Infolampo: decreto dignità – manipolazione
Decreto dignità, manca un disegno organico
Cgil in audizione alla Camera: “Bene le misure sul tempo determinato, ma serve un progetto di contrasto
alla precarietà”. “Poco coraggioso” l’intervento sui licenziamenti, mentre sulle delocalizzazioni serve
un “intervento sociale”
“Il decreto dignità pur contenendo misure condivisibili, da tempo richieste dalla Cgil, manca di coraggio
nell’affrontare un profondo ridisegno delle regole del mercato del lavoro”. È la posizione della Cgil sul
cosiddetto “decreto dignità”, contenuta nel documento
consegnato ieri (17 luglio) in occasione dell’audizione in
commissioni Finanze e Lavoro della Camera.
In particolare il sindacato di corso d’Italia definisce “positive”
le misure sul tempo determinato ma, avverte “se non
sostenute da un organico disegno di contrasto alla precarietà
rischiano di spostare il peso della precarietà su forme ancora
meno tutelate ed ampiamente abusate”. Nettissima invece la
contrarietà verso l’ipotesi, più volte annunciata, di un
intervento di ripristino sui voucher nei settori dell’agricoltura
e del turismo.
Dal momento che le norme del testo paiono muovere
dall’obiettivo, “pienamente condivisibile” per il sindacato, di
evitare che le grandi trasformazioni nei modelli di
organizzazione della produzione siano affrontate
esclusivamente attraverso la riduzione dei costi e l’estrema
flessibilizzazione del lavoro – si legge ancora nel documento – sarebbe però utile “un ragionamento
maggiormente sistemico”. Un’impostazione che per quanto riguarda l’esternalizzazione della manodopera
dovrebbe affermare “il principio della parità di trattamento dei lavoratori a partire dal primordiale
committente”, evitando che le scelte sia determinate esclusivamente “dalla logica di abbassamento del
costo del lavoro” invece di rispondere a “logiche di efficientamento e di specializzazione
dell’organizzazione del lavoro”.
Per la Cgil, poi, è “poco coraggioso” anche l’intervento sui licenziamenti ingiustificati, che “riprende una
vecchia proposta di innalzamento delle indennità” senza però “prendere provvedimenti né sul ripristino
della reintegra, né sull’impianto più generale delle norme contenute nel decreto sulle tutele crescenti”.
Per quanto riguarda la norma sulle delocalizzazioni, invece, il sindacato la definisce “un primo tentativo
per arginare un fenomeno negativo per l’economia e l’occupazione in Italia”, che però ha il limite di “non
essere una risposta compiuta e forte e, nel contempo affronti, attraverso il ridisegno degli ammortizzatori,
le ricadute sociali che tali comportamenti di impresa determinano negativamente sui lavoratori e
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Storia della parola “buonismo”
e di come ha fatto il giro
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Propaganda e manipolazione nelle elezioni politiche: il ruolo dei
dei social network e degli algoritmi basati sulla intelligenza artificiale
Cosa sono i Big Data. Le riflessioni che seguono prendono le mosse dal recente caso che ha visto
Facebook e la società di consulenza britannica Cambridge Analytica accusate di aver utilizzato in modo
improprio i dati personali ed altre informazioni rilevanti, desunte dalle attività svolte dai cittadini
attraverso la piattaforma Facebook, per acquisire un vantaggio competitivo nelle campagne elettorali
statunitensi.
Scritto da: Roberto Bellotti
La possibilità di influenzare il voto politico, attraverso la diffusione di informazioni mirate e
personalizzate riguardanti la politica e l’economia, ma anche l’etica e i più in generale i costumi, è stata
resa possibile dallo sviluppo esponenziale delle tecnologie digitali, dalla possibilità di memorizzare
grandi quantità di dati riguardanti i comportamenti e le abitudini dei cittadini, comprese le idee politiche,
e di analizzarli attraverso algoritmi basati sull’apprendimento automatico (machine learning), capaci di
individuare con grande accuratezza le caratteristiche e le informazioni salienti presenti nei dati al fine di
pervenire alla definizione di insiemi omogenei (cluster) e predire, sulla base dei dati già raccolti ed
analizzati, tendenze e comportamenti futuri.
