IO solamente l’IO
Ci stupiamo di avere passato 20 anni di berlusconismo? Sinceramente, perdonatemi il gioco di parole, bisogna
stupirsi di chi si stupisce di fatti che erano già stati tutti annunciati e facilmente prevedibili. Già 30 anni fa,
prima ancora di scrivere il suo celebre “Il falò delle vanità” dove metteva a nudo i vizi della generazione X
newyorchese, il grande scrittore Tom Wolfe nel suo “Il decennio dell’Io” vaticinava il “To Me Decade”, il
passaggio dal NOI al IO.
Era la scoperta che il boom economico aveva permesso anche alle fasce più basse della società operaia a stelle
e strisce di godere di un relativo benessere e che finalmente ci si poteva concedere la cura di se stessi, si
realizzava il sogno utopistico socialista di Saint-Simon e Marx con la “realizzazione del proprio potenziale come
essere umano”. Era la fine del collettivismo a favore dell’individualismo, la migrazione dalla coppia al singolo, la
transizione dalle Affinità Elettive di Goethe a favore dell’edonismo di Sex & The city, dove quello che trionfa è lo
svuotamento dei rapporti sentimentali a favore di un divertissement trascorso fra lenzuola sempre diverse e
cocktails con gli amici, il passaggio dal concetto degli amanti uniti in un cerchio perfetto che si sublimano in una
superiore trascendente entità ad un singolo dedito solo al proprio benessere e piacere.
Pessimismo? Tutt’altro, Tom Wolfe vedeva tale cambiamento con positività, derivava dalla ribellione del ’68,
dagli scontri famigliari tra genitori tradizionalisti e figli barricaderi, dai tafferugli di piazza tra studenti e polizia,
dal femminismo, dall’emancipazione degli uomini di colore, dallo scontro generazione che portava alla
liberazione dello spirito e della passione.
Decisamente più pessimista la visione amara del lucido ed acuto Christopher Lasch che per primo pose le basi
del decennio dell’IO descrivendo la decadenza dei valori occidentali come una sorta di vero e proprio
narcisismo, avreste mai immaginato che immettendo in Google le chiavi di ricerca Tiger Woods e narciso
otterreste decine di migliaia di risultati? Il dramma è anche i leader politici non divergono da questa palogica
forma di narcisismo comportandosi come bambini viziati ed egocentrici, Hailemann ed Halperin nei loro
reportage sulle elezioni statunitensi additano la sconfitta di John Edwards al suo narcisismo e definiscono il pur
bravissimo Bill Clinton come un narcisista di dimensioni epiche.
Ci stupiamo del ventennio di berlusconismo? Lasch elabora la teoria freudiana del narcisismo definendo il
soggetto come un insicuro che si dona certezza con l’autogratificazione, manipolando le altrui emozioni per
ottenere la di loro approvazione e adorazione, non vi pare si attagli perfettamente alla figura ed al modus
vivendi sociale in cui siamo immersi?
Non è certo sulla figura di sua Emittenza che vogliamo soffermarci se non prendendola come sublimazione del
fenomeno, se tutto si riducesse ad un singolo in fondo saremmo di fronte ad difetto, ma purtroppo quello cui
abbiamo assistito e che era stato così ben preventivato da Wolfe e Lasch è un fenomeno di massa, una
patologia che trova il suo essere nell’ossessione per la celebrità, il momento di gloria, la foto in copertina,
l’incapacità di ammettere errori e lo scorrere di relazioni vuote che portano ad una disgregazione dei rapporti
sociali schiacciandosi nel proprio IO narcisistico dove l’unico scopo diventa quello che ci si può permettere per
se stessi.
Abbiamo perso per strada i colti intellettuali ascetici e quelli di sinistra mutandoli in allegri consumisti e nuova
sinistra con una pletora di enclavi dedite solo alla coltivazione delle proprie esigenze e chiuse a riccio a difesa
dei propri privilegi, e che si aspettano solo di vedere ratificate dallo stato padrone perdendo di vista concetti
come cittadinanza e condivisione.
E’ una decade che si è moltiplicata per 3 o 4 oramai, ci lamentiamo continuamente in una estenuante litania
che si traduce in un cahier de doléances che è una lista della spesa dei nostri bisogni individuali, ma che va solo
ad intaccare la società e collettività in cui, malgrado o per fortuna, dobbiamo vivere.
MAURIZIO DONINI