Da Infolampo: Corleone – Ecomafie
A Corleone clima sempre più pesante
Dino Paternostro, responsabile legalità Cgil di Palermo e collaboratore di Rassegna, attaccato su
Facebook dal genero di Riina per aver postato un articolo del giornalista Salvo Palazzolo sull’inchino
davanti alla casa del boss durante una processione
La Cgil Palermo e la Cgil di Corleone esprimono solidarietà nei confronti del dirigente sindacale Dino
Paternostro, responsabile della Legalità per la Camera del lavoro del capoluogo siciliano e collaboratore
di Rassegna, e del giornalista di Repubblica Salvo
Palazzolo, bersaglio entrambi di una pesante offesa per
avere scritto (il secondo) e postato su Facebook (il
primo) la cronaca dell’inchino della vara di San
Giovanni Evangelista davanti alla casa di Totò Riina e
Ninetta Bagarella, in via Scorsone, 24 a Corleone.
Sul profilo Facebook di Dino Paternostro, il genero di
Totò Riina, Tony Ciavarello, ha scritto: “Buffone lei e
il suo collega che ha scritto l’articolo”. Paternostro ha
denunciato il fatto ai carabinieri. “Siamo vicini a
Paternostro e a Palazzolo, ai quali va la nostra
vicinanza. E chiediamo – dichiarano il segretario
generale della Cgil Palermo Enzo Campo e il segretario
della Cgil di Corleone Cosimo Lo Sciuto – che si faccia
tutta la chiarezza possibile sui contorni della vicenda
denunciata dalle forze dell’ordine e riportata sulla
stampa perché non restino margini di dubbi. Lo chiede la parte sana della città di Corleone, la stragrande
maggioranza dei cittadini, che in questi anni, a partire dalla nostra organizzazione sindacale, ha
contrastato il fenomeno mafioso. Ci sono tanti giovani oggi a Corleone che contrastano la cultura mafiosa
e questa parte sana deve avere il sopravvento sulla parte di città che resta ancora collusa”.
“In questo senso – aggiungono Campo e Lo Sciuto – leviamo forte la nostra richiesta perché il ministero,
che ha tutte le carte in mano, concluda la sua ispezione e metta fine al clima di incertezza politica
istituzionale del Comune di Corleone, su cui pende il rischio di scioglimento per infiltrazioni di mafia.
Una situazione che ha creato in questo ultimo anno un clima pessimo all’interno della comunità. A
Corleone si respira un’aria molto pesante, ci sono atteggiamenti ambigui delle istituzioni locali che
lasciano perplessi e che mettono i discussione i valori positivi di una società, espressi in tante iniziative”.
“Chiediamo per questo di alzare il livello di attenzione e di dare presto una risposta di chiarimento, perché
tutto lo sforzo fatto in questi lunghi anni in direzione del rinnovamento non venga ricacciato indietro”,
aggiungono Campo e Lo Sciuto. Infine, un appello alla Chiesa: “C’è una Chiesa che noi apprezziamo,
chiediamo che aiuti la comunità di Corleone a trovare il coraggio per camminare a testa alta. Per questo –
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Cgil: iniziativa 9 giugno
‘L’acqua è ancora un bene comune?’
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Ecomafie, i reati ambientali valgono 258 miliardi
In due anni il business globale è aumentato del 26%. Più velocemente del Pil. Sotto solo a traffico di
droga, esseri umani e contraffazione. In Italia giro d’affari da più di 22 miliardi.
Il fatturato delle ecomafie cresce in tutto il mondo, più veloce del Pil planetario. Nel 2016 si calcola che
arriverà a 258 miliardi di dollari, con un aumento del 26% rispetto al 2014.
Nell’ultimo decennio i ricavi dai reati ambientali sono cresciuti in media del 5-7% ogni anno, più del
Prodotto interno lordo globale. Oramai i crimini contro l’ambiente sono la quarta attività illecita al mondo
per fatturato, dopo droga, contraffazione e traffico di esseri umani.
I conti in tasca alle ecomafie li ha fatti un rapporto congiunto dell’agenzia dell’Onu per l’ecologia, l’Unep,
e dell’Interpol, diffuso in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente.
Già il titolo la dice lunga: «L’ascesa del crimine ambientale». Questi reati comprendono traffico di specie
selvatiche, taglio illegale di boschi, contrabbando di oro e altri minerali, pesca di frodo, traffico di rifiuti,
frodi sui crediti di carbonio.
«IL MONDO MENO SICURO». Per il direttore esecutivo dell’Unep, Achim Steiner, «le forti somme di
denaro generate da questi crimini mantengono in affari bande sofisticate e alimentano l’insicurezza nel
mondo. Il risultato non è solo devastante per l’ambiente e le economie locali, ma per tutti quelli che sono
minacciati da queste imprese criminali. Il mondo deve unirsi per adottare una forte azione nazionale ed
internazionale per porre fine ai reati ambientali».
I GOVERNI DEVONO AGIRE. Il rapporto Unep-Interpol raccomanda ai governi azioni, norme e
sanzioni decise (comprese misure per demolire i paradisi fiscali), aumento dei fondi per il contrasto,
incentivi e sostegni economici per dare alternative alle popolazioni che traggono sostentamento da questi
reati.
Di crimini ambientali ha parlato lunedì anche il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, alla
celebrazione per i trent’anni del suo Ministero, alla presenza del presidente Mattarella: «Le ecomafie,
criminalità organizzata che aggredisce e avvelena per i suoi affari illeciti il territorio, sono un massacro di
natura e una minaccia per la salute pubblica, come sanno gli abitanti della cosiddetta ‘Terra dei fuochi’, a
cui dobbiamo la difesa dalle cosche e la bonifica della loro terra».
IN ITALIA PRESO DI MIRA IL TRAFFICO DI RIFIUTI. In Italia le pene sono state inasprite con la
legge n°122 del 22 maggio 2015, in materia di riforma dei reati ambientali con l’obiettivo di garantire un
netto salto di qualità nella protezione della salute e dei beni naturali. Data la natura dei crimini di tipo
ambientale nella Penisola, quasi sempre legati al traffico di rifiuti, ad essere tenuti in considerazione sono
stati quei reati che danneggiano il suolo pubblico.
Secondo Greenpeace, in Italia il 2014 si è chiuso con un bilancio pesante: 29.293 reati accertati, circa 80
al giorno, poco meno di 4 ogni ora, per un fatturato criminale che è cresciuto di 7 miliardi rispetto
all’anno precedente raggiungendo la cifra di 22 miliardi, cui ha contribuito in maniera eclatante il settore
dell’agroalimentare.
PENE DAI 2 AI 15 ANNI. Il provvedimento ha introdotto nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai
“Delitti contro l’ambiente”, all’interno del quale sono previste le nuove fattispecie di: inquinamento
ambientale; disastro ambientale; traffico ed abbandono di materiale radioattivo; impedimento di controllo;
omessa bonifica.
Inquinamento ambientale e disastro ambientale risultano puniti rispettivamente con pene detentive che
vanno da un minimo di 2 ad un massimo di 15 anni. Prevista inoltre la pena accessoria della incapacità di
contrattare con lo Stato per le fattispecie di: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed
abbandono di materiale radioattivo, impedimento di controllo e traffico illecito di rifiuti (quest’ultimo già
previsto all’interno del Codice dell’Ambiente).
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miliardi_43675248603.htm