CENTRI CLINICI NEMO, DAL SISTEMA IMMUNITARIO NUOVE INFORMAZIONI PER LA SLA DI TIPO 4
Pubblicati i risultati sulla rivista Nature dello studio internazionale che vede coinvolto il
Centro NeMO di Milano e che fa emergere come anche il sistema immunitario può
svolgere un ruolo fondamentale nella diagnosi e nel trattamento nella forma genetica rara
di SLA giovanile
Milano, 5 luglio 2022 – A pochi giorni dalle celebrazioni dello SLA Global Day, si continua a
raccontare l’impegno della ricerca nel conoscere le cause di questa patologia. E lo dimostrano i
risultati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature che rilevano come anche il sistema
immunitario, insieme al sistema nervoso centrale, possa svolgere un ruolo fondamentale
nella diagnosi e nel trattamento della SLA cosiddetta di tipo 4, una forma giovanile e
lentamente progressiva della malattia, causata da mutazioni nel gene della senataxina (SETX).
Lo studio, coordinato da un gruppo di ricercatori italiani del Dipartimento di Microbiologia dell’Icahn
School of Medicine del Mount Sinai di New York, vede il Centro Clinico NeMO di Milano unico
partner italiano che, già nel 2010, aveva diagnosticato la prima famiglia in Italia con SLA di
tipo 4, iniziando a comprendere come la risposta acquisita del sistema immunitario,
fondamentale nel proteggere il nostro organismo contro l’attacco di agenti patogeni, può
essere coinvolta in alcune forme di SLA.
Il team dell’area SLA del NeMO di Milano, con la collaborazione del laboratorio di Genetica
Medica dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, infatti, ha identificato la prima
famiglia italiana in cui diversi membri erano affetti da SLA con la mutazione della
senataxina. Dalla diagnosi del primo paziente, effettuata dopo quindici anni di convivenza con la
malattia, è stata ripercorsa la storia genetica parentale, ricongiungendo tutti i sette famigliari, di
diverse età e residenti fino in Germania, che hanno potuto dare così un nome alla patologia di cui
sono affetti
I dati raccolti dal lavoro del Centro NeMO hanno permesso di iniziare a mettere a sistema la
correlazione tra la mutazione della senataxina e la disfunzione del sistema immunitario nella SLA,
contribuendo così a fornire razionale scientifico per lo studio condotto in laboratorio sul
modello animale.
Sappiamo che i meccanismi infiammatori giocano un ruolo chiave nello sviluppo e nella
progressione della SLA – dichiara il dott. Christian Lunetta, neurologo, referente area SLA del
Centro Clinico NeMO di Milano al momento dello studio e oggi all’IRCCS Istituti Clinici Scientifici
Maugeri di Milano – e questo studio permette di compiere un passo importante nel confermare
che, nel sottotipo di SLA di tipo 4, il processo neurodegenerativo è legato ad una risposta
disfunzionale di una specifica popolazione di linfociti, ossia le cellule del sistema immunitario, che
si attivano per difendere l’organismo dall’attacco di patogeni ma che risultano particolarmente
attive sia nei pazienti affetti da SLA tipo 4 sia sul modello animale associato a mutazione con
senataxina”.
Un lavoro a più mani, che si è intrecciato con le storie di vita di pazienti e ricercatori, come ricorda
la dr.ssa Lorena Mosca, biologa della SS Genetica Medica dell’ASST Niguarda: “Nel 2010,
l’analisi del gene SETX eseguita nei nostri laboratori grazie al lavoro della dr.ssa Silvana Penco, è
risultata fondamentale per l’identificazione della prima famiglia italiana affetta da SLA-4,
permettendo così la diagnosi di malattia. Inoltre, nel 2021, la raccolta e la processazione di nuovi
campioni provenienti dalla stessa famiglia hanno permesso di confermare nell’uomo gli interessanti
dati precedentemente ottenuti nel modello animale mutato nel gene SETX. Questi importanti
risultati sono stati raggiunti grazie alla sinergia e alla stretta collaborazione tra il Centro Clinico
Nemo e il nostro Laboratorio che da sempre caratterizzano il nostro operato”
Lo studio, dunque, dopo un lungo lavoro di approfondimento, non solo conferma quanto già si
conosce rispetto all’influenza di diversi geni associati alla SLA sulle funzioni immunitarie di chi ne è
affetto, ma introduce un’informazione importante nella storia della SLA di tipo 4, per la quale
sono le stesse caratteristiche immunitarie specifiche del paziente che ne definiscono il
sottotipo.
Nello studio abbiamo osservato che la perdita delle capacità motorie avviene solo se la mutazione
del gene SETX è espressa sia nelle cellule del sistema nervoso centrale che in quelle del sistema
immunitario. – spiega a questo proposito la dottoressa Laura Campisi, PhD, Assistant Professor,
che ha co-diretto il progetto insieme al dottor Ivan Marazzi, PhD, Associate Professor, entrambi del
Mount Sinai di New York – Non solo, abbiamo riscontrato anche delle anomalie del sistema
linfocitario che caratterizza la SLA di tipo 4, sia nel modello animale che nei pazienti. Infatti, un’alta
concentrazione di cellule linfocitarie T CD8, che in genere svolgono un ruolo nell’eliminazione di
cellule tumorali o infettate da patogeni, è presente nel midollo spinale e nel sangue, sia del
modello animale che dei pazienti affetti da SLA-4. In particolare, l’aumento di una sotto-
popolazione di linfociti T CD8 chiamati TEMRA correla direttamente con la progressione della
malattia”.
Un secondo aspetto rilevato dalla ricerca, infine, potrebbe avere ricadute concrete nella pratica
clinica. I dati rilevano, infatti, come la disfunzione delle cellule linfocitarie T CD8 sia osservabile nel
sangue periferico sia nei modelli animali che nei pazienti e ciò permetterebbe una procedura di
raccolta molto meno invasiva per il paziente, rispetto alla raccolta del liquido cerebro-spinale.
“La continuità tra conoscenza e cura è il valore che esprime appieno il significato del fare ricerca
nei Centri NeMO che, solo per la SLA, li vede impegnati oggi con 34 studi clinici attivi – dichiara
Alberto Fontana, presidente dei Centri Clinici NeMO – E questo progetto scientifico è
l’espressione di come le sinergie tra i gruppi di ricerca sia fondamentale per continuare a
conoscere sempre di più patologie come la SLA, per le quali ancora non vi è cura. La
multidisciplinarietà anche nell’attività di ricerca non può che contribuire ad avere una visione
sempre più chiara delle nostre patologie, per arrivare a ricadute concrete per la comunità dei
pazienti neuromuscolari”.
Continuare a comprendere, dunque, il comportamento del sistema immunitario nella SLA
rappresenta un obiettivo di ricerca importante, perché non solo potrebbe avere in prospettiva
ricadute fondamentali nel pensare a biomarcatori specifici per la diagnosi precoce delle diverse
forme della SLA, ma anche nel pianificare una presa in carico personalizzata, sulla base della
storia di malattia di ciascuno.