La vittoria netta di Donald Trump negli Stati Uniti d’America è uno tsunami per l’Unione Europea di cui i 27 governi degli Stati membri farebbero bene a prendere atto il più velocemente possibile.
Al di là dell’indebolimento per la democrazia in America e nel mondo che questa elezione porterà, è bene che gli Europei colgano in fretta il senso del nazionalismo aggressivo e irresponsabile del Presidente che sta per entrare in carica, e che si preparino al fatto che Trump giocherà a indebolirli, dividerli, usarli.
Cosa vogliono fare, allora, i nostri 27 nanetti politici che si tengono stretta una sovranità fittizia che li mantiene impotenti e incapaci di provvedere alla propria sicurezza, e che li condanna al declino industriale ed economico? Vorranno capire che, come ai tempi del COVID, la situazione è drammatica, e che serve un sussulto per proteggersi a vicenda, insieme, perché siamo una comunità di destino? O ognuno cercherà di salvarsi come può per conto proprio? I governi più nazionalisti si faranno forti di un alleato che li incoraggia a “riappropriarsi” di poteri che Bruxelles ha sottratto ai propri membri, e cercheranno di guadagnarsi i favori del potente alleato americano? E i governi guidati dalle forze pro-europee? Continueranno a trovare scuse per opporsi a una maggiore integrazione politica così evidentemente necessaria in questo contesto, e così ben spiegata nei Rapporti Draghi e Niinistö della Commissione europea?
Questa Unione non è in grado di reggere la competizione globale e di proteggersi, e stare fermi equivale a restare paralizzati e a condannarsi all’agonia, che con Trump sarà sicuramente più veloce ma non meno dolorosa.
Dagli Stati dell’UE deve arrivare subito un segnale forte. Ci vorranno anni prima che l’UE diventi autonoma sul piano della difesa e della sicurezza, ma quello che può fare – quello che i governi degli Stati membri possono fare – è far capire di essere determinati a rafforzare la propria unità e a combattere coesi per costruire il proprio futuro. Molte cose sarebbero pronte in tempi rapidi, se entra in gioco la volontà politica: la Commissione europea ha i poteri per reagire alla guerra commerciale sui dazi che arriverà presto; ma non ha il potere di completare il Mercato unico dei capitali per convogliare il risparmio privato sugli investimenti di cui l’Europa ha bisogno, e non ha il potere di lanciare un piano di investimenti pubblici europei emettendo debito. Servono allora subito decisioni in tal senso, perché l’UE non può più aspettare per far partire un progetto a sostegno dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo industriale, nel campo della difesa innanzitutto. Basta dunque veti sul completamento degli strumenti indispensabili in un’area monetaria unica, e via libera ad un’autonomia fiscale dell’UE e al voto a maggioranza in politica estera. Subito.
Non ci sono alternative per gli Europei se non farsi Unione federale: come ammonisce lo stesso Draghi, i governi che lo capiscono vadano avanti, prendano l’iniziativa. Facciano subito i primi passi che diano credibilità all’Europa per contrapporsi alla volontà di dominio di Trump e per fermare le mire egemoniche di Putin, pensando ad una reazione comune vera e decisa a protezione dell’Ucraina, dei Paesi dell’Est dell’UE, dei cittadini europei tutti. Se sapranno cogliere il pericolo mortale che corrono, forse gli Europei troveranno finalmente la forza di costruire una sovranità condivisa, di diventare una comunità statuale unita. Serve però leadership e volontà politica dei governi degli Stati più grandi: Francia, Germania, Polonia, Spagna: e l’Italia? Il nostro governo e la nostra politica tutta cerchino di capire che ruolo vogliono giocare in questo momento in cui la Storia non fa sconti.
Pavia-Firenze, 6 novembre 2024
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