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Infolampo: Cittadinanza – Adultescenti

Perché scommettiamo su una nuova idea di cittadinanza
È partecipazione la parola chiave che, (almeno) nei prossimi quattro anni, la Cgil si è impegnata a
declinare attraverso la strategia dell’inclusività, che dovrà permeare tanto l’elaborazione politica quanto
la contrattazione collettiva
di Roberto Giordano e Riccardo Sanna
Con il congresso di Bari, la Cgil ha sancito la strategia di riforma del modello di sviluppo nazionale e, più
in generale, del modello capitalistico, di cui il Piano del lavoro
è portatore. Non a caso, il primo richiamo si trova proprio nella
prima riga della prima pagina del documento congressuale “Il
Lavoro è”, il cui lancio nelle assemblee di base aveva come
obiettivo prioritario quello della partecipazione degli iscritti,
delle lavoratrici e dei lavoratori, dei pensionati, delle Rsu, ma
anche di tutti i dirigenti della nostra organizzazione. Ed è
proprio la partecipazione la parola chiave che, (almeno) nei
prossimi quattro anni, il nostro sindacato si è impegnato a
declinare attraverso l’idea di inclusività, che dovrà permeare
tanto l’elaborazione politica quanto la contrattazione collettiva.
Tanto più a fronte della torsione nazionalista e populista
generata dalla nuova “grande trasformazione”, in tutte le
proposte avanzate ai governi come in tutte le istanze
contrattuali, il sindacato deve rilanciare i momenti di
democrazia deliberativa, per i quali le decisioni della
rappresentanza eletta (top down) devono corrispondere ai bisogni espressi dalla base (bottom up), anzi
dalle basi.
In tal senso, il Piano del lavoro, oltre a rappresentare una politica economica, sociale e ambientale
alternativa al liberismo e all’austerità, sin dal 2013 introduceva un nuovo metodo, una nuova
interpretazione della stessa confederalità, che comporta la necessità di tessere reti e alleanze. Alla base
della contrattazione dello sviluppo e della programmazione negoziata, infatti, insiste l’intraprendenza ad
andare oltre i confini sindacali tradizionali, oltre gli stessi luoghi di lavoro, tracciando una condivisione
delle priorità, dei progetti e delle stesse istituzioni per una nuova idea di cittadinanza e, di conseguenza, di
Stato sociale. Se, però, lo scopo della contrattazione territoriale dello sviluppo è principalmente quello di
affiancare la tradizionale contrattazione sociale per promuovere gli investimenti, la creazione di lavoro e
l’aumento dei salari, un sistema di alleanze può altresì essere esteso a finalità anche più ambiziose.
Un importante esempio possiamo ritrovarlo nella manifestazione Sei1dinoi dello scorso 1° dicembre a
Roma, indetta a seguito dell’approvazione del cosiddetto “Decreto sicurezza e immigrazione”, con cui la
Cgil e tante altre associazioni e movimenti hanno espresso la loro idea di cittadinanza, di condivisione e
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Pensioni. Primo incontro governo-
sindacati. Le proposte in campo

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Adultescenti al governo, rischi e pericoli
Nel mio lavoro psicoanalitico con gli adolescenti, realizzo ogni volta che i particolari e le irrilevanze dei
comportamenti giornalieri e anche dei messaggi online sono molto più rivelatori del loro carattere
rispetto ai discorsi più costruiti ed elaborati, perché mettono in luce il modo implicito di pensare e di
porsi verso gli altri. Mi è capitato di pensare che, ugualmente, il messaggio di Salvini comparso sui
social, in cui cita una breve frase della canzone Il Pescatore di Fabrizio De André, sveli il suo
atteggiamento e soprattutto l’omissione del significato compassionevole della canzone, per cui la stessa
compagna del cantautore è intervenuta invitandolo ad ascoltarla meglio.
di Massimo Ammaniti
È diventata ormai un’abitudine diffusa dei politici utilizzare la Rete per trasmettere parole, giudizi e
immagini che tradiscono sensazioni ed emozioni immediate, che saltano la corteccia cerebrale secondo
l’insegnamento del famoso neurobiologo LeDoux che lavora negli Stati Uniti. E sono proprio queste
comunicazioni più viscerali a suscitare il contagio virale nella Rete, provocando risonanze, corti circuiti
emotivi, adesioni o rifiuti che si muovono nella sequenza stimolo-risposta che non prevede un vero
processing razionale.
Questo modo di procedere ricorda inevitabilmente le impulsività e le sventatezze tipiche degli adolescenti
che si fanno influenzare dal cervello emotivo attivato dagli ormoni della pubertà.
Nello scenario sociale attuale sta prendendo corpo la figura dell’adultescente, un neologismo che secondo
l’Oxford Dictionary designa «una persona di mezza età, i cui vestiti, interessi ed attività sono tipicamente
associati alla cultura giovanile». Ma cerchiamo di descrivere la figura e la mentalità degli adultescenti.
Sono persone condizionate dall’apparire piuttosto che assumere responsabilità personali, alla ricerca
continua di approvazioni e di like da parte degli altri che servono ad alimentare il senso grandioso di sé,
che copre un’identità immatura. Ciò che contraddistingue i loro comportamenti quotidiani è il
velleitarismo che li spinge a fare dichiarazioni avventate o ad intraprendere azioni e progetti che non
hanno le gambe per realizzarsi, perché non sono il frutto di studi e di approfondite analisi per valutare i
pro e/o i contro e soprattutto le conseguenze e i possibili esiti delle proprie decisioni. E fino a che questi
atteggiamenti adolescenti rimangono all’interno della famiglia, i danni sono relativamente limitati,
quantunque siano i figli a dover pagare le maggiori conseguenze di avere genitori che inseguono il mito
del giovanilismo. Ma se poi riguardano politici e uomini che hanno responsabilità pubbliche,
l’adultescenza diventa un pericolo per la stessa sopravvivenza della comunità sociale, perché crea
pericolose illusioni e contagia gli stessi cittadini.
È l’onnipotenza al potere, di cui abbiamo avuto tragiche conferme nella storia umana. In Cambogia i
Khmer rossi volevano riportare gli abitanti nelle campagne perché le città erano il centro della corruzione
e giustiziavano quanti portavano gli occhiali perché erano gli intellettuali legati a vecchie concezioni.
Per fortuna siamo molto lontani da allora, ma rimane lo stesso pericolo, gli occhiali non si possono
abolire, servono a vedere non solo la propria realtà ma soprattutto quella sociale dei cittadini, se si hanno
responsabilità di governo
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