Infolampo: Occupazione – Moro
Peggiora la qualità dell’occupazione
Roma, 17 marzo – “Nel quarto trimestre 2017 le ore lavorate sono state 667 milioni in meno rispetto al
primo trimestre 2008 (- 5,8%). Calano di quasi 1,2 milioni anche le unità di lavoro (-4,7%)”. È quanto
emerge dallo studio “Lavoro: qualità e sviluppo” elaborato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio della
Cgil.
“Nell’Unione Europea a 15, – si legge nello studio – oltre all’Italia, anche Spagna, Grecia, Portogallo e
Irlanda presentano nel quarto trimestre 2017 un numero di ore
lavorate inferiore rispetto ai livelli che precedono la crisi
(primo trimestre 2008). In Italia, però, lo scarto tra le due
variazioni (occupati, ore lavorate), entrambe negative, è
particolarmente marcato. E questo andamento è legato al
peggioramento della qualità dell’occupazione nel nostro Paese.
Negli ultimi cinque anni, infatti, sono aumentati fortemente i
part-time involontari e, soprattutto negli ultimi due, le
assunzioni a tempo determinato, portando l’area del disagio
(attività lavorativa di carattere temporaneo oppure a part-time
involontario) a 4 milioni 571mila persone, il dato più alto
dall’inizio delle nostre rilevazioni. Peggiorano anche le
condizioni dei lavoratori a tempo determinato, con un
significativo incremento del part-time (+55% fra il 2015 e il
2017) e del numero dei contratti di durata fino a 6 mesi, passati
da meno di 1 milione nel 2013 a più di 1,4 milioni nel 2017”.
Per il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio
Fammoni, “Il numero totale degli occupati, pur importante,
rappresenta un’immagine molto parziale della condizione del
lavoro in Italia, dove la qualità dell’occupazione è in
progressivo e consistente peggioramento. È evidente dai dati,
che la ripresa non è in grado di generare occupazione
quantitativamente e qualitativamente adeguata, con una maggioranza di imprese che scommette
prevalentemente su un futuro a breve e su competizione di costo. Come pure è evidente che è necessario
intervenire sulle attuali norme legislative che regolano il mercato del lavoro che incidono in modo
negativo sulla qualità del lavoro stesso”.
“Incrementare gli investimenti, rafforzare gli ammortizzatori, riordinare le tipologie contrattuali”. Sono le
tre direttrici che la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti individua per un mercato del lavoro
La sintesi e lo studio della Fondazione Di Vittorio
Leggi tutto: http://www.cgil.it/lavoro-fdv-cgil-ore-lavorate-58-unita-lavoro-47-rispetto-al-2008-
peggiora-la-qualita-delloccupazione/
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Il caso Moro nelle carte della Cgil
Dal rapimento dello statista democristiano, sequestrato dalle Br, al ritrovamento del suo corpo esanime.
Raccontiamo gli avvenimenti di quelle giornate attraverso i documenti dell’Archivio storico della
confederazione
di Ilaria Romeo
Il 16 marzo 1978 (giorno della presentazione del nuovo governo, il quarto guidato da Giulio Andreotti) la
Fiat 130 che trasporta Aldo Moro dalla sua abitazione alla Camera dei deputati viene intercettata tra via
Fani e via Stresa da un commando delle Brigate Rosse. I cinque uomini della scorta (Domenico Ricci,
Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) vengono uccisi sul colpo, Moro è
sequestrato.
Dopo una prigionia di 55 giorni il corpo dello statista viene ritrovato il 9 maggio a Roma in via Caetani,
emblematicamente vicina sia a Piazza del Gesù che a via delle Botteghe Oscure, a due passi dalle sedi
storiche – rispettivamente – della Dc e del Pci. La Cgil vive con commossa partecipazione l’intera
vicenda, proclamando lo stesso 16 marzo – insieme a Cisl e Uil – lo sciopero generale.
