Cultura

Il Premio Letterario “Primavera è Donna 2023

Il Premio Letterario “Primavera è Donna 2023: Maddalena, le altre e la metamorfosi” ed i suoi premi speciali “Territorio & Cultura”, riservati a donne artiste e imprenditrici del territorio bresciano e gardesano, ci hanno permesso di conoscere un’azienda bresciana che è attiva da oltre 60 anni, la Busi Giovanni Srl di Botticino Sera.
L’azienda nasce nel 1958 grazie all’intuito di un giovane di poco più di trent’anni, Giovanni Busi, che all’epoca ha 32 anni.
La Busi Giovanni S.r.l. sarà sponsor ufficiale di “Primavera è Donna 2023”. Saranno infatti offerti dall’azienda i premi assegnati alle vincitrici delle quattro diverse categorie dei “Premi Territorio & Cultura”. I premi saranno assegnati a donne che si saranno contraddistinte nelle loro rispettive attività imprenditoriali ed artistiche.
L’azienda inizia la sua attività nella trasformazione di macchine per calze che, grazie alla genialità di Giovanni, vengono dotate di un dispositivo (poi brevettato), grazie al quale le macchine per la produzione di calze da donna vennero convertite alla produzione di calze sportive in spugna.
La storia di questa azienda, la sua nascita, la sua crescita e i traguardi raggiunti rappresentano una vera storia italiana, quella della grande creatività che hanno fatto del nostro paese un’eccellenza industriale assoluta apprezzata in tutto il mondo… apprezzata e, purtroppo, spesso anche copiata…
Ma non vedo modo migliore di conoscere la storia della Giovanni Busi Srl che farcela raccontare direttamente da Catina Busi, figlia del fondatore e direttore generale dell’azienda.
Catina buongiorno, e grazie di aver accettato di fare quattro chiacchiere con noi. Inizialmente ho accennato alla nascita dell’azienda, a quel 1958 dove suo padre Giovanni decise di fare il grande passo di fondare una sua azienda. Cosa ha spinto un giovane di 32 anni a iniziare quel percorso che è arrivato fino ai giorni nostri e che tanta strada ancora deve percorrere?
Buongiorno Aurelio, grazie di avermi dato questa opportunità.
Mio padre decise di iniziare questo percorso sulla grande spinta innovativa del dopoguerra. Negli anni ’50 iniziò a lavorare alla LONATI, presso la cascina Razzica di Rezzato. Emerse presto per la sua spiccata inventiva che, unita ad una grande passione per la meccanica, gli consentirono di sviluppare numerosi brevetti.
Dopo qualche anno, di comune accordo con Francesco Lonati, lasciò l’azienda per iniziare la propria attività. Mantennero sempre un sincero rapporto di stima ed amicizia, che tuttora rimangono vivi tra la mia famiglia ed Ettore Lonati, figlio di Francesco.
Le maestranze della Lonati di Cascina Razzica
La prima macchina marchiate “Busi” è arrivata diversi anni dopo la fondazione dell’azienda, precisamente nel 1967. Lei indubbiamente non può avere ricordi diretti di quei momenti, ma dai racconti di papà e delle sue emozioni per quel primo vero passo importante cosa può dirci e cosa può dirci dello “sbarco” negli Stati Uniti avvenuto qualche anno dopo?
Ricordo la grande tenacia di mio padreEra sempre alla ricerca della soluzione migliore, innovativa.
Mio padre produsse e vendette centinaia di macchine per il mercato americano, senza sapere una sola parola di inglese: le sue macchine parlavano per lui.  Mi raccontò che gli chiesero di fare un discorso ad una conferenza di imprenditori tessili in North Carolina. Parlò in italiano e fu applaudito. Ricordo la sua valigia nera, quando partiva per gli USA: oltre ai vestiti, conteneva sempre qualche pezzo di macchina per calze. Quando ritornava, c’era sempre un regalo per me e mio fratello Gianmario.
Giovanni Busi ed il figlio Gianmario tra le loro macchine
Mi sembra di capire che il fiore all’occhiello è progettazione e la ricerca. Anno dopo anno la produzione si è arricchita sempre di importanti novità dal punto di vista tecnico e tecnologico. Questa vostra costante crescita nello sviluppo di nuove macchine vi ha portato a ricevere importantissimi riconoscimenti. Cosa prova un imprenditore quando raggiunge questi successi?
Il riconoscimento ufficiale è sempre fonte di grande soddisfazione ma, molto prima di quello, la vera gioia è veder nascere tra le proprie mani un’innovazione che talvolta emerge casualmente mentre a volte richiede anni per essere sviluppata e portata a compimento. Vedere gli occhi dei propri collaboratori illuminarsi per aver partecipato al progetto è il vero riconoscimento.
