Attualità a cura di Maurizio Donini

L’Italia regina dei Piigs e l’economia ai tempi del coronavirus

Il problema Coronavirus è stato affrontato in maniera corretta dal governo italiano? Dal punto di
vista della salute lasciamo la risposta a chi è competente, dal quello economico è necessaria
un’analisi a 360°. Facciamo un paio di passi indietro, quando l’Italia era compresa nei cosiddetti
Piigs, nomignolo non proprio edificante con cui venivano identificati Portogallo, Italia, Irlanda,
Grecia e Spagna. Grazie soprattutto allo scatto dei paesi iberici la nomea era passata in archivio,
ma non è che i problemi dell’Italia fossero stati risolti. C’è un parametro particolarmente
importante da tenere presente, come mostrato dallo studio di The European House-Ambrosetti
presentato a Cernobbio, “In proiezione, il rapporto debito pubblico/Pil non è sostenibile”. La
condizione fondamentale affinché un debito pubblico sia sostenibile è che il tasso di crescita
dell’economia sia superiore al tasso d’interesse del debito stesso, purtroppo la scarsa crescita del
Pil italiano fa sì che l’Italia sia l’unico paese in cui questo parametro è negativo. I dati di OCSE e
FMI non lasciano dubbi, il nostro debito pubblico in un orizzonte che va fino al 2023 non è
sostenibile e continuerà a crescere.
Le conseguenze della cessazione di acquisti di titoli di Stato dei Paesi europei da parte della BCE
non ha comportato problemi per quattro paesi, che hanno registrato un calo dei rendimenti
nell’ultimo anno, fa eccezione l’Italia. I titoli decennali della Spagna pagavano l’1,21% il 18 aprile
del 2018, sceso all’1,06%. Quelli del Portogallo sono calati dal1,60% all’1,18%. Quelli dell’Irlanda
dallo 0,92% allo 0,53%. I tanto bistrattati decennali della Grecia sono passati dal 3,99% al 3,32%. I
rendimenti dei BTp decennali italiani hanno continuato a salire.
Su questo hanno insistito vari fattori, oltre un debito considerato insostenibile e senza un
tendenziale di riduzione, il governo giallo-verde passato ha fatto temere l’uscita dall’euro, e gli
investitori che hanno acquistato titoli in euro voglio riscuotere euro, non lirette di scarso valore.
Stesso andamento hanno seguito i Cds, le polizze che servono per assicurare gli investitori sul
rischio di default di ogni Paese. In Europa ne esistono di due tipi: una che assicura solo dal rischio
di default e una che assicura anche dal rischio di uscita dall’euro. Ebbene: questa seconda
“polizza” costa per chi si assicura dal rischio Italia 245 punti base, mentre la prima costa solo 156.
Ora con il nuovo governo giallo-rosa il clima è cambiato, il timore di una Italexit è svanito o
comunque ha perso molta forza, ma qui si è innestato il Coronavirus e una gestione del tutto
abbastanza ondivaga da parte del governo, aperture, chiusure, decreti emessi a giorni alterni,
rassicurazioni e allarmi, a fare saltare il tappo le dichiarazioni della Lagarde su una inanità della
BCE rispetto il problema Covid19. Sicuramente il governatore Draghi, tanto attaccato giustamente
a suo tempo, aveva un’altra visione, lui era un economista e la ex-Direttrice del FMI un’avvocato,
ma gli effetti sulle borse sono stati ben diversi. Se tutte le borse hanno perso, Milano è
letteralmente crollata con un -16,9% e lo spread schizzato a 262. La differenza rispetto gli altri
paesi? La debolezza strutturale del nostro paese, una crescita infima rispetto la media europea, un
sistema fiscale obsoleto, un debito pubblico ingestibile, una disoccupazione a livelli altissimi, una
scolarizzazione ridicola.
MAURIZIO DONINI