News ItaliaUltimissime Notizie

Da Infolampo: Welfare – Precariato

7699_WelfareReformWordle_ContentImage«Secondo welfare», i rischi della contrattazione

Dai premi di risultato al coinvolgimento dei lavoratori, questi gli assi delle misure fiscali per aziende e

lavoratori contenute nell’ultima legge di stabilità. Ma è un bilancio di luci e ombre, indispensabile è il

monitoraggio sulla qualità degli accordi

di Alberto Mattei, ERE 30 settembre 2016

Premi di risultato, da contrattare a livello decentrato; welfare aziendale, da negoziare anch’esso a livello

aziendale o territoriale; coinvolgimento dei

lavoratori, da svolgersi in maniera paritetica e

riguardante l’organizzazione del lavoro. Il tutto

condito da misure fiscali di sostegno stabilite per

legge. Sono questi i tre assi su cui ruotano le misure

fiscali di favore per aziende e lavoratori disciplinate

all’interno dell’ultima Legge di stabilità, approvata

a fine dicembre 2015, e valide per il 2016. Che

spazio c’è per la contrattazione collettiva? La legge

sul punto apre al riconoscimento di premi di

risultato cui applicare un’aliquota fiscale agevolata

al 10 per cento e sostitutiva dell’Irpef e delle

addizionali regionale e comunale, o in alternativa la

possibilità di convertire il premio in tutto o in parte

in misure di welfare aziendale integralmente

detassate. Condizione per l’introduzione di queste misure è che siano sottoscritte in accordi collettivi a

livello decentrato, di tipo aziendale o territoriale. Il beneficio fiscale è esteso se vi sono forme di

coinvolgimento dei lavoratori.

Vi sono limiti soggettivi e d’importo al fine dell’operatività delle misure: le intese devono riguardare i

titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore ai 50 mila euro annui, nella misura di importo

complessivo che non può superare i 2 mila euro, cifra che può raggiungere i 2.500 euro laddove vi sia un

coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Questo in estrema sintesi. In

realtà, tali incentivi non costituiscono misure inedite: misure di sostegno fiscale e/o contributivo al

riconoscimento della retribuzione di risultato sono state introdotte già anni or sono, e così anche la

diffusione di piani di welfare sono già presenti in realtà aziendali di medie e grandi dimensioni che hanno

avuto e stanno avendo un’eco sui mezzi di comunicazione (tra le più recenti, il contratto integrativo

sottoscritto unitariamente in Fincantieri).

In questa cornice, le misure introdotte per il 2016 mirano a essere strutturali, non più sperimentali anno

per anno, e per di più si cerca di rendere più stringente l’incentivo fiscale tramite la previsione di basare i

premi di risultato al raggiungimento di obiettivi che siano realmente misurabili, effettivamente

incrementali e obiettivamente verificabili. Infatti, i contratti collettivi, si legge nel decreto ministeriale del

Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/secondo-welfare-i-rischi-della-contrattazione

L’ennesima beffa a giovani e precari(e):

mobilitiamoci contro il fertility day

Leggi su www.ilcorsaro.info

www.radioarticolo1.it

Precariato di massa

Le retribuzioni in Italia sono basse e stagnanti, beni e servizi subiscono da anni tagli e privatizzazioni.

Politiche restrittive, liberalizzazione del mercato del lavoro e crollo della struttura produttiva: ecco

perché si lavora meno e si guadagna poco

di Marta Fana

Cresce poco l’occupazione ad agosto: +13.000 occupati secondo l’indagine mensile sulle forze di lavoro

dell’Istat. I tassi di occupazione e disoccupazione rimangono sostanzialmente invariati rispetto al mese di

luglio.

Il lieve aumento degli occupati recupera soltanto il venti percento del calo registrato nel mese di luglio.

