Infolampo: Occupazione – UE
La tecnologia che crea occupazione
Pubblicato il primo studio territoriale sull’impatto di Industria 4.0. Parla uno degli autori, Dejan Pejcic,
ricercatore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia: “Fondamentale puntare sulla formazione”
di Chiara Mancini
“Il risultato più interessante riguarda l’occupazione. Nel nostro campione di circa 900 aziende, meno del
20 per cento utilizza le tecnologie digitali, ma queste imprese da sole hanno creato il 75 dei posti in più.
Se una parte del dibattito vede la tecnologia come distruttrice di lavoro, la nostra ricerca mostra come al
contrario l’innovazione accresca il numero di occupati, in particolare quelli più istruiti”. A dirlo è Dejan
Pejcic, ricercatore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, tra
gli autori dell’indagine “Industria 4.0 in Veneto”. A lui
abbiamo chiesto di darci qualche dettaglio sui risultati.
Come si caratterizzano le imprese più innovative?
In generale c’è una conoscenza superficiale da parte aziendale
rispetto alle tecnologie, perciò occorre formare chi prende le
decisioni. Nelle imprese più virtuose, invece, l’innovazione è
un processo evolutivo portato avanti da anni. Dalla ricerca
emerge che chi punta su robotica collaborativa, internet delle
cose, prodotti smart, stampa 3D, realtà aumentata e virtuale,
big data, cloud computing e tecnologie di virtualizzazione dei
sistemi It, era già sulla frontiera tecnologica del proprio
settore ed era più dinamico anche sul mercato del lavoro. Dal
punto di vista dimensionale generalmente le imprese più
innovative sono quelle grandi o medio-grandi.
Questo ha un effetto sul territorio oppure le grandi imprese
agiscono in maniera piuttosto isolata?
Un effetto sulla filiera c’è. Se una grande azienda innova, questo si riflette sui fornitori, anche quelli
piccolissimi, soprattutto dal punto di vista degli standard tecnologici e di qualità che devono essere
rispettati. Ciò è ancora più vero quando l’azienda è inserita in contesti internazionali. Mi aspetterei anche
un impatto sull’occupazione, ma al momento non riusciamo a misurarlo.
Dal punto di vista della performance economica delle imprese, che cosa si è notato?
Le aziende all’avanguardia sono più produttive in termini di valore aggiunto, ed è una cosa che ci
aspettavamo. Invece, per quanto riguarda la redditività, al momento non vediamo grandi differenze tra chi
adotta e chi non adotta nuove tecnologie. Questo anche perché, nel periodo di riferimento, gli
investimenti sono stati fatti con capitale proprio, quindi la crescita si potrebbe osservare nel medio-lungo
termine.
Le imprese hanno manifestato particolari problemi o bisogni legati alla capacità di innovare?
Un limite è proprio quello del capitale umano. Fanno fatica a trovare le persone giuste che lavorino
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Ue, i sei mesi di fuoco che attendono Gentiloni e il nuovo
governo
Mentre l’Italia sarà nella bolla elettorale, a Bruxelles si discuteranno i dossier cruciali: dalle banche ai
migranti, dall’Eurozona ai conti pubblici. E quella del premier non potrà essere ordinaria
amministrazione.
di Giovanna Faggionato
Dice Paolo Gentiloni che «il governo governerà», che non «tira i remi in barca». E a chi guarda l’agenda
europea verrebbe da dire e ci mancherebbe altro. Mentre in Italia si discuterà solo di campagna elettorale,
seggi e alleanze, del ritorno del centrodestra, dello streaming o di neo patti del Nazareno, in sei mesi da
gennaio a giugno, a Bruxelles, dovrebbero decidersi molti dei dossier cruciali per il nostro Paese. Si
comincia con la battaglia sull’Unione bancaria e si potrebbe chiudere con l’accordo tra i leader di governo
sulla riforma del regolamento di Dublino – due capitoli su cui il governo e la diplomazia italiana hanno
lavorato di più – passando per le proposte sull’Eurozona di Angela Merkel ed Emmanuel Macron e per il
verdetto finale sui conti pubblici italiani (atteso per fine aprile/inizio maggio). Il tutto in un anno, il 2018,
che è l’ultimo prima della fine del Quantitative easing, che vedrà grandi trattative per i più alti incarichi in
Europa e soprattutto il passaggio di testimone alla guida della Banca centrale europea. Ecco, mese per
mese, l’agenda di fuoco dell’Italia a Bruxelles.
