Europa

Gli aiuti allo sviluppo forniti dall’UE al Kenya devono essere più mirati per avere un’incidenza, afferma la Corte dei conti europea

Secondo una nuova relazione della Corte dei conti europea, la Commissione europea e il Servizio europeo per l’azione esterna non hanno dimostrato che gli aiuti erogati a favore del Kenya tra il 2014 e il 2020 a titolo del Fondo europeo di sviluppo (FES) abbiano ovviato agli ostacoli allo sviluppo ai quali il paese deve confrontarsi e siano stati incentrati sulla riduzione della povertà. I progetti finanziati nel quadro del precedente FES per il periodo 2008‑2013 hanno prodotto gli effetti attesi, ma non hanno avuto impatto tangibile sul grado di sviluppo complessivo del Kenya. La Corte dei conti invita ora l’UE a rivedere il proprio approccio per l’assegnazione degli aiuti allo sviluppo

Obiettivo degli aiuti allo sviluppo dell’UE è la riduzione e, a termine, l’eliminazione della povertà nei paesi che beneficiano dei finanziamenti, mediante la promozione del buon governo e di una crescita economica sostenibile. Per il Kenya, il FES rappresenta la principale fonte di finanziamenti UE. Gli aiuti ricevuti dal Kenya nel quadro dell’11° FES, tra il 2014 e il 2020, sono ammontati a 435 milioni di euro, pari a circa lo 0,6 % del gettito fiscale del paese. La Corte ha valutato se la Commissione e il SEAE abbiano indirizzato con efficacia tali finanziamenti là dove potrebbero maggiormente contribuire alla riduzione della povertà.

La Corte non ha reperito sufficienti elementi comprovanti che gli aiuti erogati a titolo dell’11° FES vengono indirizzati là dove potrebbero rivelarsi più efficaci ai fini della riduzione della povertà”, ha dichiarato Juhan Parts, il Membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione“La creazione di posti di lavoro è il modo più efficace e sostenibile di ridurre la povertà: i fondi dell’UE, dunque, dovrebbero in primo luogo essere incentrati sullo sviluppo economico.”

La Corte ha riscontrato che il processo di assegnazione dei fondi FES implica che quest’ultima non sia subordinata alla performance, al buon governo, all’impegno alla realizzazione di riforme strutturali o alla lotta alla corruzione del paese beneficiario. La Commissione e il SEAE hanno assegnato circa il 90 % dei finanziamenti FES al Kenya per il periodo 2014‑2020 sulla base di una formula standard per gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), che non consente di ovviare agli specifici ostacoli allo sviluppo o al deficit di finanziamento del paese. Inoltre, nelle assegnazioni ai vari paesi non si è tenuto conto delle sovvenzioni o dei prestiti erogati da altri donatori.

Gli aiuti erogati potevano sopperire solo ad una modesta parte delle esigenze di sviluppo del Kenya ed erano ripartiti tra numerosi settori quali agricoltura, gestione delle emergenze legate alla siccità, progetti infrastrutturali in materia di energia e trasporti, elezioni, gestione delle finanze pubbliche e sistema giudiziario. La frammentazione dei finanziamenti in un numero così elevato di settori aumenta il rischio che gli importi assegnati non raggiungano in alcun settore una massa critica tale da conseguire risultati significativi, avverte la Corte. Inoltre, le motivazioni della selezione dei settori non sono sufficientemente chiare: la Commissione e il SEAE non hanno proceduto ad una propria valutazione specifica degli obiettivi di sviluppo del paese e dei relativi ostacoli a cui deve confrontarsi, né hanno spiegato in che modo e per quale motivo i settori finanziati avrebbero contribuito maggiormente alla riduzione della povertà.