Grandi manifestazioni hanno luogo a Bologna, Milano, Napoli, Firenze, Perugia e Roma, dove 200.000
persone si raccolgono in piazza San Giovanni. Così Luciano Lama dal palco: “Io credo, compagne e
compagni, che nelle grandi prove, nei momenti decisivi come questo si misurano in effetti le qualità vere,
migliori di una classe, di una popolazione, di una nazione”.
“Sul mondo del lavoro unito – prosegue il segretario generale della Cgil – incombe un compito
importante nella difesa dei valori essenziali della libertà, della democrazia, della civiltà nostra; […]
dobbiamo sentire che l’intesa, l’unità fra di noi è una delle garanzie vere, delle possibilità della
democrazia, della libertà di trovare nel nostro popolo la sua difesa essenziale. Dimostriamo in questo
momento difficile, in questo momento tragico della vita del paese di essere all’altezza di questo grave
compito”.
Il 18 aprile, XXX anniversario della vittoria democristiana nelle elezioni del 1948, trentaquattresimo
giorno del rapimento Moro arriva quello che poi sarà definito il falso comunicato numero 7 delle Brigate
Rosse, il cui contenuto dà per avvenuto l’assassinio di Moro e indica il luogo dove ricercarne il corpo. La
segreteria Cgil è riunita in corso d’Italia.
La riunione convocata di concerto con le segreterie del sindacato scuola, della Fiom, della
Federbraccianti, della Federazione enti locali e ospedalieri e degli enti statali per avviare una riflessione
in preparazione del convegno unitario per il diritto allo studio che si terrà a Montecatini il 3-4-5 maggio
viene sospesa non appena si riceve la notizia.
Due giorni dopo, il 20 aprile, alla redazione di la Repubblica arriva il vero comunicato n. 7: è il
comunicato dell’ultimatum: “Scambio di prigionieri o lo uccidiamo”. Il 21 aprile “la segreteria
confederale si riunisce in via straordinaria per valutare gli ultimi sviluppi della vicenda relativa al
rapimento dell’onorevole Moro. Nel comunicato delle ‘brigate rosse’ di ieri mentre si denuncia come
apocrifo il comunicato precedente che indicava l’avvenuta uccisione, si fissa l’ultimatum dello scambio
del rapito con 13 brigatisti attualmente in carcere. Questi elementi di novità nella situazione e le prese di
posizione diverse emerse nei giorni scorsi all’interno del movimento sindacale sembrano escludere,
secondo la segreteria, la possibilità di una valutazione unitaria della Federazione [Cgil-Cisl-Uil]”.
Si discute quindi sull’opportunità di una dichiarazione della segreteria della confederazione di corso
d’Italia. “La segreteria, dopo un dibattito cui partecipano tutti i presenti escluso Verzelli [Lama,
Marianetti, Giovannini, Didò, Garavini, Trentin, Zuccherini, Giunti], pur ritenendo utile un intervento di
orientamento per le strutture periferiche, deve registrare l’impossibilità di una presa di posizione perché si
sono evidenziate notevoli differenze sia di principio che di ordine politico nel merito della questione
relativa alla possibilità o meno di una trattativa coi brigatisti da parte dello Stato”.
L’epilogo della vicenda è tristemente noto. Nel comunicato n. 9 le Brigate rosse scrivono: “Concludiamo
la battaglia cominciata il 16 marzo eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato”. Così,
sempre dal palco di Piazza San Giovanni a Roma, dirà il 10 maggio Luciano Lama: “Anche oggi, come il
16 marzo, Roma è qui in questa piazza per esprimere alla famiglia Moro e alla Democrazia cristiana la
solidarietà dei lavoratori e per ribadire con fermezza incrollabile la volontà del nostro popolo di difendere
lo Stato democratico, le nostre libertà […]”.
“Chi era Aldo Moro – si domanda Lama –? Egli era il capo di un partito col quale il movimento sindacale
in questi decenni ha avuto anche momenti di contrasto e di lotta. Era uomo di partito e uomo di Stato, era,
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