annui per l’iscrizione in asili pubblici o privati per i nati dall’anno
2016, non detraibile fiscalmente) e il ‘Bonus mamma domani’ (800 euro per le nascite – o per le adozioni-
del 2017, che può essere chiesto dalla mamma al compimento del settimo mese di gravidanza)” ricorda
l’Asvis, piccole misure che purtroppo non bastano.
Per cambiare davvero le cose c’è bisogno di investire nei servizi all’infanzia e predisporre un sistema di
congedi di paternità obbligatori e abbastanza duraturi da fare la differenza, e su quest’ultimo punto il
gruppo interparlamentare sulle pari opportunità sta conducendo in Italia una lunga e faticosa battaglia, che
trova sostegno nella recente approvazione del Social pillar europeo.
E invece al momento “solo un bambino su quattro tra gli zero e i due anni in Italia è, in effetti, affidato
alle cure di servizi formali di assistenza all’infanzia” riporta l’Ocse nel rapporto appena diffuso sulla
gender equality.
Nel nostro paese le donne “svolgono la maggior parte del lavoro domestico non retribuito, hanno accesso
limitato ad asili nido a prezzi accessibili ed a posti di lavoro flessibili che potrebbero aiutarle a gestire
lavoro e famiglia; inoltre il sistema attuale continua a favorire le madri – invece che i padri – a prendere il
congedo familiare” ricorda ancora l’Ocse nell’ultimo rapporto sulle competenze. Questa, però, ci tiene a
sottolineare, è solo una parte della storia. “Il tasso di fertilità in Italia è tra i più bassi dell’area Ocse, l’età
media in cui una donna ha il suo primo figlio è abbastanza alta e ci sono molte donne senza figli”. Non è
un caso che, al contrario di quello che spesso si pensa, occupazione femminile e natalità crescano
insieme.
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