Con l’inizio del nuovo millennio la vostra crescita è continuata e nuovi obbiettivi sono stati raggiunti con nuovi brevetti e all’ingresso in maniera importante nella più importante Federazione Sportiva Nazionale, ci racconta come è successo?
A prescindere da ciò, io risponderei come segue: Mio fratello Gianmario, che aveva ereditato da nostro padre la passione per la meccanica, sviluppò una calza davvero unica, a doppio tessuto, nella quale potevano essere create una o più “tasche” per l’alloggiamento di oggetti di vario tipo. La nostra azienda ottenne il brevetto europeo per tale innovazione. Intuimmo la possibilità di alloggiare un parastinchi nella tasca interna dei calzettoni da calcio, senza dover utilizzare velcro o lacci di alcun tipo, con maggior comfort nell’uso per i calciatori.
Giancarlo Abete, che nel 2009 era Presidente della F.I.G.C., ci inviò una lettera con le Sue congratulazioni, informando che il Settore Tecnico Arbitrale aveva espresso una valutazione positiva su tale brevetto. Nel medesimo anno, Papa Ratzinger ricevette in dono da mio fratello alcun calze prodotte con le BUSI® e ci inviò una bellissima lettera di ringraziamento. Proprio il 2009 fu un annus horribilis per la nostra azienda in quanto risentimmo pesantemente della crisi di mercato succeduta al fallimento della Lehman Brothers del 2008. Il riconoscimento papale e quello della F.I.G.C. furono un grande sprone per noi, fu la conferma che non bisogna mai demordere, ma sempre perseverare con fiducia ed ottimismo.
Ma il terzo millennio ha purtroppo portato gravi perdite e grandi dolori alla famiglia, come si affrontano momenti tremendi che possono abbattere anche le persone e le famiglie più forti? E lo possono fare ancora di più se le gravi perdite oltre a lasciate un vuoto enorme nelle persone, lo lasciano ancora più grande se correlato alla perdita per l’azienda.
Le gravissime perdite di mio fratello prima e di mio padre immediatamente dopo segnarono profondamente sia la nostra famiglia che la nostra azienda.  Mi fu chiesto esplicitamente da un cliente come avrei fatto a continuare. Non seppi rispondere ma, ancora adesso, io sento la presenza dei miei cari in ogni momento, tangibile e costante. Quando posso dire ai miei nipoti “Tuo padre avrebbe affrontato così questo problema…” o “Tuo nonno mi aveva insegnato che…” io sono felice perché è così che loro continuano a vivere, così come sono presenti in ognuna delle macchine che continuiamo a produrre ogni giorno e che, grazie a loro, sono considerate l’eccellenza del mercato.
L’aula dedicata a Gianmario Busi
Anche la vostra azienda, come tutto il territorio, ha affrontato gli anni terribili del Covid-19, come avete superato questo periodo e come siete ripartiti?
Sì, anni davvero critici. E tuttavia, anni di presa di coscienza delle criticità da risolvere ma anche delle aree di miglioramento in seno all’azienda grazie ad una squadra che è rimasta unita e motivata a traghettare la BUSI verso acque calme.
Così, per non “buttare via” tempo prezioso, abbiamo riorganizzato tutti i reparti a partire dalla produzione rendendola più efficiente ritoccandone il processo.
Ed abbiamo analizzato con più accuratezza le potenzialità delle nostre macchine. Risultato: i nostri macchinari, che già erano apprezzati dalla clientela più esigente, ora sono ancor più performanti.
Insomma, “ci siamo tirati su le maniche” tutti insieme sempre puntando con ottimismo verso il post-Covid.
Noi ci siamo conosciuti per “colpa” del Premio “Primavera è Donna 2023”, un’iniziativa che abbiamo voluto dedicare alle donne, alle donne artiste e alle donne imprenditrici, quindi le chiedo: cosa si prova ad essere una donna alla guida di un’azienda dalla storia importante e che porta anche il suo nome?
Innanzitutto, sono grata e onorata per avermi coinvolto in questa iniziativa.
Molto spesso provo un senso di inadeguatezza, il peso da portare è tanto e le capacità di chi mi ha preceduto immense. Tempo fa, qualcuno mi ha riferito di aver pensato che avrei mollato la presa: non ci ho mai pensato.
Mio padre iniziò il suo percorso 65 anni fa, in una ex-salumeria, affrontando nel tempo sfide, sconfitte, delusioni ed insuccessi. Mi ha insegnato tantissimo, in primis la tenacia: sono determinata a tenere altro il nostro nome ed a trasmettere quanto ho imparato ai miei nipoti, perché c’è ancora tanto da costruire e da tramandare alla quarta generazione.