Attualità a cura di Maurizio Donini

Violenza di genere inserita nei CCNL

Dall’analisi dei 30 contratti collettivi nazionali di lavoro più applicati per numero di lavoratori è
emerso che tutti contengono almeno un rinvio al fenomeno della violenza di genere. Nonostante
si tratti di un campione residuale rispetto alla totalità dei CCNL vigenti e depositati al CNEL è
significativo che i 30 CCNL più applicati contengano una attenzione e sensibilità al tema. A livello
aziendale sono invece 98 su 1.894 gli accordi che prevedono misure in materia (Fonte banca dati
Fare contrattazione ADAPT).
La pubblicazione Violenza di genere: il contributo della contrattazione collettiva nella
prevenzione e nel contrasto contiene anche una mappatura qualitativa delle previsioni contenute
nei contratti collettivi. A livello nazionale, emerge che il 56% delle misure introdotte è
riconducibile a iniziative volte alla prevenzione e contrasto del mobbing e delle molestie sessuali
nei luoghi di lavoro mentre il 44% è specificatamente indirizzato alla tutela specifica delle vittime
di violenza di genere.
Le ricercatrici di ADAPT, Chiara Altilio e Stefania Negri, hanno poi svolto un’analisi dell’evoluzione
dei contratti aziendali nel tempo. Considerando quelli sottoscritti tra il 2019 e il 2023, hanno
rilevato che il 5% delle intese contiene almeno una previsione dedicata al tema della violenza di
genere. Dal 2019 al 2023 si registra un aumento dei contratti che contengono almeno una misura
in tema di violenza di genere del 21% circa. A differenza di quanto registrato per la contrattazione
collettiva nazionale, però, a livello aziendale si rileva che l’85% delle misure è finalizzato a tutelare
in via diretta le vittime di violenza di genere, come ad esempio attraverso l’estensione del periodo
di congedo retribuito (41%) e, seppur in misura minoritaria, a introdurre previsioni quali il
cambiamento dei recapiti aziendali (2%), il premio aziendale (4%) e l’anticipazione del TFR (3%).
“I contesti lavorativi non sono solo un potenziale luogo per episodi di violenze, discriminazioni e
molestie, ma possono essere anche e soprattutto uno spazio di tutela per le vittime che hanno
subito soprusi in altri ambiti della vita privata e sociale” spiegano le ricercatrici.
In quest’ottica, le parti sociali possono essere attori strategici per la tutela, regolazione e
costruzione di condizioni di benessere di tutti i lavoratori e le lavoratrici, con particolare
riferimento alle figure più fragili. Alla luce delle caratteristiche del tessuto produttivo del nostro
Paese e della disomogenea e ridotta diffusione della contrattazione decentrata, le parti sociali
hanno margine d’azione per assumere un ruolo sempre più rilevante a livello nazionale nei
prossimi anni. Il primo passo per favorire una diffusione più ampia ed efficace delle misure deve
avvenire attraverso la condivisione di una nuova progettualità sul tema da parte degli attori della
rappresentanza di imprese e lavoratori con l’obiettivo di incidere sui modelli organizzativi, sui
percorsi di carriera, sui trattamenti retributivi, sulla professionalità e formazione dei lavoratori e,
più in generale, sulla stessa cultura aziendale.
MAURIZIO DONINI