Gennaio: comincia la battaglia sulle banche
La prima riunione dell’Eurogruppo, il consesso informale dei ministri delle Finanze Ue, è fissata per il 22
gennaio. Sul tavolo c’è il dossier dell’Unione bancaria, ma sarebbe meglio dire della riduzione dei rischi
nei bilanci degli istituti di credito. L’Italia è osservata speciale, ma è anche il Paese che ha fatto più
progressi finora per la riduzione degli Npl (non performing loans). L’Olanda, che guida il gruppo di
lavoro che prepara le riunioni dell’Eurogruppo (Eurogroup working group), ha già presentato
ufficialmente all’ultimo eurosummit la proposta di regolamentare anche la concentrazione sui titoli di
Stato. L’Italia nel suo position paper ha invece richiesto la creazione di una task force sugli asset di terzo
livello, i prodotti finanziari complessi e assolutamente opachi che riempiono i bilanci delle banche
francesi e tedesche. La posta in gioco è la creazione di una garanzia comune dei depositi, tassello
necessario per stabilizzare le banche dell’Eurozona, ma che deve essere affrontato con estrema cautela
quando di mezzo ci potrebbero essere le obbligazioni sul debito sovrano italiano.
DA PADOAN AL SUO SUCCESSORE. La discussione insomma si annuncia non facile e potrebbe
protrarsi fino a giugno, coinvolgendo quindi prima Pier Carlo Padoan e poi il suo successore. Intanto a
Roma la Commissione banche dovrebbe inviare al governo la conclusione dei suoi lavori. E anche se
Gentiloni l’ha giustamente definita non utilissima, una reazione è necessaria. E non solo per tappare le
falle nel coordinamento tra Consob e Bankitalia emerse durante le audizioni. Ignazio Angeloni, membro
italiano della Vigilanza europea, ha fatto notare che la Bce nelle sue verifiche sul rispetto dei criteri di
onorabilità e competenza del management bancario italiano è stata limitata dalle leggi nazionali. Per dare
credibilità al sistema si potrebbe cominciare da qui.
Febbraio: tra elezioni europee, Nato e Ucraina
Nell’agenda stilata dal presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, a febbraio è prevista una riunione
informale per discutere della possibilità di creare liste transnazionali per le elezioni europee del 2019 per
riempire i posti lasciati liberi dagli eurodeputati britannici soprattutto per discutere dell’associazione delle
liste con candidati per la presidenza alla Commissione. Insomma, sarà la prima occasione per capire gli
equilibri politici che regoleranno lo spoilsystem Ue. Il 18 febbraio invece a Bruxelles è attesa la ministra
della Difesa Roberta Pinotti per un vertice Nato in cui si deciderà la ristrutturazione del comando
dell’Alleanza atlantica, compresa la nascita di un nuovo comando generale in Germania o in Polonia, in
chiara funzione anti russa. Nell’incontro potrebbe essere anche discussa la questione del conflitto in
Ucraina. Al termine del Consiglio europeo di dicembre, il premier Gentiloni aveva anche anticipato la
possibilità che l’Europa presenti una propria iniziativa a giugno. L’Italia potrebbe essere anche coinvolta
nel suo ruolo di presidente di turno dell’Osce.
Marzo: la proposta franco-tedesca sull’Eurozona
Mentre l’Italia sarà in tutt’altre faccende affaccendata, presumibilmente nella nomina dei nuovi presidenti
delle Camere, Macron e Merkel dovrebbero presentare la proposta franco-tedesca sulla riforma della
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governo/216803/