La potenza messa in campo dalle grandi multinazionali che operano nel settore della Information and
Communication Technology ha come punto di partenza e miniera da cui estrarre ricchezza (data mining)
proprio i dati, che per le caratteristiche che li contraddistinguono vengono definiti “Big Data”. Tra le tante
definizioni utili a definire il punto di partenza di questa analisi ne riportiamo una di natura tecnica, che
definisce Big Data un insieme di dati caratterizzato dalle cosiddette 3 V: volume, velocità e varietà.
La prima caratteristica individua la dimensione dei file che contengono i dati o, equivalentemente i dati
stessi: un file contenente la registrazione degli acquisti effettuati in un anno dalla popolazione italiana può
senz’altro essere considerato un file di grandi dimensioni, caratterizzato dalla prima delle tre V.
La seconda V definisce la natura dinamica dei dati raccolti, ovvero la necessità, affinché i dati abbiano
“Valore”, che il file sia continuamente arricchito di nuovi dati. E’ intuitivo cogliere la differenza di
Valore tra un file che contiene i dati di acquisto della popolazione italiana raccolti nel 2016 ed un altro
che viene continuamente aggiornato sino al 2018 e oltre.
La terza V riguarda la natura delle fonti che producono i dati. Se oltre alla raccolta dei dati attraverso gli
scontrini fiscali fosse possibile acquisire anche informazioni sullo stato d’animo degli acquirenti, ad
esempio attraverso l’analisi dell’espressione facciale raccolta attraverso telecamere dislocate nei luoghi
ove l’acquirente effettua le spese, il Valore dei dati aumenterebbe ulteriormente.
Le tecnologie informatiche necessarie per memorizzare ed elaborare i Big Data, secondo la definizione
delle 3 V, sono attualmente in possesso di poche e grandi aziende altamente specializzate.
Una seconda definizione, che sposta l’attenzione sugli utilizzi dei Big Data è la seguente (J. Dutcher
2014): “Historically, most decisions — political, military, business, and personal — have been made by
brains [that] have unpredictable logic and operate on subjective experiential evidence. “Big data”
represents a cultural shift in which more and more decisions are made by algorithms with transparent
logic, operating on documented immutable evidence. I think ‘big’ refers more to the pervasive nature of
this change than to any particular amount of data”. E’ infine interessante notare che il termine Big Data,
ormai di uso e comprensione comune, è stato introdotto molto recentemente nei vocabolari di lingua
inglese: nel 2013 nell’Oxford English Dictionary e nel 2014 nel Merriam-Webster’s Collegiate.
I dati, quindi, vengono prodotti in massima parte attraverso le azioni che i cittadini compiono con i
dispositivi, di qualunque tipo, connessi a internet: è significativo il ritmo di crescita di tali dispositivi. Nel
2003 vi erano al mondo 500 milioni di dispositivi connessi a internet, nel 2020 saranno 50 miliardi;
nell’arco di meno di venti anni il numero di dispositivi/abitante è cresciuto di un fattore circa 8.000.
Analogamente la quantità di dati prodotta cresce del 40% all’anno.
Reti complesse ed elezioni politiche. Le reti complesse sono strumenti matematici che permettono di
studiare in modo approfondito le relazioni tra un gran numero di entità interagenti tra loro. Una rete
complessa è definita dalle entità (ad esempio gli elettori) e dal tipo di “relazioni” tra le entità che si
intendono studiare, ad esempio se condividono i “tweet” provenienti dalle stesse fonti, o se si scambiano
“like” su documenti e notizie Facebook, sottolineandone se possibile la natura. Lo studio di una rete
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dei-social-network-e-degli-algoritmi-basati-sulla-intelligenza-artificiale/