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Da Infolampo: Anziani – Referendum

referendumcostituzionale-2La risorsa anziani come bene comune

Nel nostro Paese si presta scarsa attenzione nei confronti della fascia di popolazione che va dagli anni

del pensionamento a quelli della non autosufficienza. Una situazione confusa e contraddittoria cui tenta

di porre rimedio la proposta di legge n. 3538

di Carlo Gnetti

Secondo l’ultimo World Health Statistics (2015) dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’Italia

occupa il quarto posto al mondo per speranza media di vita alla nascita, dopo Giappone, Andorra e

Australia. Per quanto riguarda l’aspettativa di vita in

salute l’Italia è addirittura al secondo posto, assieme

alla Spagna (73 anni) e alle spalle di Singapore (76

anni). Oggi nel nostro Paese quasi due milioni e mezzo

di persone sono vicine alla soglia degli 80 anni, il 21

per cento della popolazione ha più di 65 anni (una

quota che, si calcola, nel 2080 raggiungerà il 35 per

cento). Eppure, il nostro sembra non essere un Paese

per vecchi, come ormai ben sappiamo, dato che in

pochi – sicuramente non i politici – sembrano cogliere

le molteplici implicazioni legate al fenomeno

dell’invecchiamento.

Tra le carenze più macroscopiche, c’è sicuramente la

scarsa (o nulla) attenzione nei confronti di politiche

destinate alla crescente fascia di età che va dagli anni del pensionamento a quelli della non

autosufficienza, in media circa una quindicina. Non a caso, il fenomeno delle badanti ha un’ampiezza

quasi unica al mondo in rapporto alla popolazione. I dati ufficiali (Inps) parlano di circa 800 mila, ma se

si tiene conto del lavoro nero, arriviamo quasi a due milioni, mentre 360 mila sono le persone che

occupano posti letto all’interno delle residenze sanitarie assistite.

Il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, anche in età avanzata, è in parte dovuto a una

grande conquista sociale del secolo scorso: il sistema sanitario di tipo universalistico creato negli anni

settanta, che dà accessibilità alle cure a tutta la popolazione, anche se lo fa in modo differenziato, dato che

ormai abbiamo tanti servizi sanitari quante sono le Regioni. Attenzione però alla possibile inversione di

tendenza: secondo l’ultimo rapporto Censis sono 11 milioni le persone che in Italia hanno rinunciato alle

cure, vuoi per ragioni economiche, vuoi perché i centri di cura sono troppo lontani. E di questi il 24 per

cento è composto da anziani. “Purtroppo i tagli allo Stato sociale – denuncia Enzo Costa, il presidente

nazionale dell’Auser, l’associazione di volontariato e di promozione sociale costituita nel 1989 per

iniziativa della Cgil e dei pensionati dello Spi – colpiscono le persone più fragili, come i bambini e gli

anziani. L’invecchiamento della popolazione è un trend strutturale e, quindi, se non metti in atto politiche

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Referendum, le buone ragioni del No

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Un No per (ri)costruire democrazia

È in atto una lotta sulla Costituzione che rischia di dimidiarne l’essere “patto sociale”: vi sarà una parte

che stenterà a riconoscervisi. Facciamo in modo che non sia il corpo vivo della società

di Alessandra Algostino

Al 4 dicembre mancano ancora pochi giorni, pochi giorni di una campagna durata lunghi mesi: era aprile

quando a fianco della raccolta firme si tenevano i primi incontri sul testo Renzi-Boschi. Sono stati mesi

intensi, faticosi e corredati da una continua, e crescente, tensione, ma sono stati mesi in cui è emersa la

ricchezza sparsa nella società.

La potenza mediatica e comunicativa del Sì, per tacere dei ricatti politici ed economici, è lampante, ma la

campagna, condotta dai comitati del no nei territori attraverso dibattiti, presidi, volantinaggi, ha mostrato

la vivacità esistente sul territorio, una vivacità plurale, fatta di tanti pezzi: sedi dell’Anpi, quanto resta dei

partiti della sinistra radicale, gruppi attivi nel sociale, comitati per l’acqua pubblica, movimenti a difesa

del territorio e dell’ambiente, associazionismo cattolico, centri sociali, qualche segmento dei sindacati.

Ne emerge una società come corpo vivo, e non solo: la mobilitazione del tessuto sociale di auto-
organizzazione collettiva sul referendum mostra la consapevolezza dell’inserimento della specifica

lotta/impegno sociale in una visione alternativa più ampia, nella quale le singole lotte si percepiscono

come parte di un controprogetto rispetto al modello dominante. Una visione in cui la Costituzione

rappresenta ancora un punto di riferimento importante.

Una lettura utopica? Non credo. Certo, la cittadinanza sociale attiva non è un fenomeno di massa, ma può

costituire la base per (ri)costruire una politica, e un soggetto politico, che metta al centro le esigenze di

giustizia ed emancipazione sociale. Da un lato, dunque, un nuovo riconoscimento per la Costituzione, una

sua rivitalizzazione; una conferma e una concretizzazione del carattere fondamentale della

“partecipazione effettiva” (art. 3, c. 2, Cost.).

Ciò, in palese contrasto con una riforma che mira sempre più a espellere dallo spazio politico il

pluralismo e la partecipazione. Non penso solo alle norme sulla democrazia diretta, come quelle che

elevano le firme necessarie per una proposta di legge di iniziativa popolare da 50.000 a 150.000 –

lasciando immutata la non considerazione delle proposte stesse da parte del Parlamento, perché nulla

garantisce il rinvio a future e discrezionali regole stabilite dai regolamenti parlamentari (ndr: dalla

maggioranza).

Penso all’impianto complessivo di un progetto che, concentrando poteri nell’esecutivo, attraverso il

depotenziamento dei possibili contrappesi, marginalizza sempre più le minoranze mostrando insofferenza

per qualsivoglia manifestazione di dissenso e/o di partecipazione che non sia quella di un voto che mira a

individuare una maggioranza (o una minoranza artificialmente resa tale) al cui comitato direttivo – o

meglio ancora al suo vertice (il Presidente del Consiglio) – sono affidate le sorti del Paese per cinque

anni.

Dall’altro lato, non si può negare che sia in atto una lotta sulla Costituzione che rischia di dimidiarne

l’essere “patto sociale”: vi sarà una parte che stenterà a riconoscervisi. Facciamo in modo che non sia il

corpo vivo della società. Diciamo No a un modello decisionista strumentale alla competitività escludente

della razionalità neoliberista, nel nome della Costituzione, con il suo riconoscimento del conflitto sociale

e il suo progetto di emancipazione sociale, di partecipazione e di limitazione del potere.

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