La Corte non ha rilevato alcuna motivazione che giustificasse la scelta della Commissione e del SEAE di non fornire aiuti diretti al settore manifatturiero, che ha un elevato potenziale in termini di creazione di posti di lavoro. Lo stanziamento più cospicuo è stato assegnato alla sicurezza alimentare e resilienza agli shock climatici (228,5 milioni di euro), settore nel quale i fondi miglioreranno probabilmente il tenore di vita delle comunità rurali e dei piccoli agricoltori, soprattutto nelle zone aride, ma non contribuiscono al progresso verso la commercializzazione della produzione agricola e l’espansione del settore agro-alimentare. Per contro, i finanziamenti destinati ai progetti infrastrutturali in materia di energia e trasporti (175 milioni di euro) non sono sufficienti a conseguire gli obiettivi estremamente ambiziosi concordati con le autorità kenyote e a produrre un impatto significativo. Considerata la diffusa corruzione percepita nel paese, la Corte ritiene inoltre che il sostegno diretto fornito dall’UE alle misure di lotta contro tale fenomeno è stato modesto.

La Corte raccomanda pertanto alla Commissione e al SEAE di:

  • esaminare il metodo applicato dall’UE per l’assegnazione dei finanziamenti ai paesi ACP e subordinare quest’ultima alla performance del paese destinatario, nonché al suo impegno ad attuare riforme;
  • ·valutare la massa critica raggiungibile nella selezione dei settori focali in Kenya, e attribuire priorità allo sviluppo economico sostenibile del paese e allo Stato di diritto.

Note agli editori

Il FES è finanziato dai contributi degli Stati membri dell’UE, al di fuori del bilancio dell’UE. Ogni periodo finanziario di tale Fondo ha in genere una durata variabile da cinque a sette anni. Settantacinque paesi ACP hanno ricevuto finanziamenti nell’ambito dell’11° FES, per un totale di 15 miliardi di euro. L’assegnazione è avvenuta sulla base di cinque indicatori: popolazione, RNL pro capite, indice di capitale umano, indice di vulnerabilità economica e indicatori mondiali della governance. Paesi molto popolati quali il Kenya hanno ricevuto, in proporzione, minori finanziamenti. Il quadro normativo che disciplina gli aiuti allo sviluppo forniti dall’UE ai paesi ACP è l’accordo di Cotonou, scaduto a febbraio 2020, con in vigore misure transitorie che ne estendono la validità fino a dicembre 2020. Sono attualmente in corso discussioni su un accordo che succeda a quello di Cotonou.

Si prevede che la popolazione del Kenya, pari a 47 milioni di abitanti nel 2016, raggiungerà circa gli 85 milioni entro il 2050. Il tasso di urbanizzazione del paese è in rapida ascesa, il che implica una crescente domanda di posti di lavoro nelle città. Nel 2016 il 36 % della popolazione del Kenya era al di sotto della soglia di povertà (ossia viveva con meno di 1,90 dollari al giorno) e oltre il 20 % soffriva di malnutrizione. L’economia del Kenya è ancora fondata sull’agricoltura, che contribuisce per un terzo al PIL del paese, mentre il settore manifatturiero rappresenta solo il 10 %, ossia lo stesso valore percentuale di 40 anni fa. Dal 2003 al 2008, la crescita del PIL del Kenya è stata inferiore alla media regionale. Nella classifica 2018 relativa all’indice di percezione della corruzione stilata da Transparency International, il Kenya occupa la 144ª posizione su un totale di 180 paesi.

La relazione speciale 14/2020, intitolata “Gli aiuti allo sviluppo forniti dall’UE al Kenya”, è disponibile in 23 lingue dell’UE sul sito Internet della Corte (eca.europa.eu). Negli ultimi anni, la Corte ha pubblicato relazioni sul sostegno dell’UE al Marocco, sul fondo fiduciario dell’UE per l’Africa, un parere sull’11° FES e relazioni annuali sui FES. Informazioni sulle misure adottate dalla Corte dei conti a fronte della pandemia di COVID-19 sono disponibili qui.