Allarme criminalità nelle Marche
Imprese edili dirette da soggetti siciliani nel Maceratese in contiguità con clan mafiosi, due indagini di carabinieri e Gdf sul reimpiego di capitali illeciti ad Ancona connessi al clan della ‘ndrangheta Alvaro, l’acquisto di alberghi da parte di soggetti del Napoletano sospettati di riciclare denaro sporco. Sono diverse le indagini sul business in odore di mafia condotte nelle Marche dalla Direzione distrettuale di Ancona. Le segnala la relazione 2014 della Direzione nazionale antimafia.
Proprio sul rischio di infiltrazione del crimine organizzato nel settore economico, pur “costantemente monitorato” e “nei limiti di un’accettabile fisiologia criminale”, la Dna invita gli inquirenti a prestare particolare attenzione. Un’analisi in sintonia con le priorità investigative per il 2015 della Dda di Ancona: un più incisivo sviluppo delle indagini sulle infiltrazioni economiche della criminalità organizzata nel territorio e sui traffici nel porto di Ancona, punto di snodo per il passaggio di droga, contrabbando e immigrazione clandestina. Quanto alla ripartizione regionale per gruppi attivi (dati della Dia e della Dna aggiornati agli anni 2000-2011) il 54,8% sono legati alla ‘ndrangheta, il 21,5% alla camorra, il 16,7% alla criminalità pugliese e il 7% a Cosa Nostra. “Anche se l’attività economica regionale ha registrato lenti segnali di ripresa per tutte le province ad eccezione di Ancona, penalizzata dall’andamento negativo di alcuni settori – osserva il consigliere Antonio Laudati – è di tutta evidenza come la stessa sia ancora esposta al potenziale rischio di infiltrazione del crimine organizzato, che potrebbe acquisire la gestione diretta o indiretta, con l’impiego di capitali illecitamente accumulati, di alcune realtà economiche regionali”
Sul territorio sono presenti “personaggi legati ad associazioni di tipo mafioso, condannati per questo in via definitiva, anche colpiti da provvedimenti di soggiorno obbligato e/o interessati da altre misure dettate dalla normativa antimafia, che costituiscono un vero e proprio pericolo per il tessuto socioeconomico della regione”. L’indice di presenza mafiosa (l’Ipm, che prende come riferimenti dati tra cui omicidi, denunce per 416 bis, Comuni sciolti per mafia, beni confiscati ecc. tra 2000 e 2011), è più alto ad Ancona (1,07). Seguono Pesaro Urbino (0,68), Ascoli Piceno (0,63), Macerata (0,13). Per l’indice di rischio territoriale (presenza mafiosa, ricchezza, economia sommersa, mercato) guida invece la classifica Ascoli Piceno (34,93), seguita da Pesaro Urbino (33.15), Macerata (33,10) e Ancona (19,88).