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Reverse charge dell’Iva apre un buco da 728 milioni

000reversechargeAlmeno stavolta il conto è già definito con certezza: la decisione dell’Unione europea di non accettare il meccanismo del reverse charge nel settore della grande distribuzione – dopo che il governo ha appena terminato di arginare gli effetti della sentenza della Consulta in materia di pensioni – apre nei conti pubblici una falla da 728 milioni di euro.
Non scatterà infatti la soluzione di riserva già predisposta nella stessa legge di Stabilità, ovvero un aumento delle accise sui carburanti tale da generare un gettito equivalente. E visto che questa clausola di salvaguardia sarebbe dovuta diventare operativa dal primo luglio, in poco tempo occorrerà trovare una copertura alternativa. In realtà la comunicazione di Bruxelles è arrivata a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia tutt’altro che inattesa. Già nelle settimane scorse, il ministro dell’Economia aveva spiegato che anche in caso di esito negativo della trattativa, l’aumento della benzina sarebbe stato sostituito da altre misure. E il messaggio è stato ripetuto ieri sera da fonti del Tesoro e poi confermato dallo stesso premier Renzi, mentre un plauso alla decisione della Ue è arrivato sia da Confindustria che da Confcommercio.

Ma perché la commissione europea ha detto no all’inversione contabile, il meccanismo che sposta il versamento dell’Iva dal venditore all’acquirente con l’obiettivo di colpire l’evasione? Va ricordato che tutta la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto è regolata a livello comunitario, con una specifica direttiva. Questo perché in un mercato unico le regole in materia dovrebbero essere il più possibile omogenee. I singoli Paesi hanno un certo margine di manovra se si tratta di fissare l’aliquota ordinaria, ma devono essere autorizzati ad esempio anche per sottoporre a tassazione ridotta una certa categoria di beni o di servizi.Anche nel caso del reverse charge – che con la stessa legge di Stabilità era stato introdotto in settori già ammessi dalla Ue come l’edilizia o l’energia – l’estensione alla grande distribuzione richiedeva una specifica deroga, che non c’è stata; sulla base della preoccupazione che una scelta di questa tipo fatta solo in Italia avrebbe potuto squilibrare l’intero sistema. Paradossalmente, le norme sull’Iva relative ai supermercati erano state aggiunte in un secondo momento nella legge di Stabilità, per reperire ulteriori risorse finanziarie aggiuntive richieste proprio dall’Unione europea.

LE MOTIVAZIONI
«Non c’è prova sufficiente che la misura richiesta contribuirebbe a combattere le frodi ed è inoltre dell’opinione che tale misura implicherebbe elevati rischi di spostamento delle frodi al settore del commercio al dettaglio e ad altri Stati», ha detto ieri Vanessa Mock, portavoce del commissario alla fiscalità Pierre Moscovici. Bruxelles, si legge nella comunicazione inviata al Consiglio, «ha sempre avuto un approccio cauto, per assicurare che le deroghe non vadano a minare l’operatività del sistema Iva generale, che siano limitate, necessarie e proporzionate». E in particolare «ogni deroga al sistema del pagamento frazionato non può quindi essere che una misura d’emergenza e ultima ratio in casi provati di frodi e deve offrire le garanzie sulla necessità ed eccezionalità della deroga, la durata della misura e la natura dei prodotti».

Dunque, per la commissione «la procedura di reverse charge non deve essere usata sistematicamente per mascherare la sorveglianza inadeguata delle autorità fiscali di uno Stato». In questo quadro, la richiesta italiana ha sollevato vari problemi specifici. Bruxelles «ha motivo per dubitare che un’applicazione indistinta e globale della a un alto numero di prodotti, in questo caso destinati essenzialmente al consumo finale, potrebbe essere considerata una misura speciale prevista dall’articolo 395 della direttiva sull’Iva». Inoltre, la Commissione «ha seri dubbi che la misura avrebbe l’impatto positivo che si aspettano le autorità italiane», perché è adatta alla prevenzione delle frodi carosello ma non di tutte le altre che portano all’evasione dell’Iva. Infine, «le autorità italiane non hanno dimostrato» che per il tipo di merci in questione è impossibile fare un controllo attraverso i mezzi convenzionali».