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Londra è fuori dall’Unione

brexitLondra sceglie di uscire dalla UE.  Con una percentuale di poco superiore al 3% i sostenitori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione hanno il sopravvento, nonostante la contrarietà degli scozzesi e degli irlandesi. Il “si” all’uscita dall’Unione è il frutto avvelenato di un’Europa densa di squilibri, priva di alcuni elementi essenziali in grado di caratterizzarne prestigio, forza attrattiva e condivisione autentica degli obiettivi. Invece manca una politica monetaria comune, una politica fiscale omogenea, indirizzi politico economici diversi e divaricanti, politiche sociali diversificate, così da stratificare insoddisfazioni, recriminazioni e infine il rifiuto di continuare a condividere un cammino comune. Invero la Gran Bretagna era nell’Unione con un piede solo, ma tanto bastava per dare un senso alla comunità. Dapprima l’allargamento sfrenato dell’Unione ai paesi dell’est, con l’intento di riequilibrare le sorti politiche dell’Unione, intento miseramente fallito e infrantosi contro lo strapotere tedesco, in grado anch’esso di allargare il canale della Manica e convincere gli inglesi al “si” anche dopo il barbaro assassinio della parlamentare Cox. Certo le analisi critiche in questi anni non sono certo mancate, lo spirito originario, i trattati di Roma, hanno presto lasciato il posto alle aride e deprimenti direttive europee, in grado spesso di far sorridere da un lato, ma dall’altro di rendere sempre più invisa l’Europa dei burocrati e dei politici a fine carriera spediti a svernare a Bruxelles. Così un misto di sentimenti di rivalsa, populismi esasperati, privi di una concreta analisi delle conseguenze hanno al fine segnato il destino della consultazione referendaria. Lo choc è forte, così come forti potranno essere le conseguenze politico-economiche, durature nel tempo e non prive di risvolti anche drammatici, ma un bagno salutare di umiltà è necessario, così come è necessario ripartire da alcune regole condivise, evitando prove muscolari a spese di questo o quel Paese, ma adottando una reale politica “comunitaria” senza egoismi e tatticismi. L’Europa può sopravvivere, il progetto può riprendere forza se i Paesi fondatori metteranno a disposizione dell’Unione una volta tanto le energie migliori e non le solite mediocri mezzetacche. ‘Europa deve entrare nel cuore della gente, non essere vissuta come un problema o un fastidio in quanto fissa regole assurde e cervellotiche in grado di fare danni in particolare alla nostra economia. Già domani ci sarà chi vorrà trarre vantaggio da quanto accaduto in Gran Bretagna e proporre facili scorciatoie, sappia che nel nostro Paese è impossibile mettere a referendum i trattati, pertanto i nuovi populisti dovranno trovare argomenti seri e convincenti per modificare le norme europee, le leggi comunitarie, le direttive, senza indulgere a facili quanto dannosi spot elettorali.

ARES