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Riflessione del WWF Marche sulle cause delle gravi alluvioni di questi giorni in occasione della Giornata Mondiale sui Fiumi

Secondo il Geologo Andrea Dignani, componente del Comitato Scientifico del WWF Marche,
le alluvioni in Emilia-Romagna e nelle Marche ma ancona in centro Europa, sono un’ulteriore
indicazione di come stia cambiando il clima, soprattutto a causa del riscaldamento globale, oltre
all’intensità, le tempeste sono sempre più frequenti e ci dovremo confrontare con i loro costosi
effetti, in tutti i termini.Le temperature estive particolarmente alte hanno contribuito a produrre una
maggiore evaporazione in alcune grandi masse d’acqua dal mar Mediterraneo, con la produzione di
fronti di aria umida provenienti da sud che si sono mescolati con l’aria fredda proveniente dal Nord
Europa. L’incontro tra queste masse di aria con temperatura e umidità differenti hanno favorito la
produzione dei sistemi nuvolosi che hanno poi portato le grandi e devastanti piogge.
Oltre alle particolari condizioni climatiche assistiamo alla sistematica ripetizione oramai
statisticamente prevedibile di questi eventi, si è ormai passati dalla eccezionalità al regolare
accadimento delle alluvioni. La consueta pianificazione non è più sufficiente per fare fronte a
questo stato di cose, risulta oramai sempre più urgente e indispensabile attuare il Piano di
Adattamento al Cambiamento Climatico, e renderlo uno strumento efficace per operare le scelte
necessarie.
Secondo il Delegato Regionale delle Marche del WWF Italia Tommaso Rossi- che esprime
grande vicinanza a tutte le famiglie e le Comunità locali colpite dalle alluvioni di questi ultimi
giorni- bisogna ridare spazio alla natura è la migliore cura per la fragilità del nostro territorio. A
cominciare dai fiumi.
Spiega Dignani, che i fiumi hanno bisogno di spazio: gli eventi calamitosi causati dagli effetti del
cambiamento climatico che determinano precipitazioni violente e concentrate in poche ore
provocando vere e proprie bombe d’acqua, hanno messo ancora più a nudo una gestione
fallimentare dei nostri corsi d’acqua.
Gli alvei sono stati canalizzati, le aree di esondazione naturale occupate, con la giustificazione di
una immaginaria messa in sicurezza, sono sistematicamente distrutti i boschi ripariali e le zone
umide perifluviali che fungevano da vere e proprie spugne in grado di attenuare gli eventi
calamitosi. Bisogna ridare spazio ai fiumi, recuperare aree di esondazione naturale, ripristinare, ove
possibile i vecchi tracciati; quindi, risulta sempre più urgente attuale una politica di adattamento ai
cambiamenti climatici che vada oltre la logica di emergenza e ne consideri gli effetti nella
pianificazione ordinaria. La tendenza attuale mostra un continuo peggioramento come dimostrano i
dati sul consumo di suolo che ha ripreso a correre con maggiore forza del passato, superando la
soglia dei 2 metri quadrati al secondo e sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture
artificiali in un anno, un ritmo non sostenibile che dipende anche dall’assenza di interventi
normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di
un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale. (ISPRA 2022).
Serve in definitiva una radicale e urgente cambiamento di rotta, di cultura, di pianificazione, lo
dobbiamo fare per il nostro futuro per i nostri figli.
