Da Infolampo: Pensioni donne
Pensioni, Spi Cgil: «Via quella norma sulla reversibilità»
“Anche per questo – ribadiscono i pensionati della Cgil dopo l’audizione di oggi (4 aprile) alla commissione Lavoro della Camera – saremo il 19 maggio in piazza del Popolo a Roma insieme alle sigle di categoria di Cisl e Uil”
“La norma sulla reversibilità deve essere stralciata dal disegno di legge sul contrasto alla povertà. Questo è quello che abbiamo sempre sostenuto ed è quello che abbiamo detto oggi pomeriggio (4 aprile, ndr) in una audizione presso la commissione Lavoro della Camera”. Lo Spi Cgil prosegue nella battaglia iniziata ormai un paio di mesi fa, quando per primo lanciò l’allarme sul destino delle pensioni di reversibilità.
Il tema tiene banco per l’esattezza dallo scorso febbraio. Se è vero che il governo ha smentito più volte l’intenzione di mettere le mani sulle reversibilità, lo è altrettanto il fatto che nel ddl delega sulla povertà approdato in commissione Lavoro a Montecitorio c’è la possibilità di rivedere le pensioni erogate agli eredi alla morte del pensionato o del lavoratore che abbia maturato i requisiti per l’assegno.
Da qui la presa di posizione dello Spi che continua a chiedere un confronto. “Il ddl ora in commissione – aveva spiegato il segretario dello Spi, Ivan Pedretti, in questa recente intervista a Rassegna – stabilisce che le reversibilità siano considerate prestazioni assistenziali e non più previdenziali. Significa che l’accesso a questo tipo di pensione sarà legato da questo momento in avanti all’Isee, per il quale conta il reddito familiare e non quello individuale. Se il provvedimento dovesse passare, saranno tante le persone che non si vedranno più garantito tale sacrosanto diritto. La possibilità di mettere mano alle pensioni di reversibilità è semplicemente una follia”. La richiesta al governo è dunque sempre la stessa: un passo indietro durante la discussione in commissione Lavoro. “I margini per una seria modifica ci sono tutti, ma serve innanzitutto la volontà politica. Una cosa è certa: se non ci saranno riscontri positivi, non staremo certo fermi a guardare”.
Dalle parole ai fatti. “Anche per questo motivo – ribadisce quest’oggi la sigla di categoria nella nota diffusa dopo l’audizione a Montecitorio – il 19 maggio insieme a Fnp e Uilp saremo in piazza del Popolo a Roma”.
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Non siamo un Paese per donne
L’estromissione di Linda Laura Sabbadini, ricercatrice Istat stimata a livello internazionale, è un avvenimento che non può passare inosservato, considerato il suo ruolo di pioniera nel raccontare le questioni di genere attraverso la statistica
di Raffaella Sirena
L’Italia non è un paese per donne, e le statistiche lo confermano. Parliamo di numeri che analizzano le dinamiche di società, lavoro ed economia. Ma parliamo, prima di tutto, di questioni di genere e di Linda Laura Sabbadini, direttrice del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali Istat, rimossa dal suo incarico con decorrenza dal prossimo 15 aprile. L’estromissione della Sabbadini, ricercatrice stimata a livello internazionale, è un avvenimento che non può passare inosservato, considerato che è stata pioniera, ben due decenni fa, nel raccontare le questioni di genere in Italia attraverso la statistica.
Sabbadini fu una delle prime studiose a denunciare le disparità sul piano sociale, familiare e lavorativo di cui soffrivano le italiane. Nel 1995, grazie alle sue ricerche alla Conferenza internazionale di Pechino, tutto il mondo ha saputo che le donne italiane erano quelle che, a livello globale, accumulavano il maggior numero di ore lavorative tra cura domestica e impegno fuori casa. Di recente è stata inserita nella lista delle “100 eccellenze italiane”. Prima ancora ha fatto parte della commissione Onu incaricata di stabilire i parametri statistici utili nello studio delle violenze sulle donne e di altri organismi della Commissione europea.
Il suo è un curriculum di grande livello, come altrettanto grande è il contributo che in questi anni ha dato affinché nelle statistiche ufficiali si riducesse l’approccio economico-centrico e fossero messe in luce le vite dei cittadini, uomini e donne, e considerate le differenze e le marginalità. Non appena trapelata la notizia dell’esclusione dall’organigramma è scattato un vero e proprio tam-tam nella rete: una valanga di tweet di solidarietà, una petizione sulla piattaforma Change, mail bombing contro il premier Matteo Renzi e il presidente dell’Istat Giorgio Alleva e diversi gruppi di mobilitazione su Facebook, che – nel giro di poche ore – hanno raggiunto migliaia di iscrizioni.
Gli studi di Linda Laura Sabbadini sono stati preziosi per approfondire molti aspetti quali la violenza di genere, i dati sull’occupazione femminile, le indagini sulla povertà e la condizione delle donne immigrate. Un lavoro importante dal punto di vista scientifico e culturale che non a caso è stato più volte citato come fonte negli approfondimenti contenuti nell’Agenda Mia, la pubblicazione annuale che Edit. Coop ha realizzato dal 1996 al 2015, ideata per aiutare le donne a orientarsi e muoversi meglio nel mondo del lavoro e nelle molteplici attività della vita quotidiana. Nei social (e non solo) l’indignazione è alta perché non è ammissibile mettere all’angolo una professionalità preziosa come quella della Sabbadini. C’è chi dice che sia “illusorio sostituire le ricerche con la mera raccolta dei dati”, e questa critica appare ragionevolmente sensata.
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