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Antichi reperti precolombiani recuperati ed esposti a Bologna

Il mercato clandestino dei reperti antichi è sempre in fermento, ma non cessa nemmeno l’opera di
tutela da parte dei nuclei specializzati delle forze dell’ordine. E un’azione con effetto positivo da
parte dell’Agenzia Dogane e Monopoli di Bologna ha permesso il recupero di un gruppo di 16
manufatti in terracotta di provenienza colombiana intercettati nell’ambito di un circuito di
controllo. Già oggetto di un sequestro penale per violazione dei divieti all’importazione di beni
culturali e di un lungo e complesso iter giudiziario, i reperti, individuati e censiti, sono stati donati
dall’Amministrazione dei servizi doganali del capoluogo emiliano ai Musei Civici d’Arte Antica
dell’Istituzione Bologna Musei, previa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria competente.
Accurati accertamenti iconografici e stilistici condotti dallo staff del museo in collaborazione con
Davide Domenici, professore associato di Discipline demoetnoantropologiche presso il
Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, hanno consentito di ricostruire il
contesto di provenienza da una specifica area geografica nonché di stabilirne l’autenticità e la
verosimile datazione, attraverso la ricostruzione del processo storico che li ha prodotti. 
Questo atto di donazione, che consente un prezioso incremento del patrimonio collezionistico
precolombiano del Museo Civico Medievale di Bologna, permette ora di collocare i manufatti
all’interno del percorso espositivo del museo e rimarranno a disposizione per consultazioni con
finalità di studio e ricerca, per lo sviluppo della conoscenza archeologica e antropologica delle
società mesoamericane in epoca pre-ispanica. Il corpus di oggetti, che testimoniano l’attività di
diversi ambiti culturali nord-andini, è costituito da 9 testine fittili Tumaco-La Tolita (ca. 300 a.C. –
200 d.C.), 1 pregevole bottiglia ornitomorfa di cultura Calima (ca. 200 – 800 d.C.) e 6 recipienti e
sculture antropomorfe Nariño (ca. 800 – 1500 d. C.). Questi ultimi, provenienti da una regione oggi
situata a cavallo del confine tra Colombia meridionale (Nariño) ed Ecuador settentrionale (Carchi),
si caratterizzano per la peculiare decorazione “al negativo”, impiegata per realizzare motivi
geometrici di grande complessità e raffinatezza. Gli oggetti della collezione bolognese derivano
certamente dal saccheggio di contesti funerari d’élite, con ogni probabilità deposti in tombe “a
pozzo” dotate di profondi “camini” verticali. Tra le figure antropomorfe Nariño spicca quella di un
uomo con la guancia sinistra rigonfia di foglie di coca, pianta fondamentale della vita sociale e
religiosa andina.
I manufatti colombiani vanno ad arricchire la collezione andina, di notevole valore storico e
culturale, già conservata al Museo Civico Medievale di Bologna che include un notevolissimo
bauletto di età coloniale (XVII secolo) con immagini di indigeni e missionari gesuiti realizzate con la
resina nota come mopa mopa o “vernice di Pasto”, tradizionalmente impiegata nella stessa
regione di Nariño da cui provengono i suddetti manufatti fittili precolombiani. Il nucleo più
rilevante della collezione andina del museo è d’altro canto costituito dalla serie di vasi dall’ampia
varietà di forme riunita, per vie ancora tutte da ricostruire, dal celebre artista bolognese Pelagio
Palagi (1775 – 1860), la cui ricchissima collezione è alla base delle raccolte civiche cittadine. Oltre a
pezzi archeologici provenienti dal bacino del Mediterraneo, oggetti artistici di epoca medievale e
rinascimentale e un’ampia raccolta di monete e medaglie, la “collezione di antichità” posseduta da
Palagi comprende anche 38 “huacos”, cioè vasi precolombiani cerimoniali legati al culto dei
morti riferibili alle civiltà delle coste settentrionali del Perù, di cui ben 33 attribuibili alla cultura
Chimù (XI sec – 1465 d.C.), 4 alla civiltà Inca-Chimù (1465 – 1532 d.C.) e 1 alla Lambayeque (900 –
1200 d.C.).