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SICUREZZA: NELLE MARCHE, SOLO 50 ISPETTORI, UNO PER 2700 AZIENDE E 9700 LAVORATORI

Il lavoro e la sicurezza sul lavoro sono elementi fondamentali su cui ridisegnare l’intero
sistema economico della regione, che sconta la difficoltà di un tessuto produttivo e dei
servizi dove la competizione spesso si gioca proprio sul contenimento dei costi.
Nel periodo gennaio/luglio, il dato degli infortuni è diminuito del 18% rispetto allo stesso
periodo del 2022; il calo tuttavia è stato determinato dagli infortuni da covid.
Contestualmente, crescono le malattie professionali del 18% rispetto allo stesso periodo
del 2022. Nelle Marche, da oltre 10 anni, la situazione purtroppo non è cambiata e ha
oscillato sempre tra i 20mila infortuni e 18mila l’anno, eccetto gli anni della pandemia.
Dall’entrata in vigore del T.U. sulla sicurezza (2008) ad oggi ci sono stati 18.000 infortuni
mortali in Italia, come se nelle Marche scomparisse la città di Tolentino. Solo nella regione,
gli infortuni mortali negli ultimi 10 anni sono stati 376, una strage che non si riesce neanche
a commentare.
Tuttavia, la sicurezza non può essere archiviata come un fatto mediatico. Dichiara Loredana
Longhin, segretaria regionale Cgil: “Bisognerebbe evitare di chiamare le morti sul lavoro
morti bianche perché in realtà non c’è nulla di bianco; ci sono, invece, responsabilità ben
chiare e definite”.
E’ evidente che la prima causa della mancanza di sicurezza è la precarietà.
Esiste un binomio inscindibile tra lavoro stabile e sicuro. Il Piano nazionale sulla
prevenzione indica appunto la precarietà, insieme all’età e al genere, un fattore di rischio.
Nelle Marche, solo un lavoratore su due ha un lavoro stabile a tempo indeterminato: ciò
significa che la sicurezza è in secondo piano rispetto alla necessità di conservazione
dell’impiego.
Il Governo non fa nulla per arginare questa situazione.
La Regione Marche fa ancora meno: dopo quasi tre anni di insediamento e tante promesse
di rafforzamento dell’attività di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, ad oggi il
sistema versa in una condizione di grande difficoltà ed è inadeguato in termini di risorse
umane e economiche. Tuttavia, dai dati elaborati dall’Ires Cgil Marche, si evidenzia che la
spesa sanitaria sulla sicurezza che dovrebbe essere pari al 5%, nella nostra regione si
attesta solo al 3,92%.
In tutto il territorio regionale sono appena 50 i tecnici della prevenzione, a fronte di un
sistema industriale manifatturiero ancora molto forte e diffuso e un’area del cratere del
sisma che rappresenta oggi uno dei più grandi cantieri d’Europa.
Ogni tecnico della prevenzione dovrebbe ispezionare oltre 2.700 aziende l’anno e
sorvegliare 9700 lavoratori, è evidente che in questa condizione non è possibile garantire

CONFEDERAZIONE
GENERALE ITALIANA
DEL LAVORO

CGIL Marche – 60131 Ancona – V. I Maggio, 142/A – Tel.071 285741 – Fax 071 2857400 –
Segreteria regionale Tel.071 2857650 Email: segreteria@marche.cgil.it – www.cgil.it/marche
nemmeno i controlli su segnalazione, figuriamoci un’attività mirata e efficace di
prevenzione. Spesso, l’unica cosa che è possibile fare è andare a fare sopralluoghi dopo
che gli incidenti sono avvenuti.
Dichiara Giuseppe Santarelli, segretario generale Cgil Marche: “Siamo stanchi delle
ipocrisie sulla pelle dei lavoratori; senza un reale rafforzamento dei servizi Spsal, la politica
regionale si rende responsabile del massacro che, nelle Marche, continua inesorabilmente
ad avvenire. E’ arrivato il momento di destinare risorse per la sicurezza, senza questo
restano solo le parole di circostanza. E’ necessaria una netta inversione di tendenza a
partire dalla legge di bilancio regionale e quindi chiediamo alla giunta Acquaroli di passare