Il barometro politico di ottobre 2023
E finalmente il governo Meloni ha partorito la manovra finanziaria che governerà l’economia
italiana nel prossimo futuro, il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) conferma lo spirito
della compagine di centro-destra a guida FdI. L’antipatia che provano per i pensionati e i lavoratori
dipendenti è parimenti bilanciato dallo sviscerato amore per lobbies, gruppi di potere, gangli di
gestione corporativi. Da un lato si difendono i tassisti, detentori di un potere quasi assoluto da
sempre, forti della loro rarità come della ritrosia verso forme di controllo sugli incassi; i ‘balneari’,
1.500 fortunati occupanti le spiagge italiane a poco prezzo, poi rivenduti a cifre ben più allettanti
(anche qui spesso il passaggio a pagamenti in ‘economia’ è un classico). Non si toccano ordini,
corporazioni, lobbies, ma si tagliano le rivalutazioni delle pensioni, non si rinnovano i contratti
pubblici. La lotta all’evasione pare roba archiviata, in qualche modo bisogna fare cassa e i soldi non
puzzano come si suol dire.
Le promesse elettorali erano tante, ma anche stavolta, come i vari governi Conte, dalla Lega al PD,
non viene toccata la legge Fornero, famigerata nelle parole dei politici, ma tuttora l’unica strada
percorribile nelle finanze pubbliche. Le accise sulla benzina, così vituperate dalla Meloni in
campagna elettorale restano lì e paghiamo alla pompa cifre da ristorante stellato, ma la finanziaria
è un vero disastro a opera di politici mediocri e tecnici che, a parte il bocconiano Giorgetti, paiono
degli ‘scappati di casa’.
Le misure a favore dei lavoratori non portano nulla di nuovo, a fronte della proroga di sgravi per
pochi euro, tagli del cuneo a scadenza, nascono tasse per sempre, l’iva sui prodotti dell’infanzia
raddoppia, anche se il governo dice che semplicemente non è stato prorogato il taglio, nei fatti al
consumatore davanti al bancone del supermercato poco importa sapere per quale fine lessicale si
svuota il borsellino. La Meloni sostiene che alla sanità viene destinato il 3,5% in più, ma o non sa di
economia (cosa scontata), o mente, perché a fronte di un’inflazione al 6,5% la spesa di bilancio
viene tagliata del 3% in termini reali.
Le previsioni di crescita del governo sono un mix di fantasia e speranza nell’intervento divino, la
crescita del Pil 2024-2026 (1,3 per cento in media) è più alta di quella prevista dalla maggior parte
degli analisti, i più attenti prevedono appena uno 0,4% per il prossimo anno. Sono annunciate
privatizzazioni per 1 punto di Pil (oltre 20 miliardi) senza alcuna indicazione su cosa si intenda fare.
Le pensioni non solo vengono tagliate in termini reali a chi già le percepisce, ma spariscono varie
forme di quiescenza anticipata e le nuove possibilità prevedono rinunce consistenti alle
prestazioni. Si parla di spending review nel documento, ma è come l’araba fenice, tutti ne parlano,
nessuno la vede mai…
Come gestire tutto questo quadro grigio senza incidere veramente e quindi scontentare amici e
sostenitori? Facilissimo, malgrado un debito pubblico da terzo mondo, con tutto il carico di
interessi che ci strangolano, la meravigliosa genialata del governo è di aggiungere ulteriori 14
miliardi di debito (e anche su questi si pagheranno ulteriori interessi e ai tassi attuali verso il 5%),
sempre che l’Europa approvi tutto questo maneggio ovviamente.
MAURIZIO DONINI