Costume e Società

QUANDO A GLAUCO MAURI VENNE L’IDEA DI FARE L’ATTORE

Glauco Mauri, “profeta” anche in patria ! Pesaro lo ha accolto per il suo spettacolo al
teatro Rossini con affetto e grande ammirazione. Tempo addietro lo ha proclamato
cittadino onorario. Il CESMA (Centro Studi Marche di Roma) gli ha attribuito il
titolo di “Marchigiano dell’anno”, il Sodalizio dei Piceni, la più antica e rinomata
istituzione marchigiana della capitale, che ha finanziato, tra l’altro, gli studi
universitari di tanti giovani, lo ha insignito del “Premio Picenum” (Pergamena e una
artistica opera dello scultore Mastroianni). Mi trovavo a ricoprire il ruolo di
presidente della apposita commissione istruttoria di tale storica Fondazione picena e
ne proposi la assegnazione del riconoscimento. In anni precedenti, nel settore
dell’arte scenica, erano stati insigniti anche Virna Lisi (Ancona) e Dante Ferretti
(Macerata). Nell’albo d’oro figurano anche padre Armando Pierucci (Pesaro),
fondatore dell’Istituto musicale Magnificat a Gerusalemme dove musulmani ed ebrei
convivono in armonia, nonchè Glauco Tocchini Valentini (Pesaro), biologo
molecolare, già a lungo docente a Chicago. Su quasi tutti questi personaggi le
cronache non sono state molto generose e mi è sembrato opportuno che almeno i
marchigiani ne evidenziassero il valore in

coerenza con le norme statutarie del sodalizio secondi le quali l’attestato va ogni
anno ad un personaggio marchigiano che:1) onori la sua terra avendo raggiunto
notevoli traguardi nel suo campo di attività 2) sia come modello da imitare per le giovani
generazioni perché si cimentino per seguirne l’esempio e l’insegnamento.
Per Glauco Mauri la cerimonia si svolse nell’auditorium del Complesso
Monumentale di San Salvatore in Lauro alla presenza di autorità nazionali e regionali
e con l’intervento della Banda della Polizia di Stato che eseguì un applaudito

concerto. Nell’illustrare la nota e prestigiosa figura di Glauco Mauri, ebbi modo di
ricordare, tra l’altro, come per lui Ingrid Bergman abbia nutrito intensa ammirazione.
Per non parlare poi di Eugène Ionesco che, dopo la rappresentazione italiana de “Il
Rinoceronte”, raggiunse il camerino di Mauri per rivolgergli, visibilmente
commosso, i propri rallegramenti. Nel suo saluto di ringraziamento Glauco Mauri
rievocò gli esordi della sua vocazione artistica a Pesaro dove visse l’infanzia in “
grande povertà” ma con ricchezza di affetti e di coraggio: “Debbo a mia madre
l’onesta forza per affrontare la vita” esordì nel suo intervento. E proseguì: “Un giorno
presso la Parrocchia di S.Agostino, che frequentavo, mi venne chiesto se volevo fare
il suggeritore in uno spettacolo gestito dalla locale filodrammatica. Non bisogna
dimenticare che Pesaro ha avuto sempre una forte tradizione filodrammatica.
Quando mi udì il regista della rappresentazione “la notte del vagabondo” mi propose
di recitare affidandomi il ruolo di protagonista. Era il 1° gennaio del 1946, ed io
avevo 15 anni. L’idea di fare l’attore mi venne in quella circostanza”. Va pure
ricordato che “amava intensamente la musica”. Ed in proposito, scrive il Comune di
Pesaro nel presentarne il profilo in occasione del suo allestimento al Teatro
Rossini del De Profundis di Oscar Wilde, che, ancora ragazzino, era spettatore
assiduo degli spettacoli lirici al Teatro Rossini, dove correva su per cinque piani di
scale fino al loggione, a prendere posto anche per una vecchia signora. Ed al folto
pubblico accorso per festeggiarlo all’auditorium del complesso “San Salvatore in
Lauro”, sede del Sodalizio dei Piceni, raccontò: “Nel 1947 presso Villa Marina d'estate
era stata organizzata una colonia per ragazzi. Il sacerdote del posto, don Andrea mi
chiese di allestire uno spettacolo dal titolo: “un giorno in colonia”. Occorreva far
esibire un coro a bocca chiusa. Allora era molto in voga il valzer delle candele. Mi
adoperai facendo entrare in scena il coro cui avevo fornito dei pettinini che attrezzati
con una carta velina potevano emettere un suono originale e gradevole, di vera
poesia. Molte mamme avevano gli occhi lucidi”.
E forse qualche occhio lucido lo ha procurato anche a noi con la sua “ parabola
universale della sofferenza, dell’arte e dell’amore” rievocativa anche delle tribolazioni
di Oscar Wilde e messa in scena al “Rossini”.

*Presidente Emerito del Conservatorio Statale Rossini