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Censis, ripresa debole, cresce il rancore degli italiani

La ripresa c’è e l’industria va: una crescita costante dal primo trimestre 2015. Il dato del primo semestre 2017 (variazione positiva del 2,3%) è il migliore tra i principali Paesi europei. Fanno eccezione, in questa operazione di “resilienza”, gli investimenti pubblici, anche se ci sarebbe molto da fare, a partire dalle catastrofi naturali che, in settant’anni, hanno provocato oltre 10mila vittime, oltre a danni economici per 290 miliardi di euro. Crescono i consumi: tra il 2013 e il 2016 la spesa delle famiglie è salita di 42,4 milioni di euro, segnando la risalita dopo il tonfo dalla crisi del 2008, alla ricerca di una buona qualità quotidiana della vita. Anzi, entra in gioco un nuovo fattore: la felicità soggettiva quotidiana. Il 45,4% degli italiani è pronto a spendere un po’ di più, magari tagliando altri consumi, per potersi concedere almeno una vacanza all’anno, il 40,8 per prodotti alimentari di qualità, il 32,3 per mangiare fuori casa in ristoranti e trattorie, il 24,7 per comprare abiti e accessori a cui tiene, il 17,4 per il nuovo smartphone e il 16,9 per il tempo libero. In questo quadro, però, emerge anche il cosiddetto “neo sommerso”: 28,5 milioni di italiani di chiarano di aver acquistato, nell’ultimo anno, almeno un servizio o un prodotto senza scontrino né fattura. Sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto sulla situazione sociale del Paese del Censis per il 2017, presentato questa mattina dal presidente Giorgio De Rita.

Le domande di partenza? La ripresa economica si consoliderà nell’immediato futuro? E la ripresa globale porterà produzione, occupazione, consumi e benessere aggiuntivi anche in Italia? Su tutto, il 78,2% degli italiani si dichiara soddisfatto della vita che conduce. Emerge un Paese rimpicciolito: nel 2016, per il secondo anno consecutivo, si segnala una diminuzione della popolazione con 76.106 abitanti in meno. Dato su cui incidono i trasferimenti all’estero dei cittadini italiani, nel 2016 triplicati rispetto al 2010: 114.512. Emerge anche un Paese “rancoroso”: prevale la convinzione che ci sia un blocco della mobilità sociale e pure i millennial vedono l’ascensore bloccato. Ed emerge anche che non tutte le città partecipano alla stessa maniera al recupero. Milano, Roma, Firenze e Catania crescono in popolazione. Quanto a Pil (andamento 2007-2014), Napoli, Palermo e Catania perdono il 14% contro la media nazionale del 7,8. Genova, Torino e Bari cedono il 10%. L’area romana perde l’8,6, quella veneziana il 7,2. L’area milanese ha una contrazione del 3 per cento.

Il 66,2% dei genitori sarebbe contrario al matrimonio della figlia con una persona di religione islamica. Gli immigrati sono un altro importante capitolo di questo spaccato di Italia. In un’ottica diversa. Il Rapporto del Censis mostra che, al di là dell’emergenza e della prima accoglienza, «manca una visione strategica che ponga in una dimensione di medio-lungo periodo il tema della povertà dei livelli di formazione e di competenze del capitale umano che attraiamo». Cambia anche l’immaginario collettivo, l’insieme dei valori di riferimento di ciascuno. E oggi social network, smartphone e selfie affiancano e in alcuni casi scavalcano fattori una volta centrali, come la casa di proprietà, l’automobile e il titolo di studio come biglietto d’ingresso per i piani alti della scala sociale.

Ben 28,5 milioni di italiani dichiarano di avere acquistato ‘in nero’ nell’ultimo anno almeno un servizio o un prodotto, senza scontrino o fattura. Il 35,6% ha acquistato in nero servizi da artigiani (idraulici, elettricisti, imbianchini, ecc.), il 22,1% da professionisti e strutture sanitarie (medici, dentisti, ecc.), il 20,3% ha consumato in nero in bar o pizzerie, il 19,1% presso ristoranti, trattorie o enoteche; il 14,7% ha fatto acquisti in nero presso negozi di alimentari, macellerie o salumerie, il 14,6% presso negozi non alimentari (dalle ferramenta alle tintorie). Il 13,2% ha acquistato in nero servizi di professionisti come avvocati, architetti, ingegneri, geometri.