Il Direttore della Riserva WWF di Ripa Bianca, a Jesi, David Belfiori, ricorda che domenica 22
settembre cadrà la Giornata mondiale dei fiumi, istituita nel 2005 per sensibilizzare l’opinione
pubblica e incoraggiare una migliore gestione dei corsi d’acqua in tutto il mondo, si preannuncia nel
peggiore dei modi. Dopo le alluvioni della scorsa settimana, che hanno devastato mezza Europa,
dalla Romania, alla Repubblica Ceca, alla Polonia, all’Austria e alla Slovacchia, allagando città e
campagne e provocando la morte di decine di persone, è stata la volta dell’Italia. Le conseguenze
del ciclone Boris si sono abbattute su Emilia Romagna e Marche e altre piogge e nubifragi sono
previsti anche in altre regioni. Secondo Belfiori, l’Emilia Romagna è un esempio eclatante di come
l’approccio con interventi per stati di emergenza realizzati negli ultimi decenni, senza una
programmazione, artificializzando ancora di più gli alvei dei fiumi con rettificazioni, argini,

prelievo di inerti e taglio della vegetazione hanno palesemente dimostrato la loro inefficacia. Si è
ripetuto esattamente quanto successo nel 2023. E’ più che mai evidente ed urgente la necessità di
cambiare le modalità di gestione dei fiume, come richiesto dall’Unione Europea con la Strategia per
la Biodiversità e la legge per il Ripristino degli Habitat, con una seria programmazione per
comprensorio di bacino idrografico, rinaturalizzando gli alvei fluviali, individuando aree di
espansione naturale, applicando le Soluzioni Basate sulla Natura (NBS) e se necessario
delocalizzare le infrastrutture con un maggior beneficio per la sicurezza, qualità ambientale ed
efficacia ed efficienza nell’impiego delle risorse economiche.
Nonostante gli allarmi degli scienziati per le conseguenze dei cambiamenti climatici e le denunce
sulla fragilità e vulnerabilità del nostro territorio, non vi sono significative azioni in
“controtendenza” che si allineano alle politiche europee per la gestione e tutela delle acque e
soprattutto per il ripristino degli ecosistemi fluviali.
In Italia sono presenti almeno 11.000 barriere, tra dighe, briglie e traverse (numero fortemente in
difetto) e molte di queste barriere sono obsolete, non servono nemmeno più allo scopo per cui sono
state costruite e dovrebbero essere rimosse. Purtroppo, nonostante questa situazione e mentre la
Strategia Europea per la biodiversità prevede di riconnettere e riqualificare, anche attraverso la
rimozioni di barriere (briglie, dighe, traverse…), almeno 25000 km di fiumi in Europa entro il 2030,
in Italia si continua ad artificializzare i fiumi, a progettare e realizzare dighe (come quelle proposte:
diga di Vetto in Emilia Romagna; diga del Vanoi in Veneto), e traverse che ne interrompono la
continuità ecologica e morfologica, a occupare le aree di loro pertinenza, indispensabili per ridurre
gli effetti delle piene e, in definitiva, ad aumentare la vulnerabilità del territorio. A riguardo, Il
WWF Italia ha agito concretamente partecipando al bando europeo della Fondazione Open River
Programme per la rimozione delle barriere obsolete nei fiumi ed ha realizzato uno studio
propedeutico alla rimozione di alcune barriere sul fiume Trebbia (PC) ed è in corso la valutazione
un altro progetto presentato per il fiume Esino (AN.
Secondo il Delegato WWF Marche Tommaso Rossi, la recente Restoration law ci obbliga a
redigere un piano di ripristino ambientale dove i fiumi dovranno ricoprire un ruolo fondamentale e
che dovrebbe integrarsi con gli obiettivi del Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici che,
dopo l’approvazione del dicembre dello scorso anno, è fermo senza finanziamenti e nel disinteresse
collettivo. Ormai i cambiamenti climatici sono in atto e dovremmo concentrarci per avviare
concrete politiche per il recupero della resilienza del territorio soprattutto attraverso Nature Based
Solutions.
Il WWF, con il report “RIVER2RESTORE”, dimostra come i fiumi ripristinati rafforzino la nostra
resilienza ai cambiamenti climatici e chiede un impegno a tutti i Paesi europei per la rinaturazione
dei fiumi. Ripristinare la forma naturale, gli habitat, il flusso e il funzionamento del sistema
fluviale, comprese le pianure alluvionali, eliminando le barriere e creando più spazio per la natura,
consentono una moltitudine di benefici e il ripristino di importanti servizi ecosistemici è urgente e
necessario per mitigare le conseguenze degli impatti del cambiamento climatico.