Tuttavia, se da un lato l’aumento occupazionale è dovuto ad un incremento dei dipendenti a tempo

indeterminato (+45 mila), associato a un calo degli autonomi (-34 mila), dall’altro, l’occupazione

continua a crescere solo tra gli over 50. Tra i lavoratori nella fascia di età 15-49 anni, nel mese di agosto

si registra un calo di 37.000 unità, dato che conferma una tendenza ormai pluriennale. In termini di

genere, agosto si caratterizza per un incremento delle occupate e una riduzione degli occupati, in

controtendenza al dato degli ultimi mesi. A parte la variante di genere non emerge nessuna variazione

significativa neppure rispetto al tasso di disoccupazione, invariato su luglio e al tasso di inattività, stabile

al 35,2%.

La novità invece risiede nella pubblicazione della distribuzione degli occupati per numero di ore lavorate.

Sebbene i dati non siano destagionalizzati, quindi l’analisi non è accurata soprattutto per il confronto tra i

diversi trimestri, è possibile rintracciarvi qualche evidenza. Dal periodo 2004-2006 ad oggi, la quota di

lavoratori occupati per più di 32 ore la settimana diminuisce dal 70 al 68,5%. Aumentano invece coloro

che lavorano tra le 17 e 32 ore (dal 17 a oltre il 22% dei lavoratori). Residuale è invece la quota di coloro

che lavorano tra una e otto ore la settimana. Due le interpretazioni che è possibile fin qui avanzare. Primo,

nonostante la quota di occupati a tempo indeterminato sia quella prevalente nel mercato italiano, sono

sempre di più coloro che pur avendo un contratto permanente lavorano part-time. Secondo, i contratti

atipici (lavoro a chiamata, somministrazione in particolare) sono spesso caratterizzati da un’instabilità

contrattuale che si riversa anche sull’orario di lavoro, saltuario appunto. Rimane l’annosa questione dei

voucher e la loro inclusione nello stock di occupati, dal momento che anche un’ora di lavoro retribuita

definisce un lavoratore occupato, dal punto di vista statistico.

Dai dati forniti dall’Istat emerge che dal 2012, anno d’inizio dell’esplosione nell’utilizzo dei voucher, la

quota di chi lavora meno di otto ore alla settimana non aumenta in modo significativo. Questo

sembrerebbe evidenziare che i cosiddetti voucheristi lavorano non meno di otto ore la settimana,

probabilmente alcuni di loro – non sappiamo quanti – lavorano anche fino a 32 ore settimanali.

Un’interpretazione non troppo peregrina considerando anche le evidenze aneddotiche secondo cui i

voucher dopo la completa liberalizzazione sono usati come forma di lavoro ordinario e non più

occasionale. Come nel caso del ragazzo di 21 anni che nel modenese ha perso due dita lavorando a una

pressa presso una ditta in cui era impiegato con orari da lavoro standard ma retribuito a voucher.

Più in generale, altre considerazioni possono essere avanzate: l’Italia ha un problema legato alla

sottoccupazione, sempre più spesso involontaria come mostrano i dati (trimestrali) sul part time

involontario. Tuttavia, lavorare meno si configura oggi come un problema economico, quando non

dovrebbe esserlo, per due ragioni principali: le retribuzioni in Italia sono basse e stagnanti, beni e servizi

pubblici subiscono da anni un’ondata di tagli e privatizzazioni, ragione per cui ai lavoratori servono più

soldi per far fronte ai propri bisogni. Inoltre, l’elevato tasso di disoccupazione che persiste in Italia a

causa delle politiche restrittive, liberalizzazione del mercato del lavoro e il crollo della struttura produttiva

hanno favorito il riemergere di un consistente esercito di riserva da utilizzare, facendolo ruotare, senza

troppo impegno.

Il protrarsi dell’attuale contesto pregiudica inoltre l’intero sistema previdenziale, la cui sostenibilità

rimane un miraggio non per le elevate pensioni attuali quanto per gli scarsi regimi contributivi delle

giovani generazioni, nell’ipotesi in cui riescano a trovare un’occupazione.

Leggi tutto: http://www.radioarticolo1.it/articoli/2016/10/02/7879/precariato-di-massa